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{{quote|Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso. Non dovete pensare che io non compatisca all’infelicità umana. Ma non potendovi riparare con nessuna forza, nessuna arte, nessuna industria, nessun patto; stimo assai più degno dell’uomo, e di una disperazione magnanima, il ridere dei mali comuni; che il mettermene a sospirare, lagrimare e stridere insieme cogli altri, o incitandoli a fare altrettanto. In ultimo mi resta a dire, che io desidero quanto voi, e quanto qualunque altro, il bene della mia specie in universale; ma non lo spero in nessun modo.<br/><small>''Dialogo di Timandro e di Eleandro'', rr. 202-211</small>}}
 
Le '''Operette morali''', scritte dal poeta e studioso letterario [[Giacomo Leopardi]] tra il [[1824]] ed il [[1832]], sono ventiquattro componimenti in prosa, tra dialoghi e novelle, dallo stile medio e ironico. Sono state pubblicate definitivamente a [[Napoli]] nel [[1835]]<ref name="Operette morali edizioni"> Edizione censurata, ma ristampata dieci anni dopo dall'amico [[Antonio Ranieri]], per l'editore [[Le Monnier]]. RistampaEdizione che, alla luce dei nuovi studi critici su Leopardi, ha rilevato numerose sviste. Vedi anche l'[[#Edizione del '35|Edizione del '35]] e quella del [[#Edizione del '45|'45]].</ref> dopo due edizioni intermedie nel [[1827]] e nel [[1834]].
 
I temi sono quelli cari al poeta: il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili e particolarmentein particolare con la [[Natura]], di cui Leopardi matura una personale visione [[filosofia|filosofica]].
 
A differenza dei [[Canti]], l'opera è stata concepita nel complesso in un unico momento,interamente nell'arco dell'anno 1824. Le differenti edizioni testimoniano integrazioni di dialoghi successivi e aggiustamenti circa il messaggio finale del testo.
 
Le Operette furono spesso confuse con un [[s:Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831|progetto parallelo]] del padre [[Monaldo Leopardi|Monaldo]], che ebbe molto successo<ref name="Monaldo">L'opera maggiore di Monaldo Leopardi sono i ''Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831'', usciti nel gennaio 1832 con lo pseudonimo di ''1150, MCL'' in cifre romane, iniziali di ''Monaldo Conte Leopardi''. Ebbero immediatamente un grande successo, sei edizioni in pochi mesi, e sono stati tradotti in più lingue. Giacomo, da Roma, ne informa il padre in una lettera dell'8 marzo:
{{quote|I Dialoghetti, di cui la ringrazio di cuore, continuano qui ad essere ricercatissimi. Io non ne ho più in proprietà se non una copia, la quale però non so quando mi tornerà in mano.
}}
I suoi scritti esprimevano gli ideali dell'[[Assolutismo|assolutismo]] e della [[Restaurazione|reazione]]. Tra le tesi sostenute, la necessità delladi restituzionerestituire dellala città di [[Avignone]] al papato e delil ducato di [[Parma]] ai Borbone,; la critica a [[Luigi XVIII]] di [[Francia]] per la concessione della costituzione e la proposta della suddivisione del territorio francese fra [[Inghilterra]], [[Spagna]], [[Austria]], [[Russia]], [[Olanda]], [[Baviera]] e [[Piemonte]],; la difesa dell'oppressione [[Turchia|turca]] sul popolo [[Grecia|greco]].</ref> e Giacomo era citato spesso come l'autore, procurando al poeta forte imbarazzo e frustrazione.
 
I temi delle Operette, in particolar modo quellequelli sviluppati nel ''Dialogo della modaModa e della Morte'' e ''Dialogo di Tristano e di un amico'', saranno ribaditi con decisione, come un [[corollario]] della filosofia leopardina, da [[Carlo Michelstaedter]] ne [[La persuasione e la rettorica]].
 
{{Nota
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== Genesi ==
=== Le prosette satiriche ===
Leopardi accarezzava già dal [[1820]] l'idea di scrivere delle ''Prosette satiriche''<ref name="Prosette satiriche">{{quote|In questi giorni, quasi per vendicarmi del mondo, e quasi anche della virtù, ho immaginato e abbozzato certe prosette satiriche}}(letteraLettera a [[Pietro Giordani]] del [[4]] [[settembre]] [[1820]], n°166). Prima testimonianza della conclusione di un ciclo di prose iniziate presumibilmente tra il 18‘18-19’19, in seguito al progetto letterario di dare ll’Italiaall’[[Italia]] ''una lingua filosofica'' e moderna, ispirata, sul piano della scrittura, dai [[moralisti greci]] e dalla [[#Modelli e fonti|satira menippea]] (aveva tradotto ''[[Luciano di Samosata]]'', ''[[Plutarco]]'' ecc.)</ref>, ma solo nel [[1824]] il progetto matura e coinvolge più argomenti ed esperienze. Sono gli anni del trasferimento a [[Roma]], nel tentativo di lasciare [[Recanati]], la ''tomba de' vivi'', suo paese natale, per trovare la felicità (illusione presto svanita); della crisi poetica (l'inaridimento della vena poeticalirica della sua prima gioventù) e filosofica (il passaggio dal pessimismomaterialismo storico-progressivo a quello cosmico).
In un passo dei ''Disegni letterari'' ricostruito sulle carte autografe recanatesi (curato e pubblicato tra i primi da O. Besomi), Leopardi rivela di voler scrivere dei:
 
{{quote|Dialoghi satirici alla maniera di Luciano, ma tolti i personaggi e il ridicolo dai costumi presenti e moderni, e non tanto tra i morti [...], quanto tra personaggi che si fingano vivi, ed anche volendo, fra animali [...]; insomma piccole commedie, o Scene di Commedie [...]: le quali potrebbero servirmi per provar di dare all’Italia un saggio del suo vero linguaggio comico che tuttavia bisogna assolutamente creare [...]. E questi dialoghi supplirebbero in certo modo a tutto quello che manca nella Comica Italiana, giacché ella non è povera d’intreccio d’invenzione di condotta ec., e in tutte quelle parti ella sta bene; ma le manca affatto il particolare cioè lo stile e le bellezze parziali della satira fina e del sale e del ridicolo attico e veramente e plautino e lucianesco [...]<ref name="Disegni letterari"> L.Leopardi inizia un traduzione del Caronte‘’Caronte e menippeoMenippo’’ di Luciano tra la primavera e il luglio 1818 secondo il Flora, ma secondo il Besomi nel 1819 cfr. Giacomo Leopardi, ''Operette morali'', edizione critica a cura di O. Besomi, Milano, 1979.</ref>.}}
 
Al Besomi spetta il merito di aver ricostruito, il più fedelmente possibile, la data di composizione di questi primi abbozzi. Non estranea l'influenza della delusione dei moti rivoluzionari del 20‘20-21‘21 a Napoli che, successivamente, farà sparire la coloritura politica di queste prime bozze.
Il Blasucci considera i tempi delle ''prosette satiriche'', momenti distinti dalle ''Operette'' vere e proprie, con lui concorda il Secchieri. Sebbene di data incertissima si possono datare al 1820-21, i seguenti esperimenti di ''prosette''. Dallo sporadico accenno del 1820, l’opera cresce fino alle dichiarazioni esplicite del 1821 al Giordani<ref name=" dichiarazioni esplicite">''Zibaldone di pensieri'', pp. 1393-94, 27 luglio 1821; ''[...]trattato in prosa alla maniera di Luciano'', lettara a [[Pietro Giordani]] del 6 agosto 1821, n° 202.</ref>.
 
