Operazione Compass: differenze tra le versioni
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|Effettivi1 = ~ {{formatnum:150000}} uomini<br />600 mezzi corazzati<br />{{formatnum:1600}} cannoni<br />336 aerei
|Effettivi2 = ~ {{formatnum:31000}} uomini<br />275 carri armati<br />60 autoblindo<br />120 pezzi d'artiglieria<br />142 aerei
|Perdite1 = Oltre {{formatnum:5500}} morti<br />~ {{formatnum:10000}} feriti<br />~ {{formatnum:
|Perdite2 = ~ 500 morti<br />~ {{formatnum:1500}} feriti<ref name=Santangelo99/>
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L{{'}}'''operazione Compass''' ({{inglese|Operation Compass}}) è stata un'offensiva sferrata l'8 dicembre 1940 dalle [[British Army|forze armate britanniche]] della [[Western Desert Force]] in [[Nordafrica]] durante la [[seconda guerra mondiale]], per ricacciare oltre il confine con la [[Libia]] le [[Regio Esercito|forze italiane]] che, nel settembre 1940, erano lentamente penetrate in [[Egitto]] senza incontrare resistenza. La controffensiva vide contrapposti circa {{formatnum:31000}} soldati britannici, quasi completamente motorizzati e addestrati alla guerra di movimento, all'intera [[10ª Armata (Regio Esercito)|10ª Armata]] del maresciallo [[Rodolfo Graziani]], forte di oltre {{formatnum:150000}} uomini, disposta tra [[Sidi Barrani]], Bir Sofafi e [[Bardia]].
La campagna, iniziata come un attacco locale della durata prevista di circa cinque giorni, a causa dell'abilità di manovra delle forze britanniche e della inefficace e disordinata difesa italiana, si trasformò in un'offensiva generale che, dopo due mesi e quattro battaglie campali ([[Battaglia di Nibeiwa|Sidi Barrani]], [[Battaglia di Bardia|Bardia]], [[Tobruch]] e [[Battaglia di Beda Fomm|Beda Fomm]]), si concluse con la totale disfatta delle forze del maresciallo Graziani e la vittoria delle moderne unità motocorazzate britanniche, che conquistarono interamente la [[Cirenaica]], annientarono la 10ª Armata e catturarono circa {{formatnum:
La pesante sconfitta ebbe forti contraccolpi in Italia; [[Benito Mussolini]], già in difficoltà dopo i [[campagna italiana di Grecia|duri rovesci in Grecia]] e le gravi perdite navali subite in seguito alla cosiddetta [[notte di Taranto]], fu costretto, per il rischio concreto di perdere anche la [[Tripolitania]], a chiedere l'aiuto dell'alleato tedesco, decretando così la fine della «guerra parallela» fascista. Per non rischiare di vedere l'Italia prematuramente sconfitta nel [[Teatro del Mediterraneo della seconda guerra mondiale|teatro del Mediterraneo]], [[Adolf Hitler]] decise per un rapido invio di [[Deutsches Afrikakorps|reparti corazzati tedeschi in Nordafrica]], che consentirono all'[[Potenze dell'Asse|Asse]] di contrattaccare e mantenere aperto il fronte nordafricano fino alla primavera del 1943.
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[[File:Italian prisoner guarded by the crew of a Bren gun carrier.jpg|miniatura|Prigionieri italiani guardati a vista dall'equipaggio di un [[Universal Carrier|Bren Gun Carrier]]]]
Con il suo schieramento ormai compromesso, Graziani diede ordine alle divisioni "Catanzaro" e "Cirene", che si trovavano ora in una posizione molto esposta, di ripiegare la prima verso Sollum e la seconda verso Halfaya. Le due unità iniziarono il ripiegamento alle prime luci dell'11 dicembre ma la "Cirene", che aveva captato in grande ritardo l'ordine, fu costretta a lasciare indietro molto materiale e i suoi movimenti furono disturbati da attacchi aerei, debolmente contrastati dalla Regia Aeronautica; nonostante tutto riuscì a raggiungere il passo dell'Halfaya nel pomeriggio del giorno dopo. La "Catanzaro" invece, che stava ritirandosi con quasi tutto l'armamento, fu sorpresa in campo aperto dai carri e dalle autoblindo dell'11º Ussari della 7ª Brigata corazzata, che ingaggiarono diversi piccoli combattimenti e costrinsero i soldati italiani ad abbandonare l'equipaggiamento pesante nel tentativo di disimpegnarsi. Alla fine solo un terzo delle truppe della Divisione "Catanzaro" raggiunse le linee amiche. Per la sera del 12 dicembre, dopo quattro giorni di combattimenti e quindi entro i termini della loro autonomia logistica, i britannici avevano pressoché annullato i risultati territoriali ottenuti dall'avanzata di Graziani di settembre<ref>{{cita|Bongiovanni|pp. 84-85}}.</ref><ref>{{cita|Molinari|p. 16}}.</ref>. Gli uomini della Western Desert Force avevano distrutto tre divisioni di fanteria, un raggruppamento corazzato e vari reparti di supporto; furono uccisi o catturati {{formatnum:
