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'''Staffolo''' è un [[Comune (Italia)|comune italiano]] di {{Popolazione|ITA}} abitanti<ref name="template divisione amministrativa-abitanti" /> della [[provincia di Ancona]] nelle [[Marche]].
 
== nonGeografia lo sofisica ==
Staffolo sorge sulla sommità di un colle, a {{M|442|ul=m slm}}, a cavallo delle valli del Musone e dell'Esino.
 
== miaoStoria ==
=== Le origini ===
NeroNel territorio comunale sono stati rinvenuti numerosi reperti archeologici risalenti al [[paleolitico]], alla civiltà picena, umbro-etrusca e romana. Il sito odierno, alla sommità del colle, nacque su un precedente [[pagus]] romano, come testimoniano varie iscrizioni ritrovate in loco.
 
Il villaggio in epoca longobarda prese il nome di ''Staffil'', (germanico ''stab'' = bastone; forse ''palo di confine'' oppure ''avamposto militare)'' a rimarcare la linea della frontiera storica fra i territori del nord (già occupati dagli [[Umbri]], in seguito dai [[Senoni]] poi annessi nella VI Regio romana e infine inglobati dai [[Bizantini]] nella [[Pentapoli bizantina|Pentapoli annonaria]]) e del sud (già posseduti dai [[Piceni]], poi annessi nella V Regio romana per far parte poi del [[Ducato di Spoleto]]) delle Marche.
Il villaggio in epoca longobarda prese il nome di ''Staffil'', (germanico ''stab'' = bastone; forse ella storia del paese per un arco di tempo di circa quattro secoli, intervallata da lunghi periodi in cui il paese si rese libero comune. Nel 1219 si ha la prima attestazione delle libertà comunali di Staffolo e del suo ampio territorio che si estendeva lungo la valle del [[Musone (Marche)|Musone]]. A partire dagli anni trenta del XIII secolo, Staffolo sostenne numerose battaglie in difesa del suo territorio contro le pretese di [[Osimo]] (1240) e di [[Jesi]] (1251, 1265, 1287, 1294). Alla ''[[Città regia (Italia)|città regia]]'' e al suo contado fu sottoposto una prima volta negli anni 1251-62. Fu in questo periodo che venne menzionata per la prima volta l'insegna comunale: ''banderia rubra cum stapha alba'' (bandiera rossa con staffa bianca) e furono annotati i distici staffolani (''Ecco lo palio rosatu per amor de lo Esinatu...)'', uno dei primi esempi di [[Lingua volgare|volgare]] nelle Marche. Una seconda sottomissione a Jesi avvenne nel periodo 1294-97, a cui seguì il ripristino della libertà comunale per intervento della [[Chiesa cattolica|Chiesa]] di Roma. In questo secolo il comune si dotò di norme proprie per l'elezione del podestà (1290) e, soprattu cosa che lo convinse a cambiare le alleanze schierandosi con i Malatesta, divenuti nel frattempo nemici della Chiesa difesa ora dall'[[Egidio Albornoz|Albornoz]]. Pavolozo partecipò alla battaglia di Paterno di Ancona contro l'Albornoz, poi guidò l'esercito dei Malatesta a [[Castello di Montefiore di recanati|Montefiore]] di Recanati, ma venne sconfitto in entrambe le occasioni. Nel frattempo il paese fu devastato dalla compagnia di ventura di [[Fra Moriale|fra' Moriale]], che, secondo le cronache del Villani, depredò il paese del molto vino presente nelle cantine, ma, soprattutto, uccise