===Il primo nucleo===
É costituito da cinque scritti, qui riportati nel più verosimile ordine di composizione<ref name="Primo nucleo"> Besomi risale alle probabili date in base agli autori e ai testi classici in esse citate e riportate nelle pagine dello Zibaldone: [[Valleio Patercolo]], [[22]] Dicembre[[dicembre]], [[1820]]; [[De bellis civilibus]] di [[Appiano]], [[29]] [[aprile]], [[1821]]; [[Floro]], [[7]] [[gennaio]], [[1821]]; [[Tacito]], [[2]] [[gennaio]], [[1821]] ecc.</ref>:
* ''[[:s:Operette morali/Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati|Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati]]
* ''[[:s:Operette morali/Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro|Dialogo tra due bestie, p. e. un cavallo e un toro]]''
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* ''primo frammento di [[:s:Operette morali/Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello|Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello]]''
 
In queste prime prove sono presenti alcune caratteristiche, tipiche delle stile lucianeo (il dialogo agli inferi, forme di comicità bassa, ecc.) che diventeranno proprie della produzione maggiore.
 
CardineTema principale di questo svilupponucleo è la ''penitenza della virtù''<ref name="Penitenza della virtù">
IlConcetto temaintrodotto dellanel penitenza‘’Bruto della virtù è inaugurato dal Bruto minoreminore’’ e dallanella [[#Comparazione delle sentenze di Bruto Minore e di Teofrasto vicini a morte|Comparazione delle sentenze di Bruto Minore e di Teofrasto vicini a morte]] eè approfonditeapprofondito nella [[#Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello|Novella: Senofonte e Niccolò Machiavello]] e ilnel [[#Dialogo: Galantuomo e Mondo|Dialogo: Galantuomo e Mondo]]: vi compare la concezione della vanità della vita e della sapienza, che si traduce in un'[[apostasia]] della stessa gloria e della stessa virtù che non è una situazione propria degli antichi ma solo dei moderni. Cfr. W. Binni, '' La protesta di leopardi'' pp.136-167.</ref>, ovvero la scelta di una scrittura morale che non può più insegnare ''quegli errori magnanimi'' che sono utili perché ''abbelliscono la nostra vita''[...]. Questi errori sono la [[virtù]] e la [[gloria]]. La nuova scrittura rinuncia alla poesia (lirica) e alla persuasone dell’entusiasmo; e consiste, molto praticamente, nell’astensione dall’impegno politico e filantropico. Resta solo l’ironia e il gioco fine sé stesso: a confronto ci sono [[Senofonte]] e [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], la [[Ciropedia]] e il [[Principe]].
 
I dialoghi e le novelle sono costantemente intrecciati e variati: è difficile se non impossibile tracciare un quadro d’insieme. Mutano continuamente situazioni, personaggi, luoghi, e tempi,; ''emerge un mondo bizzarro di gusto popolare e fanciullesco, pieno di grazia e di geniale vanità''<ref name="LC"> L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>.''
Troviamo già ben rappresentato il ''piacere della variazione'', della discontinuità: il lettore è provocato e stimolato,; la conclusione del libro viene lasciata alla sua responsabilità. Questo aspetto troverà la sua più compiuta attuazuione nel [[#Dialogo di Plotino e di Porfirio|Dialogo di Plotino e di Porfirio]].
 
Gli abbozzi del '20‘20-'21‘21 riportano temi antitirannici e contro l'antropocentrismo. La forte coloritura politica, che sparirà successivamente per essere ripresa solo nelle ultime operette, costituirà uno spunto di riflessione talemente profondo da far mutare l’atteggiamento psicologico, filosofico-morale e letterario dell’autore, tanto da riconsiderare la forma stessa dell’espressione: è questo il passaggio dalla poesia alla verità (''alla prosa''):
 
{{quote|[...] Non solo alla lingua francese (come osserva la [[Madame de Staël|Staël]]), ma anche a tutte le altre moderne, pare che la prosa sarebbe più confacente del verso alla poesia moderna<ref name="Prosa">''Zibaldone di pensieri'' pp. 2171-2172 (26 Nov 1821)</ref>.''}}
}}
 
Tra il '22 e il '23 il poeta trascrive in una pagina dello Zibaldone, indicata come ''progetti letterari'' un indice approssimativo di 17 operette. Molti dialoghi e novelle sono già presenti ma con un titolo provvisorio:
[[Immagine:Pietro Giordani.jpg|thumb|right|190px|[[Pietro Giordani]]. <small>Letterato d'indole [[liberale]], nel 1816 iniziò un rapporto epistolare con Leopardi, a cui fece visita nel 1818. Il Giordani incoraggiò e favorì la conoscenza del recanatese presso gli ambienti culturali più importanti dell'epoca. Provava per il poeta grande stima ed affetto: Giacomo lo definì ''cara e buona immagine paterna<ref name="Pietro Giordani">Giordani rimase molto colpito dalla morte del poeta, come esprimono alcune lettere inviate agli amici: ‘’L’afflizione per Leopardi è nelle midolle; e vi durerà. Non è da dolere che abbia finito di penare; ma sì che per 40 anni abbia dovuto desiderar di morire: questo è il dolore immedicabile […]. Io confesso di non aver pianto: ma una tristezza invincibile mi avvelena ogni piacere che qui potrei gustare’’. Torino, 12 luglio 1837. In seguito i suoi pensieri riguardo la memoria dell’amico cambiarono radicalmente: ‘’Quando cominciò ad essere conosciuto, non mi scrisse più: quando a Firenze andavo a trovarlo, non mi parlava. Nelle sue scritture ha posto molti, di me non mai parola. Pare che il cuore non corrispondesse all’ingegno, Altri ancora l’han detto ingrato. Ma questo non fa nulla’’. 1 ottobre 1839. ‘’Io credo che originalmente Giacomo avesse cuor buono ed affettuoso, ma credo che poi si fosse fatto molto egoista. Per me passò dalle smanie amorose a più che indifferenza, ed ebbe gran torto’’. 28 maggio 1840</ref>''.</small>]]
 
*1. Salto di Leucade
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Il titolo lega insieme i due aspetti principali dell’opera leopardina: il carattere satirico e il fine morale<ref name="Palumbo">[[Romano Luperini|R. Luperini]], P. Cataldi, L. Marchiani, ''La scrittura e l'interpretazione: storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civilta europea, ed. blu, vol. 2'', Palumbo Editore, Palermo.</ref>.
 
