Per capire a fondo il Kabuki bisogna considerare che, quando parliamo di forma teatrale, facciamo mentalmente riferimento al significato che questa espressione artistica ha avuto in occidente, a partire dalla [[Grecia]]. Ma la struttura del Kabuki è molto diversa dallo schema del teatro occcidentale e ciò ha portato taluni a giudizi abbastanza riduttivi. Di fatto le opere non trattano mai argomenti di ordine generale, questioni esistenziali o riflessioni filosofiche derivanti dall'analisi degli avvenimenti. Quindi sono del tutto assenti situazioni quali, ad esempio, un monologo [[william Shakespeare|scespirianoshakespeariano]] sulla caducità della vita umana o considerazioni dei protagonisti su questioni di carattere politico. Ciò non è che il riflesso del pragmatismo dei ''[[chōnin]]'' e di quella che era la loro ideologia. Anche la trama e la caratterizzazione dei personaggi sono abbastanza fragili. Le opere sono spesso confezionate a più mani, ognuno dei coautori si occupava di una singola sezione. Il che comportava scarsa unitarietà dell'insieme. In compenso le singole parti, spesso rappresentate autonomamente in sorta di raccolte di scene celebri, sono compiute nella loro struttura. Come per il [[Nō]], e del resto per tutta la [[giappone#arte|cultura artistica giapponese]], vale, anche per il Kabuki, il principio secondo cui non viene assegnata preponderanza, come in occidente, alla comunicazione verbale. E spesso ciò comporta un lettura più difficile e sottile (soprattutto per un occidentale) delle singole situazioni. Le vicende sono espresse attraverso l'emotività dei singoli personaggi, il particolare prevale sempre su considerazioni morali o politiche di carattere generale. Ma proprio per questo la tensione emotiva è altissima così come la comunicazione, spesso non verbale, di situazioni emotive forti.