settecento abitanti e rapì i giovani più forti e le donne ''che apparenza aveano''. Nel frattempo Pavolozo, sceso a compromessi con l'Albornoz, tornò signore di Staffolo e vi rimase fino alla sua morte avvenuta nel 1375. Anch'egli, come il padre Rinaldo, fu podestà nelle principali città guelfe del centro Italia: Firenze, Siena, Bologna, Todi e Perugia. Alla sua morte gli successe il figlio Federico, che dovette però affrontare lo zio Piero e il cugino Antonio, podestà di Cingoli. Entrambi, alleati del vescovo di Osimo, avevano tentato di usurpargli la signoria. Sottoposto a scomunica, Federico dovette lasciare il paese in mano alla Chiesa che, a sua volta, lo cedette al crescente dominio degli Smeducci di Sanseverino. A causa della litigiosità familiare, gli Smeducci finirono per cedere di nuovo il castello di Staffolo alla famiglia Cima, oramai trasferitasi definitivamente a Cingoli, dove aveva instaurato una potente signoria. Agli inizi del XV secolo Staffolo era ancora soggetto a Giovanni Cima signore di Cingoli, finché questi non venne avvelenato dalla moglie Rengarda Brancaleoni (1422). Subito dopo Staffolo entrò nei possedimenti personali di [[Braccio da Montone|Andrea Fortebracci]], detto Braccio da Montone, imparentatosi con Rengarda grazie ai matrimoni che la vedova Brancaleoni e le sue due figlie avevano contratto con i fratelli [[Montemellini]] di Perugia, cugini di Braccio. Tornato libero comune, con la scomparsa di Braccio (1424), Staffolo entrò nelle vicende legate alla lotta fra [[Francesco Sforza]] e la Chiesa, passando da un fronte all'altro e cedendo allo Sforza solo il 29 dicembre del 1433, dopo due settimane di trattative terminate con un capitolato di resa composto da ben 12 punti. Nel 1447 Francesco Sforza, in partenza per Milano, ove era destinato alla signoria della città, vendette Staffolo e Jesi alla Chiesa per 35.000 fiorini. Nel 1517, la fedeltà al pontefice venne pagata a duro prezzo dagli staffolani: le truppe mercenarie del duca d'Urbino, Francesco Maria Della Rovere, composte da Guasconi e Spagnoli, saccheggiarono il paese bruciandone le case. In questo secolo gli abitanti di Staffolo furono soggetti oltre che alle scorrerie di mercenari, fra i quali quelli di Muzio Colonna nel 1516, anche alle epidemie di peste portate dalle stesse soldataglie, come nel 1522 e nel 1595. D'altro canto, in questo tormentato secolo, Staffolo rinnovò gli Statuti comunali (1546), che sono ancora conservati nell'archivio storico del comune, diede vita al Monte di Pietà (1516) e ad una significativa istituzione culturale, l'''Accademia degli eccitati'' a cui vi aderirono intellettuali ed eruditi staffolani come Simone Messi e Gentile Bongiovanni. Oramai incluso nello Stato Pontificio, come tutti i comuni della Marca, Staffolo si segnalò per un'altra accademia nel '600 (''Accademia degli arditi'') e alla fine del '700 per ''un grave moto di dissensione'' nei confronti della Chiesa, manifestato da un gruppo di ''pie donne'' con ''esteriorità fallaci e pericolose'' che, come sosteneva il vescovo {{chiarire|[[Compagnoni]]}}, ''è risaputo essere massime nel debol sesso!''.