''Operette'' è un diminutivo di umiltà: si tratta di componimenti brevi, considerati piccoli in mole e in valore dall'autore. La loro minuzia contribuisce a renderli, però, di un'efficacia filosofica e poetica lucida, programmatica e chiara. Il termine ''morali'' segna il contenuto filosofico dell'opera: suii ''mores'', i costumi, indicano la volontà di individuare nuovi modelli di comportamento, mettendo a confronto l'antichità e la modernità: implicito il richiamo agli ''[[Opuscula Moralia]]'' di [[Plutarco]].
 
L’attenuazione canonica del genere morale antico e umanistico, riporta a [[Isocrate]], di cui Leopardi volgarizza alcune ''Operette‘’Operette morali’’ morali''<ref name="Isocrate">Testo facenteTra parteil di’24 e il ‘25 Leopardi s’era imbarcato in un progetto editoriale leopardianoche suiprevedeva la traduzione di una ‘’Scelta di Moralisti grecigreci’’, inper cuil’editore eraStella, che non fu mai realizzata a causa della censura milanese. Faceva parte della compresoraccolta anche il volgarizzamento del Manuale‘’Manuale di EpittetoEpitteto’’, l’unico effettivamentecompletato portatodel atutto terminenel edicembre del stampato)1825.</ref> e Plutarco, fino a Machiavelli e al moralismo illuministico.
Le Operette prendono il titolo anche dal messaggio pratico, non solo teoretico che portano.danno: Suggerendoproponendo un umile rimedio, consapevole della propria paradossalità, agli effetti funesti della filosofia moderna o della verità, recuperano l’inesperienza, le passioni e l’immaginazione dell’antichità, (fondate sul falso), unico rimedio per migliorare la qualità della vita umana, e, in alternativa, suggeriscono delle tattiche di narcotizzazione per alleviare il dolore.
 
L'intento morale pratico sarà preoseguitoproseguito dall'autore in un altro scritto nel 1826, ''[[w:Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani|Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani]]'', in cui sono evidenti le finalità politiche, morali e storiche.
Le Operette prendono il titolo anche dal messaggio pratico, non solo teoretico che portano. Suggerendo un umile rimedio, consapevole della propria paradossalità, agli effetti funesti della filosofia moderna o della verità, recuperano l’inesperienza, le passioni e l’immaginazione dell’antichità, fondate sul falso, unico rimedio per migliorare la qualità della vita umana, e, in alternativa, suggeriscono delle tattiche di narcotizzazione per alleviare il dolore.
 
Le Operette sono l’approdo di quasi tutto lo [[Zibaldone]]<ref NOTAname="Vita Cellerino)passata"> ‘’Il frutto della mia vita finora passata’’passata L[…]’’, AFS lettera ad Antonio Fortunato Stella, del 12 marzmarzo 1826.</ref>
“Che i miei principii sieno tutti negativi io non me ne avveggo” L. AFS n. 541 23/08/1827.
Il rapporto tra l'Uomo, la Natura, la Storia; il confronto tra i valori del passato e la situazione, agli occhi di Leopardi statica e degenerata, del suo tempopresente; la potenza delle illusioni amorose; l'Infelicità; la gloria; la noia.: Tematichesono già illustrate nello [[Zibaldone]], sonotematiche qui steseriproposte alla luce del cambiamento che sta avvenendo in Leopardi: da un pessimismomaterialismo storico-progressivo (ovvero, la tesi in base alla quale l'uomo ha perso la possibilità di essere felice quando all'immaginazione si è sostituito il raziocinio) ad un pessimismomaterialismo cosmico (ovvero, la tesi che l'uomo sia infelice ina tutticausa idella tempi e per un inesplicabile funzionamento di una Naturanatura indifferente). La Natura, vista dapprima come madre benigna che cullava gli uomini con immaginazione ed illusioni, fino ad essere rinnegata per il raziocinio, è ora vista come una matrigna indifferente, che conserva gli uomini in una situazione di infelicità permanente per un semplice funzionamento meccanico. La Ragioneragione non è più, adesso, un ostacolo all'infelicità, ma l'unico strumento umano per sfuggire alla sua disperazione.
 
L'intento morale pratico sarà preoseguito dall'autore in un altro scritto nel 1826, ''[[w:Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani|Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani]]'', in cui sono evidenti le finalità politiche, morali e storiche.
Leopardi non ha mai voluto comparire nel testo. Nega la sua realtà di personaggio ideologico. Non esistono intermediari ma solo complici (tra l’autore e noi diversi autori fittizi). Molti invece gli inserti che enfatizzano il paratesto per svuotarlo di significato.
“Avrei voluto fare una prefazione alle Operette morali, ma mi è paruto che quel tuono ironico che regna in esse, e tutto lo spirito delle medesime escluda assolutamente un preambolo; e forse Ella, pensandovi, converrà con me che se mai opere dovette essere senza prefazione, questa lo debba in particolar modo. L. a AFS 10/06/1826.
Il tono dell’opera è dato anche dal contrasto che emerge tra i compiti dell’argomentazione discorsiva e preoccupazioni didascaliche parodiche. “Lusso di erudizioncella” impeccabile che procura il sorriso dell’ironia anche su temi particolarmente severi e profondi.
 
Il rapporto tra l'Uomo, la Natura, la Storia; il confronto tra i valori del passato e la situazione, agli occhi di Leopardi statica e degenerata, del suo tempo; la potenza delle illusioni amorose; l'Infelicità; la gloria; la noia. Tematiche già illustrate nello [[Zibaldone]], sono qui stese alla luce del cambiamento che sta avvenendo in Leopardi: da un pessimismo storico-progressivo (ovvero, la tesi in base alla quale l'uomo ha perso la possibilità di essere felice quando all'immaginazione si è sostituito il raziocinio) ad un pessimismo cosmico (ovvero, la tesi che l'uomo sia infelice in tutti i tempi e per un inesplicabile funzionamento di una Natura indifferente). La Natura, vista dapprima come madre benigna che cullava gli uomini con immaginazione ed illusioni, fino ad essere rinnegata per il raziocinio, è ora vista come una matrigna indifferente, che conserva gli uomini in una situazione di infelicità permanente per un semplice funzionamento meccanico. La Ragione non è più, adesso, un ostacolo all'infelicità, ma l'unico strumento umano per sfuggire alla sua disperazione.
 
