Partito d'Azione: differenze tra le versioni

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Il Partito d'Azione mazziniano aveva sostenuto le campagne di [[Giuseppe Garibaldi|Garibaldi]] per l'[[Risorgimento|unità d'Italia]], ma si sciolse in seguito alle sconfitte sull'[[Giornata dell'Aspromonte|Aspromonte]] ([[1862]]) e a [[Battaglia di Mentana|Mentana]] ([[1867]]). I membri del partito, dopo lo scioglimento, confluirono nell'[[Estrema sinistra storica|estrema sinistra]] di [[Agostino Bertani]] e [[Felice Cavallotti]]. Il pensiero mazziniano fu in seguito fonte d'ispirazione del [[Partito Repubblicano Italiano]] ([[1895]]), del movimento politico [[Giustizia e Libertà]] di [[Carlo Rosselli]] ([[1929]]) e del Partito d'Azione del [[1942]].
 
Dopo i primi insuccessi militari della [[seconda guerra mondiale]] e il conseguente indebolimento del [[fascismo|regime fascista]], in Italia alcuni oppositori democratici di ideologia repubblicana sentirono l'esigenza di costituire un nuovo soggetto politico, essendo stata trasferita all'estero l'organizzazione dei principali partiti di sinistra ([[Partito Repubblicano Italiano|PRI]], [[Partito Socialista Italiano|PSI]] e [[Partito Comunista Italiano|PCI]]). Alcune di queste personalità erano di estrazione liberal-democratica, come [[Ugo La Malfa]], [[Piero Calamandrei]], [[Adolfo Tino]], [[Giovanni Battista Boeri]] e [[Mario Bracci]], altre del mondo progressista e radicale come [[Guido Dorso]], [[Tommaso Fiore]], [[Luigi Salvatorelli]], [[Adolfo Omodeo]], oltre ai liberal-socialisti di [[Guido Calogero]], [[Norberto Bobbio]] e [[Tristano Codignola]]. L'elaborazione politica di questi ultimi si era sviluppata in via del tutto autonoma da quella di Giustizia e Libertà e la loro aggregazione fu una scelta tattica del gruppo di La Malfa e Adolfo Tino.<ref name=DeLuna>[[Giovanni De Luna (storico)|Giovanni De Luna]], ''Storia del Partito d'Azione'', UTET, Torino, 2006, pp. 14 e 34</ref>.
 
Il 4 giugno [[1942]] si costituì clandestinamente il '''Partito d'Azione''', nella casa romana del repubblicano [[Federico Comandini]], alla presenza di suo cognato [[Guido Calogero]], di Ugo La Malfa, [[Mario Vinciguerra]], [[Edoardo Volterra]], Franco Mercurelli, [[Vittorio Albasini Scrosati]], [[Alberto Damiani]] e di due delegati per l'Italia meridionale e la Sicilia. La Malfa illustrò ai presenti un programma in sette punti, il cui testo programmatico era stato già approvato in una riunione propedeutica a Milano, sette giorni prima, presenti gli stessi Vinciguerra, Albasini Scrosati e Damiani, nonché i delegati per [[Torino]], [[Vicenza]], [[Parma]], [[Bergamo]], [[Genova]] e Roma stessa<ref>Giovanni De Luna, ''cit.'', p. 32</ref>.
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Dopo la [[caduta del fascismo]], il PdA riuscì a presentarsi come un [[partito]] che lottava per un cambiamento radicale della società italiana, rompendo sia con il fascismo che con l'Italia pre-fascista; per una società [[Laicismo|laica]] e [[Secolarizzazione|secolarizzata]], contrapponendosi ai [[Democrazia Cristiana|democristiani]]; per una società democratica e progressista, ma [[Pluralismo|pluralista]] e con ordinamenti politici liberali, contrapponendosi ai comunisti, ancora saldamente legati all'[[Unione Sovietica]]. Per questi motivi distintivi, il PdA riuscì a raccogliere vasti consensi tra le persone desiderose di combattere contro il [[nazifascismo]].
 
