Buona fede: differenze tra le versioni

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buona fede
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Il principio di buona fede è un topos ricorrente nella tradizione giuridica occidentale, per cui i rapporti fra consociatisoggetti giuridici non devono essere fondati solo sul timore della sanzione ma anche sulla correttezza.
 
Un comportamento oggettivamente corretto, ovvero non lesivo in alcun modo di un altro soggetto, fa presumere una volontà di agire in maniera corretta ossia una "bona fides".
 
La buona fede dunque corrisponde all'agire di un soggetto che non intende ledere nessuno, né ha un minimo sospetto che il suo comportamento possa essere lesivo.
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Art. 1147 Possesso di buona fede E' possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto (535). La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave. La buona fede e presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto.
La buona fede è richiesta sia nello svolgimento delle trattative,sia nella formazione del contratto,sia nell'interpretazione del contratto, sia nell'esecuzione del contratto.Esempio di mancanza di buona fede nelle trattative è l'improvvisa e immotivata rottura delle stesse quando la controparte aveva ormai motivo di credere che queste sarebbero giunte al termine.La violazione del dovere di buona fede comporta di regola l'obbligazione di risarcire il danno causato alla controparte.
 
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La disciplina pone la distinzione tra due categorie di buona fede:
- buona fede soggettiva: ignoranza di ledere una situazione giuridica altrui (art. 1147 Possesso di buona fede)
- buona fede oggettiva(o Correttezza): è il generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di condotta nei rapporti tra i soggetti. impone di considerare interessi che non sono oggetto di una tutela specifica, e impone la lealtà del comportamento nell'esecuzione della prestazione. (la ritroviamo nel codice, ad esempio, nel 1337)