Giovanni Raimondo Torlonia: differenze tra le versioni

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Alla fine del [[XVIII secolo|'700]] i [[Torlonia]] erano mercanti di tessuti e sarti in [[piazza di Spagna]] che, forti anche delle relazioni sociali create dall'attività commerciale, avevano fondato anche una piccola banca.
</br>Fu questa il trampolino di lancio del vero artefice delle fortune della famiglia, '''Giovanni Raimondo Torlonia''' ([[Siena]], [[1754]] - [[Roma]], [[25 febbraio]] [[1829]]).
<br>In decenni durante i quali l'Europa subiva trasformazioni radicali, la società dello [[Stato pontificio]] permaneva immobile, e la nobiltà romana era nota per essere tra le più ignoranti e retrive d'Italia: abbandonati nelle mani di fattori più o meno infedeli, i grandi feudi rendevano ben poco e la liquidità scarseggiava. L'occupazione [[Napoleone Bonaparte|napoleonica]] dell'Italia aveva aggravato ulteriormente la situazione.
 
In questo contesto Giovanni Torlonia, che nel periodo in cui Roma era stata occupata dalle [[Napoleone Bonaparte#La_Campagna_d.27Italia|truppe napoleoniche]] aveva realizzato anche fortunate speculazioni con i Francesi, ebbe buon gioco ad offrire ai nobili romani prestiti garantiti dalle loro proprietà fondiarie e immobiliari, attraverso il Banco Marino Torlonia, divenuto in seguito Banco Torlonia e Compagni, liquidato poi, nel [[1863]], dal figlio Alessandro, ormai principe.
</br>Grandi patrimoni finirono così nelle sue mani, ulteriormente impinguati dall'essere egli divenuto il ''dominus'' delle forniture pubbliche papaline, una volta caduti i francesi.
 
Erano tempi in cui i grandi arricchimenti dovevano ancora essere giustificati di fronte a Dio e "nobilitati" di fronte agli uomini.
</br>All'indulgenza divina Torlonia provvide con la fondazione di scuole, orfanotrofi ed ospedali per i poveri e con il restauro di chiese, tra cui la [[Basilica dei Santi Apostoli]].
Per nobilitare la famiglia Torlonia cominciò invece a comprare, mentre acquisiva terre palazzi e collezioni d'arte, anche alcuni dei relativi titoli nobiliari: nel [[1803]] il ducato di [[Bracciano]] e la Contea di Pisciarelli dagli [[Odescalchi]]; nel [[1809]] il marchesato di Romavecchia e Turrita; nel [[1820]] i ducati di Poli e Guadagnolo dai [[Conti]]; nel [[1822]] Capo di Monte, Morata e Bisenzio dal Principe Poniatowski.
 
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E siccome lo status principesco richiedeva un adeguato programma di visibilità pubblica, esso fu realizzato supportando istituzioni benefiche, ripristinando chiese, ma soprattutto dotando la famiglia dei simboli di status della nobiltà romana storica: il palazzo di città, la tenuta, la villa suburbana.
</br>Fu acquistato così nel [[1807]] - e ristrutturato alla grande - il palazzo di città (e fu a [[Piazza Venezia]], demolito nel [[1903]] per la sistemazione del [[Vittoriano]]; il palazzo di famiglia rimase quindi - ed è ancora - quello già dei Giraud a via della Conciliazione, che un ponte di legno oggi demolito congiungeva al [[Passetto di Borgo]]).
</br>Nel [[1809]], insieme al marchesato, fu comprata la tenuta di ''Roma Vecchia'', detta anche ''Lo Statuario'' (noto oggi come [[Villa dei Quintili]]), sull'[[Appia Antica]].
</br>Quanto alla villa suburbana, fu scelta la proprietà dei Colonna sulla via Nomentana che era stata comperata già nel [[1797]], affidandone la trasformazione in [[Villa Torlonia (Roma)|Villa Torlonia]], all'architetto più in voga dell'epoca, il [[Giuseppe Valadier|Valadier]]. Tre generazioni di Torlonia vi apportarono modifiche secondo lo spirito dei tempi di ciascuno.
 
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