Le Operette sono l’approdo di quasi tutto lo Zibaldone NOTA Cellerino) ‘’Il frutto della mia vita finora passata’’ L AFS 12 marz 1826.
Due percorsi metafisico e morale (Battuta di Timandro)
{{quote|Perciocché s’ingannano a ogni modo coloro i quali stimano essere nata primieramente l’infelicità umana dall’iniquità e dalle cose commesse contro agli Dei; ma per lo contrario non d’altronde ebbe principio la malvagità degli uomini che dalle loro calamità<ref name="SDGU">Storia del genere umano, rr. 131-135.</ref>.}}
 
===Fase materialista===
Alla fine del ’24 con il primo progetto di operette concluso, il pensiero L.Leopardi è decismante orientato verso il materialismo, come attesta ancheattestano le letture d’Holbach annotate nello Z. d’HolbachZibaldone, mentre il tono pessimistico, sovente usato per riferirsi alla filosofia leopardiana è da rivedere perchè non accettata dall’autore:
{{quote|Tutto è male. […] ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; il fine dell’universo è il male; […]Non v’è altro bene che il non essere: non v’ha altro di buono che quel che non è; […] tutte le cose sono cattive. […] L’esistenza per sua natura ed essenza propria e generale, è un’imperfezione, un’irregolarità, una mostruosità. Ma questa imperfezione è una piccolissima cosa, […] perché tutti i mondi che esistono, […] non essendo però certamente infiniti, né di numero né di grandezza, sono per conseguenza infinitamente piccoli a paragone di ciò che l’universo potrebbe essere se fosse infinito; e il tutto esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, […] del non esistente, del nulla. Questo sistema, benché urti le nostre idee, […] sarebbe forse più sostenibile di quello del Leibnitz, del Pope ec. ‘’che tutto è bene’’. Non ardirei però estenderlo a dire che l’universo esistente è il peggiore degli universi possibili, sostituendo così all’ottimismo il pessimismo. Chi può conoscere i limiti della possibilità?<ref name="Zibaldone 4174">Zibaldone, 4174, 22 aprile 1826.</ref>.}}
 
Il Frammento‘’Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco’’ costituisce il culmine filosofico del libro. eInsieme con l’islandesel’’’Islandese’’ e metafisicoil ‘’Metafisico’’ costituisce unil gruppo di operette‘’Operette’’ orientateche sudefinicse più compiutamente il quelmaterialismo temaleopardiano. Fine della natura non è il bene ma la conservazione in vita degli esseri, anzi nemmeno quelli se si considera il povpunto dell’islandesedi vista dell’Islandese. La vita è infelice: meglio un’esistenza breve ma intensa e ricca fidi forti illusioni, che una lunga, piena di emozioni dilatate e narcotizzanti.
A‘’A chi piace e a chi giova questa infeliscissima vita dell’universo.?’’ Nessun filosofo sa rispondere alla domanda. SconfittaE’ una sconfitta del pensiero filosofico e inadeguatezzain generale la rappresentazione dell’inadeguatezza della filosofia a spiegare la condizione del genere umano nell’universo. NelIl Cantico‘’Cantico del materialismogallo solido:silvestre’’, con il suo andamento lirico, snocciola monolitiche sentenze mettendo il lettore nell’attesa di una soluzione filosofica, ‘’Così questo arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza universale, innanzi di essere dichiarato né inteso, si dileguerà e perderassi.perderassi’’, Il Frammentofornita approfondirànel con un’analisi scientifica (filosofica) il concetto poetico del gallo.Frammento:
 
{{quote|I diversi modi di essere della materia […] sono caduchi e passeggeri; ma nessun segno di caducità né di mortalità si scuopre nella materia universalemente, e però niun segno che ella sia cominciata, né che ad essere le bisognasse o pur le bisogni alcuna causa o forza fuori di sè<ref name="Frammento">Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco, rr. 33-38.</ref>.}}
 
RestaMalgrado le apparene, resta un non un non finale chee sarà il punto modificato più spesso dall’autore.
 
I temi sono gravi (nota AFS presentazione ‘’piacevole’’ del libro’’, differenza dell’uso del dialogo lucianeo che ne fa il Monti, puro raffinato intrattenimento,
 
===Leggerezza apparente===
All’interno delle operette si rincorrono e si sovrastano diversi temi, particolarmente cari all’autore. Un argomento spesso presente è la perfezione‘’perfezione naturalenaturale’’. Tale condizione implica uno stato di felicità che per natura agli uomini è impossibile conseguire (Scommessa‘’Scommessa di PrometeoPrometeo’’, Dialogo di un Fisico e un Metafisico), mentre è concessa ad altre specie, come gli uccelli (Elogio‘’Elogio degli uccelliuccelli’’), simbolo del movimento continuo e armonico, rapido ed elegante. L’assenza della felicità nel mondo è la prova della sua imperfezione e la miserabile condizione umana verificata da Prometeo una inoppugnabile verità, simbolicamente costata una scommessa.
Impossibilitato a raggiungere una perfezione naturale, l’uomo può ambire a raggiungere uno stato di eccellenza attraverso l’intelletto e la ragione: è il geniocaso del ‘’genio’’. E’ il tema del Parini‘’Parini’’ chiamato a rinnegare la gloria a causa della sproporzione esistente tra il progresso del sapere e la condizione del genio. Situazione toccata anche nel DNADialogo della Natura e di un’Anima dove la gloria è associata ad una condizione umana miserevole in cui grandezza e infelicità sono due aspetti inseparabili e il genio vive quotidianamente l’incapacita di relazionarsi con i suoi simili, argomento toccato anche nell’Ottonierinell’’’Ottonieri’’, in cui i grandi ingegni solitamente mal si relazionano col resto del mondo. L’Anima pertanto chiederà d’essere ‘’alluogata’’ nell’essere umano più imperfetto e stupido.
L’assenza della felicità nel mondo è la prova della sua imperfezione e la condizione umana verificata da Prometeo una inoppugnabile verità costata una scommessa.
Impossibilitato a raggiungere una perfezione naturale, l’uomo può ambire a raggiungere uno stato di eccellenza attraverso l’intelletto e la ragione: il genio. E’ il tema del Parini chiamato a rinnegare la gloria a causa della sproporzione esistente tra il progresso del sapere e la condizione del genio. Situazione toccata anche nel DNA dove la gloria è associata ad una condizione umana miserevole in cui grandezza e infelicità sono due aspetti inseparabili e il genio vive quotidianamente l’incapacita di relazionarsi con i suoi simili, argomento toccato anche nell’Ottonieri in cui i grandi ingegni solitamente mal si relazionano col resto del mondo. L’Anima pertanto chiederà d’essere ‘’alluogata’’ nell’essere umano più imperfetto e stupido.
 
