Pietro Raimondi: differenze tra le versioni

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Il 12 dicembre 1852 succedette al [[Basili]] nel posto di maestro di [[cappella di S. Pietro]] in Roma: per tale occasione Raimondi preparò una ''Messa'', un ''Dixit'', un ''Beatus vir'' ed un ''Inno a San Pietro''.<ref name="ReferenceB"/> L'estate dello stesso anno, al [[Teatro Argentina]], era stata eseguita la sua opera più imponente, l'oratorio ''Giuseppe'', composta in nove mesi nel 1847-48, il quale consisteva in realtà di tre lavori separati da eseguirsi prima singolarmente, poi contemporaneamente. Sull'autografo Raimondi specifica chiaramente: "''Volendosi leggere le tre Opere unite conviene mettere i tre libri l'uno in fila all'altro per il lato/lungo combinandosi tutti i numeri delle pagine"''.<ref>{{Cita web|lingua=it-IT|url=https://opac.sbn.it/risultati-ricerca-avanzata/-/opac-adv/index/307/ITICCUMSM0052214?fieldvalue%5B1%5D=pietro+raimondi&fieldaccess%5B1%5D=Keywords:1016&fieldstruct%5B1%5D=ricerca.parole_tutte:4=6&struct:1001=ricerca.parole_almeno_una:@or@|titolo=Risultati ricerca|sito=OPAC SBN|accesso=2025-01-12}}</ref> L'esecuzione separata dei tre oratori fu affidata ad [[Andrea Salesi]] (''Putifar''), [[Settimio Battaglia]] (''Giuseppe'') ed [[Eugenio Terziani]] (''Giacobbe''), mentre in quella simultanea essi furono coadiuvati dallo stesso Raimondi. Occorsero in tutto 430 esecutori, fra orchestrali e coristi. Scrisse il [[Florimo]]: ''"L'esecuzione simultanea di tutti e tre diretta dall'autore ebbe grandissimo successo, ed immensi furono gli applausi tributatigli da un pubblico divenuto entusiasta più per sorpresa che per diletto, dimostrando riverenza ed ammirazione senza limiti per sì gran concepimento. Nell'unione di questi tre drammi biblici, che formano il triplo oratorio, si ammira la maestria della disposizione, l'eleganza delle forme, l'armonico risalto delle gradazioni, e quel misto di dottrina e di gusto, per quanto lo comporta l'indole del componimento, in che si comprende la gran conoscenza dell'arte. Sforzo sì inaudito e lavoro di tanto polso e di tanta pazienza non era stato per l'addietro mai da altri tentato. Pur nondimeno considerato dalla parte estetica, nulla offre di vantaggioso per l'incremento e progresso dell'arte; perocchè il sommo artifizio che forzosamente deve adoperarsi in tal genere di composizione, fa sparire quel bello e quel semplice del canto che ci commuove nelle opere musicali, oltrechè affoga le ispirazioni. Però la presente generazione e le future, vogliamo sperarlo, renderanno omaggio al Raimondi, che ha saputo e potuto concepire e portare a compimento una sì gigantesca intrapresa."''
 