=== La presa di Bardia ===
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Dopo due settimane di riorganizzazione, la Western Desert Force iniziò l'attacco a Bardia il 3 gennaio 1941 dopo un prolungato bombardamento da terra e dal mare, che indebolì notevolmente le difese italiane. Le forze britanniche avevano il pressoché totale controllo dello spazio aereo e del mare, anche grazie al contributo di qualche nuovissimo caccia [[Supermarine Spitfire#Mk.II e Mk.III|Supermarine Spitfire Mk III]]. Le operazioni a terra furono avviate dalla fanteria della 6ª Divisione australiana, che riuscì ad aprire un varco nel settore occidentale già alle 07:00; la battaglia si frazionò in una serie di piccoli scontri molto duri, in corrispondenza dei capisaldi tenuti dagli italiani. Assicurata una testa di ponte nel perimetro italiano, e creato varchi tra i fossati anticarro, entrarono in scena i pesanti Matilda che, in breve tempo, eliminarono il grosso caposaldo tenuto dalla Divisione "Marmarica"; poterono così investire la seconda linea italiana facendo circa {{formatnum:8000}} prigionieri. Appena ricevuta notizia del cedimento Bergonzoli inviò sul posto una compagnia di 12 carri M13, alcuni pezzi trainati da [[47/32 Mod. 1935|47/32]] e due [[Mitragliatrice|mitragliere]] da 20 mm, forze insufficienti subito spazzate via<ref>{{cita|Santangelo|pp. 86-87}}.</ref>. Il morale dei difensori vacillò ulteriormente quando al largo di Bardia si presentarono le [[Nave da battaglia|navi da battaglia]] {{nave|HMS|Barham|04|6}}, {{nave|HMS|Valiant|02|6}} e la {{nave|HMS|Warspite|03|6}}: scortate da quattro cacciatorpediniere, bombardarono per 45 minuti la città con i loro pezzi da 381 mm. I combattimenti continuarono per tutta la notte e all'alba del 4 gennaio, nel settore sud-orientale, i capisaldi tenuti dai reparti della "Cirene" furono attaccati alle spalle e travolti; il municipio di Bardia fu occupato alle 16:00 dello stesso giorno e la piazzaforte fu tagliata in due. Gli italiani però resistettero, dimostrando di potersi difendere efficacemente in ambiente urbano nonostante non avessero ricevuto addestramento specifico a ciò. In questo frangente tre battaglioni della "28 ottobre" impegnarono in duri scontri gli attaccanti, tenendo il settore di Mrega per tutto il giorno<ref>{{cita|Santangelo|p. 88}}.</ref>.
Il terzo giorno entrò in scena la 19ª Brigata di fanteria australiana, l'ultima riserva fresca, che riuscì a ripulire le ultime sacche di resistenza a sud della città (gli ultimi superstiti della "Cirene" e della "28 ottobre"); intanto, a nord, gli ultimi centri di resistenza della "23 marzo" si arresero alla 16ª Brigata di fanteria e al gruppo di supporto della 7ª Divisione corazzata. Verso le 13:00 circa la resistenza organizzata cessò del tutto e il generale Bergonzoli riuscì a fuggire uscendo nottetempo dalla piazzaforte; percorse a piedi i 120 chilometri di deserto tra Bardia e Tobruch, ove giunse il 9 gennaio con un piccolo gruppo di ufficiali. In tutto furono presi {{formatnum:
=== La conquista di Tobruch ===
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Il generale Wavell dal canto suo aveva ben calcolato che in tutta la Cirenaica rimanevano solo tre grandi unità italiane: la "Sirte" a Tobruch, la [[60ª Divisione fanteria "Sabratha"]] in avvicinamento da ovest e la brigata meccanizzata "Babini" che, nel frattempo, era stata spostata a El Mechili. Ordinò a O'Connor di non perdere tempo a rastrellare Bardia e inviare al più presto il suo XIII Corpo d'armata, nuova denominazione della Western Desert Force, a bloccare e isolare Tobruch; così il 6 gennaio le prime avanguardie britanniche si affacciarono su Tobruch e il 9 ne fu completato l'accerchiamento<ref>{{cita|Santangelo|p. 89}}.