Filosofia moderna: differenze tra le versioni
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== Umanesimo e Rinascimento ==
{{vedi anche|Filosofia rinascimentale}}
La [[filosofia rinascimentale]] vide una rinascita del [[neoplatonismo]] e del pensiero di [[Plotino]], identificato allora interamente con quello di [[Platone]]; in esso erano presenti inoltre concetti propri dell'[[aristotelismo]]. Tra gli esponenti di spicco del neoplatonismo vi fu in [[Germania]] [[Nicola Cusano]].
Questi formulò una metafisica basata su quella che era stata definita [[teologia negativa]] nelle opere risalenti al [[V secolo]] attribuite a [[Pseudo-Dionigi l'Areopagita]], affermando (e interpretando [[Socrate]] secondo la scuola di pensiero risalente a Platone) che vero sapiente è colui che, sapendo di non sapere, possiede perciò una ''dotta ignoranza'': da un lato riconosce che Dio è al di là di tutto, persino del pensiero, ed è perciò irraggiungibile dalla filosofia; dall'altro però Dio va ammesso quantomeno sul piano dell'essere, perché è la meta a cui la ragione aspira. La filosofia deve culminare così nella [[religione]]. [[Dio]] pertanto è il fondamento della [[razionalità]], ma di Lui possiamo avere solo una conoscenza [[intuizione|intuitiva]] perché la Verità non è qualcosa da possedere ma da cui si viene posseduti. In [[Italia]] abbiamo [[Marsilio Ficino]] e [[Giovanni Pico della Mirandola|Pico della Mirandola]]. Ficino concepì il [[platonismo]] come una vera e propria preparazione alla fede cristiana, intitolando la sua opera più celebre ''Theologia platonica''. Mentre Pico della Mirandola conciliò il platonismo con l'[[aristotelismo]], esaltando il valore dell'uomo come l'unico essere vivente a cui Dio abbia concesso il dono della libertà.<ref>«Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto» (Giovanni Pico della Mirandola, ''De hominis dignitate'', a cura di E. Garin, Vallecchi, 1942, pp. 105-109).</ref>
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