Della prima esecuzione romana del 1852 abbiamo il resoconto analitico di Antonio Tosi<ref>{{Cita libro|lingua=it|nome=Filippo|cognome=Cicconetti|titolo=Memorie intorno Pietro Raimondi|url=https://www.google.it/books/edition/Memorie_intorno_Pietro_Raimondi/4vEPAAAAYAAJ?hl=it&gbpv=1&dq=pietro+raimondi&pg=PP1&printsec=frontcover|accesso=2025-07-08|data=1867|editore=Tipografia Tiberina|pp=19–30}}</ref>, il quale in un primo e più sintetico articolo apparso sulla ''Gazzetta musicale di Milano'' così descrisse la tecnica esecutiva e il successo del ''Triplo Oratorio'': "''Roma, 8 agosto 1852. Jeri sera, sabato 7, diedesi nel vasto Teatro Argentina la grande opera musicale del maestro cav. Pietro Raimondi. I tre oratorii Putifarre, Giuseppe e Giacobbe vennero l'un dopo l'altro eseguiti, ciascuno da più di centoventi persone. I cantanti erano situati in più schiere al proscenio; i suonatori nell'orchestra. Finito il primo oratorio, suonatori e cantanti lasciavano i loro scanni per dar luogo ad altri centoventi individui che doveano eseguire il secondo. Altrettanto accadeva pel terzo, nel quale al citato numero di esecutori, aggiungevansi pure cinque suonatori d'arpe. Alzatosi il sipario, per la quarta volta, e sollevata la tela posta presso il proscenio, comparvero agli occhi dell'affollatissima udienza due grandiose gradinate collocate a semicircolo sul vastissimo palcoscenico, una dall'altra divisa. Erano in esse saliti tutti i cantanti ed istrumentisti; a sinistra quelli del Putifarre, a destra quelli del Giuseppe, restando gli altri del Giacobbe al loro posto innanzi l'orchestra. Allora i tre oratorii divennero un solo, una le tre sinfonie, una le tre introduzioni, e mentre nel Giacobbe cantavasi dal protagonista (Colini) una patetica romanza, un coro marziale eseguivasi dagli interlocutori del Giuseppe e un recitativo da tre o quattro personaggi del Putifarre. Gli applausi universali, tributati a pressoché tutti i pezzi di ciascun oratorio, divennero fragorosissimi e interminabili in quest'ultimo, il di cui effetto ci sarebbe impossibile descrivere. Giunti al grandioso finale lunga levossi un'eco di evviva; agitati ventilavano a migliaja candidi lini, ed infrenabile era il grido della gioja. Dopo calata la tenda le incessanti richieste la fecero rialzare, e al riapparire dell'egregio maestro (evocato già sulla scena ripetute volte) raddoppiarono in tal modo i contrassegni dell'entusiasmo generale, che il canuto vegliardo, commosso sino alle lagrime, cadde svenuto nelle braccia di Colini. Questa sera avrà luogo la seconda esecuzione, e già le loggie ed i biglietti di platea sono tutti venduti. A.TOSI"''
Della prima esecuzione romana del 1852 abbiamo il resoconto entusiasta di Antonio Tosi<ref>{{Cita libro|lingua=it|nome=Filippo|cognome=Cicconetti|titolo=Memorie intorno Pietro Raimondi|url=https://www.google.it/books/edition/Memorie_intorno_Pietro_Raimondi/4vEPAAAAYAAJ?hl=it&gbpv=1&dq=pietro+raimondi&pg=PP1&printsec=frontcover|accesso=2025-07-08|data=1867|editore=Tipografia Tiberina|pp=19–30}}</ref>; ripreso postumo, nel 1857 a Firenze (Palazzo Vecchio) in presenza di Papa Pio IX, assai meno caldamente ne parlò in due diversi articoli della ''Gazzetta Musicale di Napoli'' un anonimo recensore autodefinitosi "Un vecchio collaboratore del Pirata".<ref>{{Cita libro|lingua=it|titolo=Gazzetta musicale di Napoli|url=https://www.google.it/books/edition/Gazzetta_musicale_di_Napoli/i9Wtz-anAHkC?hl=it&gbpv=1&dq=gazzetta+musicale+di+napoli&printsec=frontcover|accesso=2025-07-08|data=1857|editore=Succ. di B. Girard e c.|pp=299–300, 308}}</ref>
 