Altro tema che ricorre attraverso più operette è il [[suicidio]] indicata nella SDGU‘’Storia del genere umano’’ come morte preposta o preponibile alla vita. E’ una desiderio proprio dell’essere umano estraneo a tutti gli altri esseri viventi. Ne ilNel Fisico‘’Fisico e MetafisicoMetafisico’’, LLeopardi spiega come non‘’non la vita ma la felicità è amata dall’uomodall’uomo’’.
 
L’analisi tra antichi e moderni è esplorata nel ‘’Timandro’’, nel ‘’Tristano’’, ‘’Dialogo d’Ercole e Atlante’’, ‘’Moda e Morte’’. La vitalità antica si oppone all’inerzia moderna: Ercole e Atlante giocano a palla con la Terraterra, leggera e priva di vita, inutile. La Moda ha fatto sparire gli esercizi e le fatiche che fanno bene al corpo e spento nell’uomo il desiderio d’immortalità che era proprio degli antichi. Nel Tristano il ‘’corpo è l’uomo’’, anche nel Parini si svolge l’argomentazione della superiorità dell’azione sul pensare e lo scrivere?<ref name="Vittorio alfieri">Il ripiego dell’uomo sulle lettere e la filosofia è pensiero alfieriano cheilche il parini‘’Parini’’ cita esplicitamente, r.42 p.185.</ref>
 
La teoria del piacere, ovvero la teoria del piacere derivante dall’idea di vastita[[vastità]] e [[indefenito]] è l’argomento più famoso e conosciuto dell’autore, ampiamente esplorato nelle sue opere maggiori, Zibaldone<ref name="Zibaldone piacere"> Vedi Zibaldone pp. 51, 77, 105, 157-158, ‘’’teoria del piacere 165-189’’’, 230, 246, 271, 384, 400-401, 532-535, 646-650, 826-829, 1025, 1044, 1382, 1456-1457, 1464-1465, 1507-1508, 1574-1575, 1580-1581, 1583, 1746, 1758-1759, 1777-1778, 1779, 1826-1827, 1916, 2017-2018, 2157-2159, 2526-2527, 2528-2529, 2549-2555, 2599-2602, 2629, 2685, 2702-2703, 2883-2884, 3315-3316, 3501-3502, 3514, 3525, 3550-3552, 3622, 3713-3715, 3745-3747, 3814, 3823-3824, 3835, 3876-3878, 3895, 3909-3910, 3921, 4043, 4061, 4074, 4087, 4095, 4126, 4127-4132, 4175, 4180-4181, 4250, 4266-4267, 4273-4274, 4283-4284, 4288, 4305, 4415, 4418, 4472.</ref>, Canti e Operette. Ad essa si ricollegano diversi temi minori: la [[noia]], che deriva dall’assuefazionedall’[[assuefazione]] e da una vita priva di grandi azioni (Tasso‘’Tasso’’, Porfirio‘’Porfirio’’),; il ‘’rischio’’ e la ‘’distrazione’’, che allontanano l’uomo dal tedio e per pochi attimi catturano l’essenza della vità, tanto più la si mette in gioco (Colombo‘’Colombo’’, Elogio‘’Elogio degli uccelliuccelli’’, Storia‘’Storia del genere umanoumano’’),; i grandi sentimenti, gli unici in grado di mover il core a grandi azioni,; lo [[stupore]], vissuto nel sogno, attraverso la meraviglia degli antichi, nelnei fanciulli, nei non civilizzati, e nei solitari.
 
Per L.Leopardi la vita è dolore, mentre la morte è cessazione del dolore. E’ un Tematema ricorrentissimo, si può dire il pilastro del suo pensiero. VariIl poeta propone vari modi per combatter il dolore. Lo stesso sonno (Dialogo‘’Dialogo Malambruno e FarfarelloFarfarello’’) aiuta quando rende la relatà vaga e incerta, mai ben definita (secondo la teoria del piacere), oppure attraverso l’assunzione di sostanze narcotiche come gli alcolici (Tasso‘’Tasso’’). La stessa morte non è ‘’molto dissimile dal diletto che è cagionato agli uomini dal languore del sonno, nel tempo che si vengono addormentando‘’ (Ruysch).
 
{{quote|Pare che l’essere delle cose abbia per suo proprio e unico obbietto il morire […] le creature animate […] in tutta la loro vita, ingegnandosi adoperandosi e penando sempre, non patiscono veramente per altro, e non si affaticano, se non per giungere a questo solo intento della natura, che è la morte<ref name="Cantico del gallo silvestre">Cantico del gallo silvestre rr. 68-79.</ref>.}}
Il dolore è il rimedio contro la noia (tasso‘’Tasso’’): ‘’Il sonno, l’oppio e il ‘’dolore’’. E questoQuest’ultimo è il più potente di tutti:, perché‘’perché l’uomo mentre patisce, non si annoia per niuna maniera’’.
Felicità quindi impossibile e patimento necessario. Satira dell’antropocentrismo
 
