Impero anglo-indiano: differenze tra le versioni

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Il viceré [[George Curzon, I marchese Curzon di Kedleston|Lord Curzon]] (1899-1905), fu anch'egli straordinariamente energico nelle riforme da portare avanti in India.<ref>Michael Edwardes, ''High Noon of Empire: India under Curzon'' (1965) p. 77</ref> Nella sua agenda vi era un programma fittissimo di obbiettivi: la creazione della provincia nord-occidentale, piccoli cambiamenti nell'amministrazione civile del paese, la velocizzazione delle operazioni burocratiche, la formazione di un'unità monetaria stabile, la creazione di una ferrovia in India, una riforma dell'irrigazione, la riduzione dei debiti dei contadini, l'abbassamento dei costi dei telegrammi, la ricerca archeologica e la preservazione dei reperti ritrovati, oltre al miglioramento delle università, riforma della polizia, revisione del ruolo dei principati indiani nativi, un nuovo ministero per l'industria e il commercio che avrebbe fatto da promotore dell'industria nazionale, la revisione delle politiche terriere, l'abbassamento delle tasse, l'istituzione di banche agricole, la creazione di un Ministero per l'Agricoltura, la sponsorizzazione della ricerca in campo agricolo, la creazione di una biblioteca imperiale, la creazione di un corpo di cadetti, nuovi codici in caso di carestia.<ref>Moore, "Imperial India, 1858–1914", p. 435</ref>
 
I problemi iniziarono però a emergere quando Lord Curzon suddivise la più grande suddivisione amministrativa dell'India britannica, la [[presidenza del Bengala]], andando a creare Il [[Bengala orientale ed Assam]] e la provincia del Bengala occidentale, a maggioranza indù. La [[spartizione del Bengala (1905)|spartizione del Bengala]], era stata contemplata come una possibilità già dall'epoca di Lord William Bentinck, ma non era mai stata messa in atto sino a quel momento. Anche se alcuni consideravano la scelta come saggia, la gente comune reputava un'azione compiuta dal governo britannico, secondo il Congresso, era tale da non consentire all'industria indiana di svilupparsi, e l'uso delle tasse riscosse serviva unicamente per finanziare i britannici, e questo tipo di amministrazione in India.<ref name=":0" /> semplicemente per attuare lo schema del ''[[divide et impera]]'' che già altrove aveva funzionato, riducendo le politiche nazionaliste a mere polemiche. L'élite indù del Bengala che comprendeva molti proprietari terrieri che avevano possedimenti nel Bengala orientale, protestò a fianco dei musulmani.<ref>{{Cita pubblicazione |autore=John R. McLane |data=luglio 1965 |titolo=The Decision to Partition Bengal in 1905 |rivista=[[Indian Economic and Social History Review]] |volume=2 |numero=3 |pp=221-37 |doi=10.1177/001946466400200302}}</ref>
 
Dopo la spartizione del Bengala, Tilak incoraggiò il [[movimento Swadeshi]].<ref>Ranbir Vohra, The Making of India: A Historical Survey (Armonk: M.E. Sharpe, Inc, 1997), 120</ref> Il movimento consisteva nel boicottare i prodotti stranieri e boicottare ogni indiano che utilizzava beni provenienti dall'estero, specie se britannici. Il movimento Swadeshi promuoveva infatti l'[[autarchia]] come mezzo per promuovere il nazionalismo indiano a scapito e danno dei britannici.<ref name=":1">V. Sankaran Nair, ''Swadeshi movement: The beginnings of student unrest in South India'' (1985) {{cita testo|url=https://books.google.com/books?id=YQVqo0lzq5EC|titolo=excerpt and text search}}</ref>
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[[File:Gandhi back in india1915.gif|thumb|[[Mahatma Gandhi]] (seduto in carrozza, a destra, con lo sguardo abbassato) riceve una grande accoglienza a [[Karachi]] nel 1916 dopo il suo ritorno in India dal [[Sudafrica]]]]
[[File:Gandhi Kheda 1918.jpg|thumb|Gandhi all'epoca della Kheda Satyagraha, 1918]]
Il 1915 vide anche il ritorno di [[Mohandas Karamchand Gandhi]] in India. Già noto in India per la sua protesta sui diritti civili degli indiani in Sudafrica, Gandhi scelse di seguire la linea del suo mentore, [[Gopal Krishna Gokhale]], senza tenere discorsi pubblici bensì viaggiando, osservando e prendendo appunti sul paese di prima mano al suo ritorno.<ref name="brown-p214-215">Brown, 1994, pp. 214–15</ref> Già in precedenza, nel corso del suo soggiorno in Sudafrica, Gandhi, avvocato di professione, aveva rappresentato la comunità indiana locale che, per quanto piccola, era sufficientemente diversa da rappresentare essa stessa un microcosmo dell'India stessa. Nell'intento di mantenere unita questa comunità e simultaneamente del farla confrontare con l'autorità coloniale, Gandhi creò la tecnica di protesta della non violenza che egli definì col termine ''[[Satyagraha]]'' (o Sforzo per la Verità).<ref name="brown-p210-213">Brown, 1994, pp.210–13</ref> Per Gandhi, la ''Satyagraha'' era ben differente dalla "[[Resistenza nonviolenta|resistenza passiva]]", che egli riteneva essere una strategia tipica del debole contro il forte; mentre la ''Satyagraha'', era una risorsa "del forte contro chi lo minaccia e lo fa soffrire per la sua causa".<ref name="brown-p210-213"/> L'[[AhimsaAhiṃsā]] o "non-violenza", che costituiva il nerbo stesso della ''Satyagraha'', divenne un pilastro fondamentale assieme alla Verità nella filosofia di Gandhi.<ref name="brown-p210-213"/> Negli anni 1907-1914, Gandhi testò la tecnica della ''Satyagraha'' in diverse proteste per conto della comunità indiana in Sudafrica contro le ingiuste leggi razziali locali.<ref name="brown-p210-213"/>
 