Il partito si proponeva come scopo principale la realizzazione di un progetto di equità, accompagnato dalla [[giustizia sociale]] e dalla fede incrollabile nella [[democrazia]] e nella [[libertà]]. Era anche [[europeista]] e proclamava la necessità di costituire una formazione politica antifascista, a metà strada tra la [[Democrazia Cristiana]] (definita immobilista), il [[Partito Socialista Italiano|Partito Socialista]] e i [[comunisti]], con i quali gli azionisti discordavano riguardo alla [[proprietà privata]] e, soprattutto, riguardo al concetto di dittatura del proletariato, identificato con la dittatura del partito.<ref>{{cita news|[[Tristano Codignola]]|https://www.stampaclandestina.it/wp-content/uploads/numeri/113-Liberta_Toscana_N3_1943.pdf|Noi e i Comunisti|La Libertà|nº 3, 5 dicembre 1943|pp=1-2}} L'articolo è attribuito a Codignola in {{cita pubblicazione|autore=[[Carlo Francovich]]|titolo=La stampa a Firenze dall'armistizio alla liberazione|pubblicazione=Il Ponte|volume=X|numero=9|editore=La Nuova Italia|città=Firenze|data=settembre 1954|pp=1459-79: 1479}}</ref>. Comunque, anche il PdA, almeno nella sua componente maggiormente [[Socialismo liberale|socialista liberale]], era molto distante dall'[[Liberismo|ideologia liberista]] e, nelle componenti interne di [[Sinistra (politica)|sinistra]] come [[Bruno Trentin]], [[Emilio Lussu]], [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] e [[Vittorio Foa]], attraversato da visioni di parziale [[Comunizzazione|socializzazione]] dei mezzi di produzione e di [[Autogestione dei lavoratori|democratizzazione]] del sistema produttivo, mentre la stragrande maggioranza del partito si era più volte espressa in favore della [[nazionalizzazione]] dei grandi complessi industriali e dei servizi pubblici come acqua, energia elettrica, autostrade, distribuzione di combustibili e riscaldamenti, gas ecc.
 
== La dispersione delle componenti ==
=== L'esperienza di "Unità Popolare" ===
Lo scioglimento del Partito d'Azione dette origine a una vera e propria "diaspora" dei suoi esponenti. La maggior parte confluì nel [[Partito Socialista Italiano]] ma la componente minoritaria ([[Piero Calamandrei]], [[Tristano Codignola]], [[Aldo Garosci]], [[Paolo Battino Vittorelli|Paolo Vittorelli]]) che si era espressa contro lo scioglimento del partito, costituì il movimento “Azione Socialista Giustizia e Libertà” e mantenne la proprietà della testata giornalistica ''L'Italia Socialista'' (già: ''[[L'Italia libera]]''), con la direzione di Garosci.<ref>Lamberto Mercuri, ''Il movimento di Unità Popolare'', Carecas, Roma, 1978, pagg. 177-178.</ref>. L'8 febbraio [[1948]], a [[Milano]], “Azione Socialista Giustizia e Libertà” dette vita all'[[Unione dei Socialisti]], insieme a una componente dissidente del PSI, guidata da [[Ivan Matteo Lombardo]]<ref>Lombardo, tuttavia, non avrebbe aderito ad Autonomia Socialista.</ref>, al movimento “Europa Socialista” di [[Ignazio Silone]] e ad alcuni ex giellini indipendenti.<ref>Vedi pagina 7 del documento tratto da ISRAL [http://www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/2%20giugno_costituenti_romita.htm Istituto Studi Resistenza Alessandria "Carlo Gilardenghi"] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131030184826/http://www.isral.it/web/web/risorsedocumenti/2%20giugno_costituenti_romita.htm |data=30 ottobre 2013 }}.</ref>. L'Unione dei Socialisti partecipò alle [[Elezioni politiche in Italia del 1948|elezioni politiche del 1948]] nell'ambito della coalizione di [[Unità Socialista]], insieme al [[Partito Socialista Democratico Italiano|PSLI]]. Il 31 gennaio [[1949]] confluì ufficialmente nel PSLI che, nell'occasione, cambiò il suo nome in PSDI.
 
Successivamente, il 1º febbraio [[1953]], la componente ex azionista del gruppo di Calamandrei e Codignola uscì anche dal PSDI e formò ''Autonomia Socialista'', insediandosi nella vecchia sede fiorentina del soppresso movimento “Azione Socialista Giustizia e Libertà”. Il 18 aprile 1953, in vista delle elezioni politiche, costituì il movimento [[Unità Popolare (Italia)|Unità Popolare]], con l'obiettivo di far fallire la cosiddetta [[legge truffa|legge elettorale "truffa"]] varata dal governo [[De Gasperi]]. ''Autonomia Socialista'' di Calamandrei formò la componente principale del nuovo movimento al quale, successivamente, aderì [[Ferruccio Parri]], insieme a [[Leopoldo Piccardi]], [[Federico Comandini]] e [[Carlo Levi]].
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Il movimento ebbe anche il sostegno di [[Adriano Olivetti]] e del suo [[Movimento Comunità]], di [[Carlo Bo]], [[Norberto Bobbio]], [[Mario Soldati]] e [[Leo Valiani]]; tuttavia, colto il risultato di non fare scattare per un pugno di voti il premio di maggioranza a favore dei vincitori (la [[Democrazia Cristiana|DC]] e gli alleati centristi), il raggruppamento non riuscì a proporsi come centro di coagulazione di un socialismo democratico di ispirazione non marxista. Nel [[1957]] votò, a maggioranza, la sua dissoluzione e la confluenza nel [[Partito Socialista Italiano|PSI]]. Aldo Garosci, contrario alla fusione, lasciò temporaneamente la politica. Alla fine degli [[Anni 1960|anni sessanta]] vi rientrò, prima come dirigente del [[Partito Socialista Unificato]], poi nuovamente nel PSDI.
 