 
IlLa villaggioprima inattestazione epocadocumentaria longobardadi prese''Stafuli'' risale all'anno 1078, quando il nometerritorio era parte del [[gastaldato]] e della diocesi di Nocera nel Ducato di Spoleto. Ricompare nei documenti diplomatici nel 1150, allorquando Ugone Cima ne era il ''Staffildominus'' e, dopo di lui, il nipote Carbone (germanico1155)''.'' Infatti, stando alla tradizione della famiglia Cima (''stabde Cymis''), =il bastone;castello forsedi Staffolo sorse per opera del ''dominus'' Attone nell'anno 1030, quando per sfuggire al saccheggio del suo castello da parte dei [[Normanni]], questi si rifugiò nel suo vicino possedimento di Staffolo, un villaggio che fece cingere di mura e nel quale pose la sua residenza. La signoria dei Cima si protrasse ellanella storia del paese per un arco di tempo di circa quattro secoli, intervallata da lunghi periodi in cui il paese si rese libero comune. Nel 1219 si ha la prima attestazione delle libertà comunali di Staffolo e del suo ampio territorio che si estendeva lungo la valle del [[Musone (Marche)|Musone]]. A partire dagli anni trenta del XIII secolo, Staffolo sostenne numerose battaglie in difesa del suo territorio contro le pretese di [[Osimo]] (1240) e di [[Jesi]] (1251, 1265, 1287, 1294). Alla ''[[Città regia (Italia)|città regia]]'' e al suo contado fu sottoposto una prima volta negli anni 1251-62. Fu in questo periodo che venne menzionata per la prima volta l'insegna comunale: ''banderia rubra cum stapha alba'' (bandiera rossa con staffa bianca) e furono annotati i distici staffolani (''Ecco lo palio rosatu per amor de lo Esinatu...)'', uno dei primi esempi di [[Lingua volgare|volgare]] nelle Marche. Una seconda sottomissione a Jesi avvenne nel periodo 1294-97, a cui seguì il ripristino della libertà comunale per intervento della [[Chiesa cattolica|Chiesa]] di Roma. In questo secolo il comune si dotò di norme proprie per l'elezione del podestà (1290) e, soprattusoprattutto, vide la presenza nel suo territorio di [[san Francesco d'Assisi]], che, in compagnia dell'amico Egidio, sostò nella località detta delle ''Tombette'' (oggi contrada San Francesco) nell'anno 1210. La presenza francescana divenne elemento determinante nella storia della comunità con l'istituzione, al centro del paese, di uno dei primi conventi francescani delle Marche, forse già esistente nel 1230. La presenza della ''[[fratellanza]]'', a cui si aggiunsero successivamente anche le ''[[moniali]]'' seguaci di [[Santa Sperandia]], diede grande impulso alla vita del comune, avviando, nel tempo, la costituzione di vari istituti, quali l'ospedale di santa Maria degli Infermi, la scuola pubblica, il [[Monte di Pietà]] e il [[Monte frumentario]]. Agli inizi del XIV secolo si fece aspro lo scontro interno al libero comune fra guelfi di opposte fazioni: gli ''intrinseci'' contro gli ''exititii''. Nel 1324 Staffolo venne occupato dai fabrianesi, ma subito liberato da Rinaldo di Baligano Cima, ''cavaliere dagli speroni d'oro'', che ne approfittò per tornare alla signoria di Staffolo con il beneplacito di [[papa Giovanni XXII]] (1333). Nel 1340 Rinaldo fu estromesso dal castello, dove venne ripristinato il libero comune, ma nel 1343 tornò a Staffolo e vi rimase come ''signore'' fino alla sua morte avvenuta nel 1348. Nella sua vita, Rinaldo di Baligano fu podestà a [[Firenze]], a [[Siena]], a [[Perugia]] e, per due mandati consecutivi, a [[Bologna]]. Alla sua morte Staffolo venne preso dai [[Malatesta]] ai quali si opposero i figli di Rinaldo ed in particolare Pavolozo (Paolo) Cima. Questi si alleò con [[Giovanni Visconti (arcivescovo)|Giovanni Visconti]] signore di Milano contro la Chiesa, i fiorentini e i Malatesta loro alleati. Con la pace di [[Sarzana]] (1353) e la morte di Visconti (1354), Pavolozo venne però estromesso dal suo castello, cosa che lo convinse a cambiare le alleanze schierandosi con i Malatesta, divenuti nel frattempo nemici della Chiesa