</ref>. Dopo un periodo di dodici giorni per riorganizzare le proprie forze e attendere i preziosi Matilda, durante il quale furono compiute diverse azioni di disturbo da parte dell'11º Ussari, O'Connor attaccò il 21 gennaio. Un prolungato bombardamento dal mare e da terra e una serie di attacchi aerei portati dai bombardieri Vickers Wellington furono seguiti, alle 07:15, dall'attacco della 6ª Divisione australiana supportata dai diciotto Matilda del 7th RTR<ref>{{cita|Santangelo|p. 90}}.</ref>. La fanteria britannica godeva del tiro d'appoggio della Royal Navy e dell'aeronautica e già alle 07:30 aprì i primi varchi nello schieramento italiano alla penetrazione delle forze corazzate; dopo un violento contrattacco italiano al bivio di [[el-Adem]], che causò un centinaio di perdite agli australiani, alle 13:30 ogni resistenza fu eliminata e lo stesso caposaldo di el Adem, con il suo importante aeroporto, cadde in mano agli assalitori. In serata il quartier generale della 19ª Brigata australiana tentò di negoziare una resa, ma senza successo: il Duce stesso aveva proibito a Mannella di arrendersi, informandolo che diversi squadroni di bombardieri sarebbero presto arrivati in suo soccorso; effettivamente nella notte una squadriglia di S.M.79 effettuò un attacco a sorpresa, ma non arrecò danno ai britannici e centrò soltanto un campo che ospitava {{formatnum:8000}} prigionieri italiani, tra i quali ci furono un centinaio tra morti e feriti<ref>{{cita|Santangelo|pp. 91-92}}.</ref>.
Nelle giornate del 22 e 23 gennaio, investiti di fronte e da tergo, i centri di fuoco e i capisaldi italiani caddero dopo una strenua difesa, così come le batterie dell'esercito e della [[Regia Marina]] che ancora avevano munizioni. Alle 04:15 del 23 gennaio, con i reparti britannici ormai prossimi a entrare nella stessa Tobruch, l'[[San Giorgio (incrociatore)|incrociatore ''San Giorgio'']] si autoaffondò nel porto della città; intorno alle 16:00 si arrese anche l'ultimo caposaldo italiano<ref>{{cita|Molinari|p. 19}}.</ref>. Il XIII Corpo d'armata britannico aveva conquistato Tobruch al prezzo di circa 400 perdite (49 morti e 306 feriti australiani, più una trentina di britannici) e aveva inflitto {{formatnum:
=== Derna e Beda Fomm, il crollo finale delle forze italiane in Cirenaica ===
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[[File:Nord Africa Operazione Compass 1940-1941.svg|miniatura|Mappa riepilogativa dell'avanzata britannica durante l'operazione Compass]]
L'operazione Compass fu il più grave disastro militare italiano dopo [[Battaglia di Caporetto|Caporetto]]<ref>{{cita|De Ninno|p. 70}}.</ref>; impostata come un attacco limitato di cinque giorni, l'offensiva britannica si era trasformata in una notevole impresa campale che aveva consentito al generale Wavell di catturare {{formatnum:
Duri e immediati furono i contraccolpi al prestigio del regime fascista, in Italia e all'estero. Il maresciallo Graziani fu alla fine sollevato dall'incarico l'11 febbraio 1941 e sostituito da [[Italo Gariboldi]]; fu attivata persino una commissione d'inchiesta sulle sue azioni, anche se si concluse con un nulla di fatto<ref>{{cita|Bauer|p. 41}}.</ref>. La sconfitta italiana fu ampiamente sfruttata dai britannici: i filmati delle interminabili colonne di prigionieri cenciosi e disorientati fecero il giro del mondo e consolidarono lo stereotipo del soldato italiano incapace a battersi. La macchina militare britannica aveva funzionato egregiamente: l'attacco frontale dei carri Matilda e della fanteria, combinato all'accerchiamento operato dalle forze corazzate mobili con equipaggi ben addestrati al movimento e all'ambiente desertico, dettero i massimi risultati contro le difese statiche italiane, colte di sorpresa da direzioni inaspettate. In particolare fu emblematico il successo dei carri armati Matilda, contro i quali il Regio Esercito non poté opporre un'arma veramente efficace; la fanteria italiana, anzi, arrivò a idealizzare questo blindato e a vederlo come invulnerabile, tanto che la sua sola comparsa bastò in alcune occasioni a gettare nel panico interi reparti<ref name=Rochat297>{{cita|Rochat|p. 297}}.</ref>.
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