Sempre in Sudafrica, Gandhi, nel suo saggio ''Hind Swaraj'', (1909), aveva formulato la sua visione del ''[[Swaraj]]'', o "auto-governo" per l'India, basato su tre elementi fondamentali: solidarietà tra indiani anche di diversi credi religiosi, ma in particolar modo tra indù e musulmani; rimozione della casta degli [[Paria (casta)|intoccabili]] dalla società indiana; esercizio dello ''[[swadeshi]]'', ovvero il boicottaggio dei beni stranieri.<ref name="brown-p214-215"/> La prima delle due egli sentiva come essenziale affinché la società indiana potesse dirsi egualitaria e tollerante, unendo la Verità all{{'}}''[[AhimsaAhiṃsā]]''.<ref name="brown-p214-215"/> Sino almeno al 1920, la presenza britannica non rappresentò un problema nel raggiungimento del ''[[swaraj]]'', secondo Gandhi, ma piuttosto limitava la capacità degli indiani di creare una società moderna.<ref name="brown-p214-215"/>
 
Gandhi fece il suo debutto politico in India nel 1917 a [[Champaran]], nel distretto di [[Bihar]], al confine col Nepal, dove venne invitato da un gruppo di contadini che, per anni, era stato costretto a piantare [[indaco]] sulle proprie terre e a venderlo a prezzi ribassati ai britannici.<ref name="brown-p216-217">Brown, 1994, pp. 216–17</ref> Al suo arrivo nel distretto, Gandhi venne accolto da diversi agitatori locali, incluso il giovane congressista [[Rajendra Prasad]], da Bihar, che divenne un dei sostenitori più leali di Gandhi e giocherà un ruolo fondamentale nel movimento indipendentista indiano. Quando a Gandhi venne chiesto di andarsene dalle locali autorità britanniche, questi si rifiutò di obbedire sul piano morale. Su pressione del viceré a Delhi che era ansioso di mantenere la pace in India, specie in periodo di guerra internazionale, Gandhi venne perseguito. L'anno successivo, Gandhi lanciò nuove proteste pacifiche nel suo nativo [[Gujarat]] e nel distretto rurale di [[Kheda|Kaira]], aree dove si conduceva una produzione essenzialmente tessile. Ad [[Ahmedabad]], Gandhi supportò gli scioperi degli operai locali per i loro bassi stipendi. A Kaira, Gandhi conobbe quello che diventerà un altro dei suoi luogotenenti, [[Sardar Vallabhbhai Patel]], che ebbe il compito di organizzare la protesta dei contadini locali e che diverrà un'altra figura chiave del movimento indipendentista indiano.<ref>Balraj Krishna, ''India's Bismarck, Sardar Vallabhbhai Patel'' (2007) cap. 2</ref>
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*Indra Sengupta, Daud Ali, (2011) ''Knowledge Production, Pedagogy, and Institutions in Colonial India'', 978-1-349-29518-0, 978-0-230-11900-0 Palgrave Macmillan US.
*Shaunnagh Dorsett, Ian Hunter, (2010), ''Law and Politics in British Colonial Thought: Transpositions of Empire'', 978-1-349-28913-4, 978-0-230-11438-8, 169-187-209-1 Palgrave Macmillan US.
*Moore, Robin J. (2001a), "Imperial India, 1858-1914", in Porter, Andrew N., ''Oxford History of the British Empire'', Volume III: The Nineteenth Century, pp.&nbsp;422-46422–46, ISBN 978-0-19-924678-6
*Oldenburg, Philip (2007), "India: Movement for Freedom", Encycloipedia Encarta.