difesa ora dall'[[Egidio Albornoz|Albornoz]]. Pavolozo partecipò alla battaglia di Paterno di Ancona contro l'Albornoz, poi guidò l'esercito dei Malatesta a [[Castello di Montefiore di recanati|Montefiore]] di Recanati, ma venne sconfitto in entrambe le occasioni. Nel frattempo il paese fu devastato dalla compagnia di ventura di [[Fra Moriale|fra' Moriale]], che, secondo le cronache del Villani, depredò il paese del molto vino presente nelle cantine, ma, soprattutto, uccise settecento abitanti e rapì i giovani più forti e le donne ''che apparenza aveano''. Nel frattempo Pavolozo, sceso a compromessi con l'Albornoz, tornò signore di Staffolo e vi rimase fino alla sua morte avvenuta nel 1375. Anch'egli, come il padre Rinaldo, fu podestà nelle principali città guelfe del centro Italia: Firenze, Siena, Bologna, Todi e Perugia. Alla sua morte gli successe il figlio Federico, che dovette però affrontare lo zio Piero e il cugino Antonio, podestà di Cingoli. Entrambi, alleati del vescovo di Osimo, avevano tentato di usurpargli la signoria. Sottoposto a scomunica, Federico dovette lasciare il paese in mano alla Chiesa che, a sua volta, lo cedette al crescente dominio degli Smeducci di Sanseverino. A causa della litigiosità familiare, gli Smeducci finirono per cedere di nuovo il castello di Staffolo alla famiglia Cima, oramai trasferitasi definitivamente a Cingoli, dove aveva instaurato una potente signoria. Agli inizi del XV secolo Staffolo era ancora soggetto a Giovanni Cima signore di Cingoli, finché questi non venne avvelenato dalla moglie Rengarda Brancaleoni (1422). Subito dopo Staffolo entrò nei possedimenti personali di [[Braccio da Montone|Andrea Fortebracci]], detto Braccio da Montone, imparentatosi con Rengarda grazie ai matrimoni che la vedova Brancaleoni e le sue due figlie avevano contratto con i fratelli [[Montemellini]] di Perugia, cugini di Braccio. Tornato libero comune, con la scomparsa di Braccio (1424), Staffolo entrò nelle vicende legate alla lotta fra [[Francesco Sforza]] e la Chiesa, passando da un fronte all'altro e cedendo allo Sforza solo il 29 dicembre del 1433, dopo due settimane di trattative terminate con un capitolato di resa composto da ben 12 punti. Nel 1447 Francesco Sforza, in partenza per Milano, ove era destinato alla signoria della città, vendette Staffolo e Jesi alla Chiesa per 35.000 fiorini. Nel 1517, la fedeltà al pontefice venne pagata a duro prezzo dagli staffolani: le truppe mercenarie del duca d'Urbino, Francesco Maria Della Rovere, composte da Guasconi e Spagnoli, saccheggiarono il paese bruciandone le case. In questo secolo gli abitanti di Staffolo furono soggetti oltre che alle scorrerie di mercenari, fra i quali quelli di Muzio Colonna nel 1516, anche alle epidemie di peste portate dalle stesse soldataglie, come nel 1522 e nel 1595. D'altro canto, in questo tormentato secolo, Staffolo rinnovò gli Statuti comunali (1546), che sono ancora conservati nell'archivio storico del comune, diede vita al Monte di Pietà (1516) e ad una significativa istituzione culturale, l'''Accademia degli eccitati'' a cui vi aderirono intellettuali ed eruditi staffolani come Simone Messi e Gentile Bongiovanni. Oramai incluso nello Stato Pontificio, come tutti i comuni della Marca, Staffolo si segnalò per un'altra accademia nel '600 (''Accademia degli arditi'') e alla fine del '700 per ''un grave moto di dissensione'' nei confronti della Chiesa, manifestato da un gruppo di ''pie donne'' con ''esteriorità fallaci e pericolose'' che, come sosteneva il vescovo {{chiarire|[[Compagnoni]]}}, ''è risaputo essere massime nel debol sesso!''.
 
=== Periodo napoleonico e storia moderna ===
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* {{cita web|url=http://sirpac.cultura.marche.it/web/Ricerca.aspx?ids=80894|titolo=Scheda Palazzo dei conti Giacobini di Staffolo}}
 
{{Comuni della provincia di Ancona}}
{{Unione montana dell'Esino Frasassi}}
{{Portale|Marche}}