Italiano regionale: differenze tra le versioni

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== Sardegna ==
{{Vedi anche|Italiano regionale della Sardegna}}
L'italianoIl toscano regionale dell'isola è caratterizzato da una situazione peculiare; basti ricordare tra l'altro che da tempo molti parlanti riconoscono il sardo come la propria lingua<ref>{{Cita web|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/l-italiano-nelle-regioni_(L%27Italia-e-le-sue-Regioni)|titolo=L'italiano nelle regioni in "L'Italia e le sue Regioni"|lingua=it|accesso=25 aprile 2021}}</ref>, ovvero di riconoscerla come madrelingua<ref>{{Cita web|url=https://www.repubblica.it/cronaca/2014/12/12/news/cassazione_sardo_lingua_diritto_a_interprete_in_processi-102763284/|titolo=Cassazione: imputato sardo ha diritto di deporre nella madrelingua|sito=la Repubblica|data=12 dicembre 2014|lingua=it|accesso=9 maggio 2022}}</ref>.
 
Si registrano deviazioni dall'italianodal toscano standard a livello strutturale (ad esempio "già" come rafforzativo: ''già lo farò, già andrò'', o al presente: ''già mi piace''), sintattico (es. [[verbo]] alla fine, [[antifrasi]]<ref>''Retorica e italiano regionale: il caso dell’antifrasi nell’italiano regionale sardo'', Cristina Lavinio, in Cortelazzo & Mioni 1990</ref> con intento sarcastico attraverso l'impiego di "già", in maniera analoga al tedesco ''ja''... ''schön'': "già è poco bello" = è molto bello, calco dal sardo ''jài est pagu bellu''), grammaticale ([[riflessivo|riflessivi]] e [[pronome|pronominali]] con l'[[ausiliare]] avere: "me l'ho comprato, te l'hai preso?", da ''mi ddu/lu apo comporau, ti ddu/lu as pigau?''), fonetico, e lessicale.
 
Il lessico presenta numerosi termini sconosciuti fuori dell'isola, soprattutto per influenza diretta delle lingue locali (e.g. "scacciacqua" dal sardo ''parabba''/''paracua'' "impermeabile", "continente" e "continentale" nell'accezione volta a indicare il resto d'Italia<ref>Antonietta Dettori, 2007, ''Tra identità e alterità. “Continente” e “continentale” in Sardegna'', in Dialetto, memoria & fantasia, Atti del Convegno (Sappada / Plodn, 28 giugno - 2 luglio 2006), a cura di G. Marcato, Padova, Unipress, pp. 393-403.</ref>, etc.). L'impiego di sardismi potrebbe involontariamente riflettere ignoranza della lingua originale, nel caso in cui si faccia uso di forme singolari in italiano declinate al plurale sardo, quali "il [[canto a tenore|tenore]]'''''s'''''", "una [[seada]]'''''s'''''", etc.). Sono dovute a [[Calco linguistico|calchi]], specie dal sardo, forme come ''cassare'' per dire "prendere, acchiappare" (classificandosi così come un [[falso amico]] rispetto al significato di "rimuovere, cancellare" in italiano neutro) e ''furare'', come sinonimo di "rubare": "lo hanno cassato ''furando'' nel negozio" (calco sintattico: "''ddu/lu ant cassau furendi/furande in sa butega''"); altri termini non hanno un'origine locale, come ''canadese'' ("tuta da ginnastica"). Furando, così, al gerundio, poiché in sardo il gerundio e il participio presente si sono fusi. Viene usato il gerundio invece dell'infinito in frasi come "ho visto a Marco uscendo di casa" (calco dal sardo "apo bidu a Marcu bessende dae domo" oppure "apu biu a Marcu bessendi de domu") al posto di "ho visto Marco uscire da casa". Altra caratteristica è l'uso della preposizione "a" per introdurre il complemento oggetto.