 
=== Bazzecole grammaticali ===
[[Immagine:VincenzoMonti.jpg|thumb|left|180px|[[Vincenzo Monti]]]]
L’apparenza è quella di una raccolta di pezzi diversi, con notevole impegno espressivo, senza una cornice e privi di collegamento tematico o formale: a volte testi fittizi, manoscritti ritrovati o volgarizzati, contraffati o apocrifi, il lettore è continuamente sorpreso e costretto a seguire il ragionamento da angolazioni sempre diverse; continuità e discontinuità forniscono alleai Operettetesti la loro inconfondibile originalità filosofica, morale e poetica. Le Operette‘’Operette’’ non sono un libro che rilasciarilasciano conclusioni pacifiche, o lascinofanno intravedere un percorso di pensiero compiuto, anzi si trovano alcuni risultati procedendo con la lettura.
(E’ un’opera aperta proprio per quel ‘’trionfo dell’immaginazione e dell’estro che governa l’invenzione in conflitto con l’attesa di una sistematicità che il titolo promette’’<ref name="LC"> L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>. Leopardi attendeva di leggere le prosette alla maniera‘’maniera di LucianoLuciano’’ del Monti,<ref name=" bazzecole grammaticali "> Definite dall’autore “bazzecole grammaticali” definite in un passo dello Zibaldone (p. 1393? E L.in un lettera a PGP. Giordani (n.° 202,)) del 4/08/ agosto 1823.</ref>. Il Monti aveva rivisitato il genere, evitando il tipo abusato del dialogo dei morti, e aveva inserito alcuni dialoghi nei quattro volumi della “Proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario della Crusca”, editi tra il 1817 e il 1824. L.Leopardi aspettò di vedere nel marzo del 1821 gli esemplari montanimontiani prima di cominciare a lavorare su un progetto lucianeo già concepito da tempo). (il personaggio Natura compare in accezione filosofica diversa in due dialoghi)
E’ un’opera aperta proprio per quel trionfo dell’immaginazione e dell’estro che governa l’invenzione in conflitto con l’attesa di una sistematicità che il titolo promette.
(Leopardi attendeva di leggere le prosette alla maniera di Luciano del Monti, “bazzecole grammaticali” definite in un passo dello Zibaldone 1393 – L. a PG n.202, 4/08/1823. Il Monti aveva rivisitato il genere, evitando il tipo abusato del dialogo dei morti, e aveva inserito alcuni dialoghi nei quattro volumi della “Proposta di alcune correzioni e aggiunte al vocabolario della Crusca”, editi tra il 1817 e il 1824. L. aspettò di vedere nel marzo del 1821 gli esemplari montani prima di cominciare a lavorare su un progetto lucianeo già concepito da tempo). (il personaggio Natura compare in accezione filosofica diversa in due dialoghi)
 
== Modelli e fonti==
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Genere di satira risalente all’opera del polemista greco [[Menippeo di Gadara]] (II secolo a. C.), praticato poi da [[Varrone]]; ebbe profondi influssi su [[Petronio]] e soprattutto su [[Seneca]] (Apokolokyntosis) e [[Luciano di Samosata]]. Per quanto se ne sa, la menippea è caratterizzata da mescolanze volutamente disarmoniche tra prosa e versi. La forma letteraria da cui deriva è il [[prosimetro]]. Lo scrittore produce un’alternanza frequente, non episodica, di prosa e versi, esempi – oltre i classici, la ''Vita Nuova'' di [[Dante]], l’''Ameto'' di [[Boccaccio]], l’’’Arcadia’’ di [[Sannazzaro]]); di serietà e comicità (vedi ‘’spoudogeloion’’: è lo stile ’’serio-comico’’ usato dal filosofo greco Menippeo e dalla menippea in generale, in cui è data formulazione scherzosa e trattamento comico ad argomenti filosofici); di realismo popolare e di raffinate citazioni o parodie letterarie.
 
'''Luciano di Samosata''', è stato un retore-narratore dalla ricca vena umoristica vissuto nel II sec. d. C. Nella sua opera imprime nuove tendenze al dialogo, alla parodia e alla satira ''menippea''. Nel ''corpus'' di Luciano figura (non è suo, ma forse deriva da una sua opera narrativa andata perduta) quel Lucio‘’Lucio o l’Asinol’Asino’’ che documenta un perduto modello del romanzo di [[Apuleio]]<ref name="Apuleio">Vedi anche '''Lucio di Patre''': presunto autore di un romanzo Metamorfosi‘’Metamorfosi’’: le generalità concordano con il protagonista del Lucio o l’Asino attribuito a Luciano, e la notizia rinvia al complicato problema delle fonti delle Metamorfosi‘’Metamorfosi’’ apuleiane.</ref>.
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Il modello principale è l'antica [[satira menippea]]. Nelle ''Operette'' domina l'imitazione di Luciano., Lucianoche per L.Leopardi è un modello di stile. In Italia non è mai esistito niente di simile. Ne imita la comicità e le mosse umoristiche e argute, muovendosi dal sostenuto al dialogo basso (imitazione gratuita). La superba orchestrazioneL’orchestrazione dei diversi stilestili sembra prendere il sopravvento (perquando meglios’inizia intraprendere il suoun discorso disul verità)vero.
Interessante, un’estrema variazione all’interno delle stesse operette: su tutte Federico Ruysch (novella fantastica, teatro comico, dialogo dei morti e coro finale – che ripropone un genere molto antico-), Il cantico (canto ridotto in prosa, temi comici accanto a temi biblici, contrasti che nella scrittura ricordano lo stile ebraico o il moderno francese.
 
Interessante,Molto un’estremaimportante è la variazione all’interno delle stesse operette‘’Operette’’, in cui i numerosi inserti ‘’enfatizzano il [[paratesto]] per svuotarlo di significato’’<ref name="LC"> L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>: su tutte Federico‘’Federico RuyschRuysch’’, in cui troviamo contemporaneamente, (novella fantastica, teatro comico, dialogo dei morti e coro finale – che ripropone un genere molto antico-), Il‘’Il canticocantico’’, (canto ridotto in prosa, temi comici accanto a temi biblici, contrasti che nella scrittura ricordano lo stile ebraico o il moderno francese ecc.
{{quote|Lo scriver francese tutto staccato, dove il periodare non è mai legato col precedente[…], il cui stile non si dispiega mai, […] è una specie di Gnomologia . In questa qualità, lo scriver francese rassomiglia allo stile orientale il quale anch’esso […] è tutto spezzato come si vede ne’ libri poetici e sapienzali della scrittura.<ref name="Zibaldone 2615">Vedi Zibaldone pp. 2615-16</ref>.}}
 
{{quote|Lo scriver francese tutto staccato, dove il periodare non è mai legato col precedente[…], il cui stile non si dispiega mai, […] è una specie di Gnomologia . In questa qualità, lo scriver francese rassomiglia allo stile orientale il quale anch’esso […] è tutto spezzato come si vede ne’ libri poetici e sapienzali della scrittura.<ref name="Zibaldone 2615">Vedi Zibaldone pp. 2615-16</ref>.}}
La finzione del manoscritto ha come prototipo il [[Pulci]] (L. Pulci Morante maggiore, XIX vv. 153-54) oppure narrazione e dialogo che si fondono all’interno del Prometeo e dell’Islandese.
 
Il Parini in alcune sue parti appare come un trattato alla maniera di [[Cicerone]].
La finzione del manoscritto ha come prototipo il [[Pulci]]<ref name="Pulci">L. Pulci, ‘’Morante maggiore’’, XIX vv. 153-54 </ref>.}}, mentre il ‘’Prometeo’’ e l’’’Islandese’’ sono il miglior esempio di fusione narrazione e dialogo. Il ‘’Parini’’ in alcune sue parti appare come un trattato alla maniera di [[Cicerone]].
La‘’La scrittura alla maniera di LucianoLuciano’’ è una scelta che mira ad innalzare la commedia e il miglior procedimento per assecondare la sua immaginazione, sicuramente non un semplice esercizio retorico, o “bazzecole grammaticali”.
 