Nel [[1984]], il [[Presidente della Repubblica Italiana|Presidente della Repubblica]] [[Sandro Pertini]] nominò [[senatore a vita]] Norberto Bobbio, che si iscrisse prima come indipendente nel gruppo [[socialista]], poi nel [[1991]] al gruppo misto e, dal [[1996]], al gruppo parlamentare del [[Partito Democratico della Sinistra]].<ref>{{cita web|url=http://www.senato.it/leg/13/BGT/Schede/Attsen/00000288.htm|titolo=Senato della Repubblica|accesso=21 ottobre 2025}}</ref>.
 
=== Emilio Lussu e Vittorio Foa ===
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=== Il Partito radicale ===
[[Ernesto Rossi]] si era allontanato dal PdA dopo il congresso di Cosenza dell'agosto del 1944, non condividendo la linea impressa al partito da Emilio Lussu.<ref>Giovanni De Luna,''cit.'', p. 229 e succ.ve</ref>. Era entrato, in seguito, nel [[Partito Liberale Italiano|Partito Liberale]], diventando progressivamente il leader dell'ala sinistra. Il 10 dicembre [[1955]], al teatro [[Cola di Rienzo]] di Roma, la sinistra liberale, guidata da Rossi, costituì il [[Partito Radicale (Italia)|Partito Radicale]]. L'anno dopo, vi confluì l'ala liberaldemocratica del movimento di [[Unità Popolare (Italia)|Unità Popolare]] (Piccardi, Valiani). Il PR, tuttavia, non riuscì ad eleggere nemmeno un parlamentare sino al [[1976]].
 
Nel [[1959]] nacque, in seno al partito, una linea politica dall'accento fortemente anticlericale che si concretizzò in una vera e propria campagna antidemocristiana, accusando apertamente la [[Democrazia Cristiana|DC]] di aver costruito un regime. Ciò determinò un primo importante dissenso interno che si concluse con l'allontanamento di Leo Valiani.
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* Mario Andreis, ''L'ora del partito d'azione. Scritti scelti 1944-1985'', Torino, Istituto storico della resistenza in Piemonte, 1991.
* Antonio Carioti (a cura di), ''La lezione dell'intransigenza. L'azionismo cinquant'anni dopo'', Roma, Acropoli, 1992. ISBN 88-85355-17-X
* {{cita libro|nome=Antonio |cognome=Carioti,|titolo= ''Maledetti azionisti'', |città=Roma, |editore=Editori Riuniti, |data=2001. |ISBN =88-359-5096-1}}
* Antonio Jannazzo, ''Liberali e azionisti tra politica e cultura'', Palermo, La Zisa, 1993.
* Aldo Alessandro Mola, ''Giellisti'', 3 voll., Cuneo, Cassa di Risparmio di Cuneo-Banca regionale europea, 1997.
* Clementina Gily Reda (a cura di), ''L'azionismo come partito. Organizzazione ed ideali. Ciclo di conferenze, 8 novembre-6 giugno 1997'', Avellino, Edizioni del Centro Dorso, 1998.
* {{cita libro|nome=Claudio |cognome=Novelli, ''|titolo=Il Partito d'Azione e gli italiani. Moralità, politica e cittadinanza nella storia repubblicana'', |città=Milano, |editore=La nuova Italia, |data=2000. |ISBN =88-221-4241-1}}
* {{cita libro|nome=Elena |cognome=Savino, ''|titolo=La diaspora azionista. Dalla Resistenza alla nascita del Partito radicale'', |città=Milano,|editore= FrancoAngeli, |data=2010. |ISBN =978-88-568-2388-2}}
* Fulvio Mazza, ''Il Partito d'azione nel Mezzogiorno (1942-1947)'', Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 1992. ISBN 8872840635