Urbex in Italia: differenze tra le versioni

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L’Italia rappresenta uno dei paesi europei più ricchi di luoghi adatti all’esplorazione urbana, grazie alla stratificazione storica del suo territorio e all’ampiezza del patrimonio architettonico. Dalla fine del [[Medioevo]] fino all’età contemporanea, il Paese ha conosciuto secoli di intensa attività edilizia, durante i quali sono sorti castelli, palazzi nobiliari, ville signorili e residenze di campagna appartenenti all’aristocrazia e alla borghesia emergente. Molte di queste strutture, costruite tra il [[Rinascimento]] e l’[[XIX secolo|Ottocento]], sono state progressivamente abbandonate a causa di mutamenti sociali, economici e familiari, diventando oggi mete privilegiate dell’urbex.
 
L’enorme patrimonio immobiliare italiano include anche numerosi complessi religiosi, ospedali, conventi e istituti educativi, molti dei quali hanno perso la loro funzione originaria nel corso del Novecento. Un caso particolare è rappresentato dagli ex manicomi, chiusi definitivamente in seguito alla legge n. 180 del [[1978]], nota come ''[[Legge Basaglia]]'', che riformò radicalmente il sistema psichiatrico italiano. La chiusura di questi istituti, spesso ospitati in vasti complessi architettonici di pregio storico, ha lasciato in tutto il territorio nazionale numerose strutture abbandonate, oggi tra le più esplorate dagli appassionati di urbex.<ref>{{Cita web|url=https://www.quotidianosanita.it/cronache/articolo.php?articolo_id=9889|titolo=Viaggio tra gli ex manicomi. Riconvertiti, venduti o abbandonati. Come la salute mentale - Quotidiano Sanità|sito=www.quotidianosanita.it|accesso=2025-10-24}}</ref><ref>{{Cita web|lingua=it|url=https://www.iltirreno.it/lucca/cronaca/2024/08/13/news/in-vendita-i-padiglioni-del-campo-di-marte-1.100568486|titolo=Lucca, in vendita i padiglioni del Campo di Marte: ecco il piano dell’Asl|sito=Il Tirreno|accesso=2025-10-24}}</ref>
 
Un altro fattore che contribuisce alla presenza diffusa di siti urbex è il processo di deindustrializzazione avvenuto tra gli anni Settanta e Novanta. Le leggi restrittive in materia di [[energia nucleare]], approvate dopo il referendum del 1987, portarono alla chiusura di centrali in costruzione o già operative, come quelle di [[Caorso]], [[Trino]] e [[Latina]], oggi simboli di [[archeologia industriale]]. Parallelamente, la crisi di numerosi settori produttivi – siderurgia, tessile, meccanica – causò la dismissione di molte fabbriche e stabilimenti, spesso lasciati in stato di abbandono.