Non si trova nella [[Letteratura italiana|letteratura italiana]] un modello per le Operette‘’Operette’’ ovvero un ''altro libro di argomento profondo e tutto filosofico e metafisico''<ref name="Libro profondo">(Lettera aad AFSAntonio Fortunato Stella, del 6 dicembre 1826) </ref>
La scrittura alla maniera di Luciano è una scelta che mira ad innalzare la commedia e il miglior procedimento per assecondare la sua immaginazione, sicuramente non un semplice esercizio retorico, “bazzecole grammaticali”.
Per la contaminazione di generi e la vari registri stilistici interni L.Leopardi è stato preceduto dall’albertidall’Alberti delle ''Intercenales''<ref (chename="Alberti"> L.Testo nonche conoscevail assolutamenteLeopardi notanon LC)conosceva.</ref>.
L’erudizione, quindi le sterminate fonti e riferimenti culturali, dotti, èsono un travestimento letterario responsabile‘’responsabile del tono ludico e parodico del testo (notatesto’’<ref name="LC)"> L. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>.
 
Leopardi si rifà al genere espresso da Luciano e gli autori che ad esso si sono ispirati, come il Machiavelli di ViaVita di Castruccio Castracani o la ViataVita di Leon Battista Alberti, in chiave moderna ''Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman'' (vedi l’Ottonieri<ref name="Detti memorabili">. La novella ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'' riprende anche i ''memorabilia'' di [[Socrate]], stesi dai suoi allievi, in particolare [[Senofonte]].</ref>) di [[Thomas Luis Sterne.]] <ref name="Foscolo"> Modello ripreso già da [[Foscolo]] con la Notizia intorno a Didimo Chierico. </ref>. Per la battuta di Malambruno (‘’Fammi felice per un momento di tempo’’) e il gioco a palla di Ercole e Atlante è stato tirato fuori il [[Faust]] di [[Goethe]]<ref name="Marzot">G. Marzot, ‘’Storia del riso leopardiano’’, Messina-Firenze 1966.</ref>.
Non si trova nella [[Letteratura italiana|letteratura italiana]] un modello per le Operette ovvero un ''altro libro di argomento profondo e tutto filosofico e metafisico'' (Lettera a AFS 6 dicembre 1826)
Per la contaminazione di generi e la vari registri stilistici interni L. è stato preceduto dall’alberti delle ''Intercenales'' (che L. non conosceva assolutamente nota LC)
L’erudizione, quindi le sterminate fonti e riferimenti culturali, dotti, è un travestimento letterario responsabile del tono ludico e parodico del testo (nota LC).
 
[[Socrate]] rappresenta un modello di filosofia, fondatore della morale della cultura occidentale: Leopardi riteneva proprio l’etical’[[etica]] la parte più importante della filosofia in generale. Tuttavia in alcuni momenti dell’Ottonieri, finisce per costruire un testo di maniera, molto libresco e poco vero.
Leopardi si rifà al genere espresso da Luciano e gli autori che ad esso si sono ispirati, come il Machiavelli di Via di Castruccio Castracani o la Viata di Leon Battista Alberti, in chiave moderna ''Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman'' (vedi l’Ottonieri<ref name="Detti memorabili">. La novella ''Detti memorabili di Filippo Ottonieri'' riprende anche i ''memorabilia'' di [[Socrate]], stesi dai suoi allievi, in particolare [[Senofonte]].</ref>) di Thomas Luis Sterne. Modello ripreso già da Foscolo con la Notizia intorno a Didimo Chierico. Per la battuta di Malambruno (‘’Fammi felice per un momento di tempo’’) e il gioco a palla di Ercole e Atlante è stato tirato fuori il Faust di Goethe<ref name="Marzot">G. Marzot, ‘’Storia del riso leopardiano’’, Messina-Firenze 1966.</ref>.
 
Buona parte dei Dialoghidialoghi leopardiani possiede una natura filosofica di matrice scettica, caratteristica della letteratura moralistica, sia antica (lucianoLuciano) che moderna (illuminismo[[Illuminismo]]). Per difendere le sue convinzioni dall’attacco del [[Tommaseo]], il poeta si rifà, per esempio, al pirronismo di Boyle:
Socrate rappresenta un modello di filosofia, fondatore della morale della cultura occidentale: Leopardi riteneva proprio l’etica la parte più importante della filosofia in generale. Tuttavia in alcuni momenti dell’Ottonieri, finisce per costruire un testo di maniera, molto libresco e poco vero.
 
Buona parte dei Dialoghi leopardiani possiede una natura filosofica di matrice scettica, caratteristica della letteratura moralistica, sia antica (luciano) che moderna (illuminismo).
Per difendere le sue convinzioni dall’attacco del Tommaseo, L. si rifà al pirronismo di Boyle:
{{quote|Che i miei principi sieno tutti negativi, io non me ne avveggo; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia, perché mi ricordo di quel detto di Bayle; che in metafisica e in morale, la ragione non può edificar, ma solo distruggere<ref name="Boyle">Lettera AFS 23 agosto 1827.</ref>.}}
 
Tolto Luciano, i modelli più significativi da un punto di vista di gusto meramente letterario sono principalemtne illuministi. Di [[Fontanelle]] apprezza la ''superficialità'' e la ''leggerezza''; il cinismo di [[Voltaire]] nel suo Candido si affaccia sullo stato d’animo dell’Islandese. La battuta di un personaggio di Christoph Martin Wieland sono all’origine della misantropia di Eleandro. Sul fronte italiano Ariosto è un autore particolarmente caro al nostro che nel Dialogo terra Luna esprime al meglio il suo ''stile comico''.
Vastissima invece la mole di fonti letteraie citate più o meno direttamente dall’autore e che appartengono al suo bagaglio culturale<ref name="BC">Spesso Leopardi riporta studi e teorie di lavori precedenti che raccolgono i suoi studi come il ‘’Saggio sugli errori popolari degli antichi, Storia dell’Astronomia, Dialogo sullo stato presente dei costumi degli italiani, Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica.</ref>, sono informazioni importanti funzionali alla creazione di un’atmosfera di divertita erudizione all’interno del testo, uno sfoggio di cultura ironica perché volutamente frivola<ref name="Studio delle fonti">Non è stato ancora svolto, come nei lavori filologici per lo Zibaldone e i Canti, uno studio comparato degli autori e dei testi che hanno influenzato la stesura delle Operette‘’Operette’’.</ref>.
Non semplice è il lavoro stesso di ricerca data l’alta frequenza di informazioni puntulaipuntuali e dottrine in cui s’inseriscono, secondo il gusto tipico dell’autore, notizie curiose e bizzarre,. difficileDifficile quindi distinguerdistinguere all’interno del teso ‘’l’ironia allusiva da ciò che è riuso poetico, memoria (volontaria o involontaria). Resta che la scrittura di Leopardi comporta sempre un fitto dialogo intertestuale’’ <ref name="LC5LC">Nota LCL. Celerino, ''Giacomo Leopardi, Operette morali, Letteratura italiana – Le Opere vol. III'', Torino, UTET, 1995.</ref>.
 
