Jukos: differenze tra le versioni

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Nonostante le grandi potenzialità dell'azienda (oltre 33 milioni di tonnellate di greggio all'anno e riserve pari a 12,2 miliardi di barili), in seguito a due anni di gestione poco oculata da parte del direttore Sergei Muravlenko (ed una bancarotta per 3,5 miliardi di dollari), la compagnia petrolifera venne messa all'asta nell'ambito delle privatizzazioni del programma Prestiti-per-Azioni varato dal governo (allora presieduto da [[Viktor Černomyrdin]]) con lo scopo di cedere ad un privato una importante azienda del comparto energetico russo.
 
L'asta per la cessione di una consistente quota di Yukos si svolse l'8 dicembre 1995: essa venne chiaramente pilotata in favore della banca Menatep del magnate [[Michail Borisovič Chodorkovskij]] che, facendo leva sugli stretti legami con il [[Cremlino]] (egli era infatti stato consigliere del primo ministro Silayev e successivamente primo vice-ministro di Vladimir Lopukhin nel dicastero dell'Energia) e sui sostanziosi fondi messi a disposizione in occasione dell'approssimarsi delle elezioni presidenziali del marzo 1996 in favore di Elstin, potèpoté entrare in possesso del 45% di Yukos al prezzo di 159 milioni di dollari. Nello stesso periodo riuscì ad entrare in possesso di un ulteriore pacchetto azionario della compagnia petrolifera grazie ad un'altra asta d'investimento, giungendo al controllo di oltre il 70% della compagnia.
 
Con la vittoria di [[Eltsin]] alle urne e la sicurezza di poter operare con la protezione del presidente, Chodorkovskij potèpoté occuparsi della ristrutturazione interna della compagnia, affrontando una fase molto difficile (caratterizzata dalla crisi asiatica del triennio 1997-1999 che avrà in Russia le sue più drammatiche ripercussioni con la crisi finanziaria dell'agosto 1998) e superando le vertenze con l'investitore americano Kenneth Dart attraverso la sua estromissione.
 
La fine della crisi economica e la progressiva crescita del prezzo del barile cominciano a dare qualche boccata d'aria a Yukos. Ma non sono solo elementi di carattere esogeno a far ben sperare: la rotta manageriale di Chodorkovskij, caratterizzata da una politica di investimento (soprattutto attraverso l'acquisizione di svariate concessioni estrattive e impianti di raffinazione sparsi per tutta la Siberia) e da parametri di ottimizzazione delle risorse prettamente occidentali, fanno crescere la produzione e le vendite dell'azienda, le cui azioni passano dai 67,5 dollari dell'agosto 1999 ai 138 del luglio 2000.