L'esecuzioneanno delsuccessivo ''Triploil Oratorio''lavoro ebbefu unariproposto certasempre risonanzaa internazionale (si leggano anche le righe di [[François-Joseph Fétis]]Roma, cheal in passato ebbe parole più critiche versoTeatro RaimondiApollo<ref>{{Cita libro|lingua=it|titolo=GazzettaIl musicalepirata digiornale Milanoartistico, letterario, teatrale|url=https://www.google.it/books/edition/Gazzetta_musicale_di_MilanoIl_pirata_giornale_artistico_letterario/JlVJAQAAMAAJD5y-GQeCuR4C?hl=it&gbpv=1&dq=gazzettaradamisto+musicalee+dizenobia+napolipietro+raimondi&pg=RA1PA220-PA181IA1&printsec=frontcover|accesso=2025-0710-0816|data=1842|editore=G. Ricordi1852|p=38348}}</ref>); ripreso postumo, tantonel che1857 nell'estatea delFirenze 1853(Palazzo [[FranzVecchio) Liszt]]in presenza di Papa Pio IX, ilassai qualemeno definìcaldamente ilne Raimondiparlò "maestroin deidue maestridiversi articoli della nell'arte'Gazzetta delMusicale contrappunto",di siNapoli'' disseun disponibileanonimo adrecensore eseguirloautodefinitosi in"Un vecchio collaboratore del GermaniaPirata".<ref>{{Cita libro|lingua=fr|nome=Franz|cognome=Lisztit|titolo=FranzGazzetta Liszt'smusicale di BriefeNapoli|url=https://www.google.it/books/edition/Franz_Liszt_s_BriefeGazzetta_musicale_di_Napoli/bk5JAQAAMAAJi9Wtz-anAHkC?hl=it&gbpv=1&dq=pietrogazzetta+raimondimusicale+franzdi+liszt&pg=RA1-PA425napoli&printsec=frontcover|accesso=2025-07-08-02|data=19021857|editore=Breitkopf & Härtel|pp=105-107}}</ref>: ma la morteSucc. di Raimondi pochi mesi dopo ne impedì il progettoB. Il poetaGirard e librettista [[Giovanni Rufili]] dedicò a Raimondi, speranzoso che lo musicasse, il libretto del suo dramma semiserio ''La Maschera''c.<ref>{{Cita libro|nomepp=Pietro|cognome=Harold B. Lee Library|nome2=Giovanni|cognome2=Rufili|titolo=La {{!}} maschera {{!}} dramma lirico semiserio {{!}} in quattro parti|url=https://archive.org/details/lamascheradramma00raim/page/n3/mode/2up|accesso=2025-01-13|data=1852|editore=Roma: Gaetano299–300, Chiassi308}}</ref>
 
L'esecuzione del ''Triplo Oratorio'' ebbe una certa risonanza internazionale (si leggano anche le righe di [[François-Joseph Fétis]], che in passato ebbe parole più critiche verso Raimondi<ref>{{Cita libro|lingua=it|titolo=Gazzetta musicale di Milano|url=https://www.google.it/books/edition/Gazzetta_musicale_di_Milano/JlVJAQAAMAAJ?hl=it&gbpv=1&dq=gazzetta+musicale+di+napoli&pg=RA1-PA181&printsec=frontcover|accesso=2025-07-08|data=1842|editore=G. Ricordi|p=38}}</ref>), tanto che nell'estate del 1853 [[Franz Liszt]], il quale definì il Raimondi "maestro dei maestri nell'arte del contrappunto", si disse disponibile ad eseguirlo in Germania<ref>{{Cita libro|lingua=fr|nome=Franz|cognome=Liszt|titolo=Franz Liszt's Briefe|url=https://www.google.it/books/edition/Franz_Liszt_s_Briefe/bk5JAQAAMAAJ?hl=it&gbpv=1&dq=pietro+raimondi+franz+liszt&pg=RA1-PA425&printsec=frontcover|accesso=2025-08-02|data=1902|editore=Breitkopf & Härtel|pp=105-107}}</ref>: ma la morte di Raimondi pochi mesi dopo ne impedì il progetto. Il poeta e librettista [[Giovanni Rufili]] dedicò a Raimondi, speranzoso che lo musicasse, il libretto del suo dramma semiserio ''La Maschera''.<ref>{{Cita libro|nome=Pietro|cognome=Harold B. Lee Library|nome2=Giovanni|cognome2=Rufili|titolo=La {{!}} maschera {{!}} dramma lirico semiserio {{!}} in quattro parti|url=https://archive.org/details/lamascheradramma00raim/page/n3/mode/2up|accesso=2025-01-13|data=1852|editore=Roma: Gaetano Chiassi}}</ref> Dal 1853 Raimondi iniziò a produrre musica sacra per la Cappella di San Pietro, ma lasciò incompiuto il suo ultimo progetto, ovvero due opere - una seria ''Adelasia'' ed una buffa ''I quattro rusteghi'' - indicando in Pietro Platania la persona che ne avrebbe completato la strumentazione, essendo quella vocale già ultimata. Tuttavia sembra che il suo ex-allievo soltanto in parte aderì alla sua richiesta, lasciando dunque l'opera in stato frammentario.
 