== Lingua e stile ==
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{{quote|Chiunque vorrà far bene all’Italia, prima di tutto dovrà mostrarle una lingua filosofica, senza la quale io credo ch’ella non avrà mai letteratura moderna sua propria, e non avendo letteratura moderna propria, non sarà mai più nazione<ref name="Stile lingua italiana">Lettera a PG 13 luglio 1821</ref>.}}
 
Lo stile delle Operette‘’Operette’’ è incisivo, ironico e serrato, caratterizzato da un linguaggio chiaro e puntuale, con l'effetto di trattare con estrema lucidità le tematiche fondamentali.
 
Leopardi rifiuta le due soluzioni moderne: puristica da un lato, francesizzante dall’altro. Scartato anche il modello ‘’ipotattico’’, latineggiante, caro all’amico Giordani. La scelta è per il recupero nell’italiano, a tutti i suoi livelli (popolare incluso), di tutto quello che c’era di analogo al greco attico. La bellezza della lingua italiana, ricchissima di varietà<ref name="Varietà lingua italiana">[…] quella sua immensa facoltà di dare ad una stessa parola, diverse forme, costruzioni, modi [...]. Zibaldone, pp. 1332-34 (17 luglio 1821)</ref>, avrebbe recuperato una lingua antica ma funzionale.
Quello che l’autore ottiene costruendosi un linguaggio ad hoc è principalmente una semplificazione sintattica: meno ricorso all’ipotassiall’[[ipotassi]], alle figure retoriche, all’inversione dell’ordine delle parole. Importanti i procedimenti che individuano l’intensificazione emozionale: moltiplicazione verbale e accumulo di proposizioni; uso di elativi e di voci perplesse e indefinite.
 
Molte Operette hanno la struttura del dialogo, sulla base dello stile della trattazione filosofica dell'antica [[Grecia]] o del settecento [[illuminismo|illuminista]]; lenelle narrative, sempremostrano Luciano,l’impronta anche di [[Cicerone]], [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], [[Cervantes]], [[Ugo Foscolo|Foscolo]], [[Goethe]], [[Sterne,]] e l’[[Vittorio Alfieri|Alfieri]].
 
===Uso del paradosso===
La tecnica usata dall’autore viaggia come altre soluzioni su due piani: uno strutturale, lo scrivere un libro di filosofia morale per vivere meglio, consapevole dell’impossibilità di arrecare qualche bene; l’altro microstrutturale, il riprendere all’interno dei dialoghi sentenze antiche e motti moderni<ref name="Paradosso"> ‘’Uno di D’Alambert in ‘’Natura e anima’’: ‘’Va figliuola mia prediletta, che tale sarai tenuta e chiamata per lungo ordine di secoli. Vivi e sii grande e infelice’’ rr. 1-3; uno di ‘’Pirrone’’ in ‘’Fisico e Metafisico’’: ‘’[[…]] [La vita] dà luogo a creder vera quella sentenza di Pirrone, che dalla vita alla morte non è divario. Il che se io credessi, ti giuro che la morte mi spaventerebbe non poco. Ma in fine, la vita debb’essere viva, cioè vera vita; o la morte la supera incomparabilmente di pregio. rr.272-273</ref>.
InsimeInsieme con l’ironia non può essere separata dal discorso leopardino ma considerata parte necessaria del suo pensiero filosofico.
 
=== Prosopopea ===
Il continuo ricorso di Leopardi ad esseri immaginari, (gnomi, folletti, mummie...), storici ([[Torquato Tasso]], [[Cristoforo Colombo]], il [[Parini]]...), mitologici ([[Ercole]], [[Atlante]], [[Giove (divinità)|Giove]]...), filosofici ( [[Plotino]], [[Porfirio]], [[Amelio]]...), letterari ([[Malambruno]], [[Farfarello]]...), comuni (passeggeri, islandesi, venditori ambulanti...), inanimati (la Terra, la Luna...), simbolici (la Natura, l'Anima, la Morte, la Moda...) sono una satira dell’antropocentrismo, la derisione del progresso moderno e di una società in cui prevale un odio distruttore. Tutti i protagonisti possiedono una forte rappresentatività simbolica, ottenuta attraverso la tecnica dello straniamento e della [[prosopopea]] che rende animati elementi che non lo sono.
 
Leopardi non ha mai voluto comparire nel testo. Nega la sua realtà di personaggio ideologico.
L'autore non compare mai in prima persona, nessun personaggio è Giacomo, tutti sono complici, portavoci del suo pensiero: il ricorso alla continua citazione, al paradosso e all'ironia provocano nel lettore un senso di straniamento e sorpresa; una condizione, fortmente cercata da Leopardi, che la personificazione, a qualsiasi livello, finirebbe per annullare.
 
“Avrei{{quote|Avrei voluto fare una prefazione alle Operette morali, ma mi è paruto che quel tuono ironico che regna in esse, e tutto lo spirito delle medesime escluda assolutamente un preambolo; e forse Ella, pensandovi, converrà con me che se mai opere dovette essere senza prefazione, questa lo debba in particolar modo.<ref L.name="Stella aPrefazione">Lettera AFSad Aantonio Fortunato Stella del 10/06/ giugno 1826</ref>. }}
 
L'autore non compare mai in prima persona,Nessun nessun personaggioprotagonista è Giacomo, tutti sono complici, portavoci del suo pensiero: il ricorso alla citazione continua, citazioneall’argomentazione discorsiva da un lato, alle preoccupazioni didascaliche, il paradosso e alll'ironia dall’altro, provocano nel lettore un senso di straniamento e sorpresa; una condizione, fortmente cercata da Leopardidall’autore, che la personificazione, a qualsiasi livello, finirebbe per annullare.
 
== Storia delle edizioni ==
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[[it:Giacomo Leopardi]]
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'''Grassetto'''