Stilisticamente legato alla scuola napoletana, Raimondi ebbe dalla sua una preparazione musicale talmente superiore a quella di quasi tutti i suoi contemporanei, che sovente gli impedì di cadere nella sciatteria armonica e melodica di tanti autori dell'epoca. Alcune sue pagine sono indubbiamente belle, ma il troppo rispetto per i canoni musicali fino ad allora in uso finì per limitare l'interesse del pubblico e della critica nei confronti dei suoi lavori, sia teatrali che sacri.<ref name="books.google.it" /> Si tratta dunque di un musicista per formazione artistica erede del vecchio stile napoletano, radicato nella realtà ufficiale e accademica sia dei conservatori che dei teatri della capitale partenopea, con un percorso musicale che attraversa diversi generi e subisce molteplici influenze, tra cui quelle di Rossini e Bellini, per ciò che riguarda l'orchestrazione e l'ispirazione melodica. Raimondi, afferma infatti Florimo, ''"... quantunque vivesse contemporaneo di Rossini pure non restò interamente dimenticato. Sebbene la sua musica non fosse tale da sorprendere o da produrre meravigliosi effetti drammatici, perché poco vi brilla la fantasia, pure il suo nome si aggiunse alla lista dei compositori illustri nell'arte dei suoni per la dottrina del contrappunto e per le teorie di scuola, pregi che in grado eminente egli possedeva."''<ref name="ReferenceA">{{Cita libro|nome=Annamaria|cognome=Sapienza|titolo=La parodia dell'opera lirica a Napoli nell'Ottocento|url=https://books.google.it/books?id=nrh3not8ay8C&pg=PA75#v=onepage&q&f=false|accesso=3 ottobre 2024|data=1998|editore=Guida Editori|lingua=it|ISBN=978-88-7188-285-7}}</ref>
 
Una segnalazione, un po' polemica, della figura di Raimondi alla critica tedesca, in questo caso strumentalizzato a paladino della musica colta italiana è firmata da Luigi De Brun nel 1852.<ref>{{Cita libro|lingua=it|titolo=Gazzetta musicale di Milano|url=https://www.google.it/books/edition/Gazzetta_musicale_di_Milano/P74HjekMRmcC?hl=it&gbpv=1&dq=teatro+apollo+pietro+raimondi&pg=PA148&printsec=frontcover|accesso=2025-10-16|data=1852|editore=Ricordi|p=103}}</ref>
 
Interessante il raffronto di [[Ottavio Lo Bianco]] (1839) tra Rossini e Raimondi: ''"E a dare compiutamente l'idea precisa del valore del nostro artista, credo esser cosa essenzialmente necessaria definire in che consista il vero carattere costitutivo della sua musica. Scriveva egli musica buffa mentre il genio del Rossini si preparava a maravigliare il mondo. Quel prepotente ingegno del Pesarese seppe anche nel buffo imprimere un carattere sì nobile, e sì ridondante d'immagini e di felici ispirazioni, da dare nella musica sua quel carattere imponente, che ad una volta alletta e sorprende. Il nostro Raimondi avendo sortito da natura un cuore tutto brio, tutto domestica spontaneità trasfuse nella sua musica buffa tutto il semplice, tutto il brio dell'animo suo, e mentre l'uno con i voli del sublime suo ingegno scuoteva i ceppi in che era cattivata la musica di allora, l'altro giovandosi del comico e della semplicità di quei maestri che lo aveano preceduto, e massime del Fioravanti, seppe dare alla musica sua un carattere di originale, di semplice e di efficacissimo."'' E ancora: ''"Prova del carattere tutto proprio che mostra nelle opere buffe Raimondi, siano tutte le opere che ha prodotto di genere buffo, e più determinatamente'' Il Ventaglio''. Se esse non sono state dal pubblico confuse colla moltitudine delle rossiniane imitazioni si dee al carattere particolare che le distingue. Non ti sorprenderanno come le opere del pesarese, ma ti saranno care e per la semplicità, e per la dimestichezza di cui si adornano, e perchè ti tolgono a quel sentimento di uniformità delle altre opere condotte sulle maniere di Rossini."''