Riccardo Fedel: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Hamletnico (discussione | contributi)
cambio titolo per pdv neutrale
Riga 47:
A rastrellamenti esauriti e dopo la riorganizzazione delle forze partigiane avvenuta ai primi di maggio del '44 <ref>La formazione di montagna venne rinominata 8^ Brigata Garibaldi 'Romagna' mantenendo al suo comando Pietro.</ref>, Tabarri invierà in pianura (giugno 1944) un "rapporto generale"<ref>Reperibile anche presso ISTITUTO NAZIONALE PER LA STORIA DEL MOVIMENTO DI LIBERAZIONE IN ITALIA – ISTITUTO GRAMSCI, a cura di Giampiero CAROCCI e Gaetano GRASSI, Le Brigate Garibaldi nella Resistenza, 3 voll., Feltrinelli, 1979</ref>, secondo alcune fonti autoapologetico<ref>Il rapporto dell'ufficiale di collegamento del CUMER, inviando il documento al comando generale a Milano, afferma ''"In queste pagine si nota con tutta evidenza la preoccupazione del comandante della divisione di dare una spiegazione al crollo delle sue formazioni (...) Queste 'cronache', dove affiora in qua e in là uno spirito di autodifesa, ci danno però tutta una serie di insegnamenti"'', rep. in INSMLI-Istituto Gramsci, a cura di Carocci-Grassi, cit. vol I, p. 419</ref>, nel quale egli muove a Libero gravi accuse. Già prima, durante i rastrellamenti, Pietro aveva inviato in pianura il commissario politico della Brigata, da lui nominato, Savio (Luigi Fuschini), per riferire al comando di pianura delle difficoltà in cui versava la Brigata e dei motivi e delle circostanze che avevano portato alla rimozione di Libero dal Comando: ed infatti Boldrini registra nel suo ''Diario di Bulow'' in data 27 aprile 1944: "''(...) Intanto Savio ci raggiunge. Dalla sua informazione risulta che si sono costituite, alla fine di marzo, tre brigate (...). Non è stato facile sostituire Libero che comandava con metodi autoritari. Il comando del gruppo 'brigate romagnole' è stato assunto da Pietro (...) capo di stato maggiore Libero (...). Dalle notizie che ci fornisce Savio, sembra che Libero abbia in passato trattato col nemico per una tregua concordata e che sia scappato prelevando alcuni fondi. Rimaniamo costernati. È il primo caso di un così alto tradimento!''". Accuse alle quali Libero non poté replicare personalmente. Peraltro, sempre nel suo "diario" Bulow annota in data 11 maggio 1944: "''(...) raggiungo 'casa Spada d'Oro' per discutere di Zita -la compagna che convive con Libero- e del comportamento di Libero. Apprendiamo dai compagni (...) che Libero è transitato in bicicletta per raggiungere il Ferrarese o il Veneto. (...) Dopo lunga e animata discussione, convinciamo Zita a mettersi in contatto con Libero per un suo ritorno al comando dell'8a Brigata. Speriamo che le cose procedano come abbiamo deciso.''".
Secondo quanto indica [[Angelo Giovannetti]] (Il Moro), Libero sarebbe stato rintracciato ed imprigionato a Cervia, per essere sottoposto ad un interrogatorio "''stringente e duro''". Lo stesso Giovannetti in una lettera osserva che "''la polizia lo cerca e, se cadesse nelle sue mani, sarebbe un serio pericolo per l'organizzazione; con questo elemento bisogna andarci molto cauti come con la dinamite...''"<ref>Lettera al C.M.P. datata presumibilmente 21 maggio 1944, cit. in Luigi Martini, Le Ville Unite e il Distaccamento Settimio Garavini, Edizioni del Girasole, Ravenna, 1995, p. 55 e s.</ref>.
====UccisioneMorte====
Al termine di questa confusa fase, a quel che si sa, Libero sarebbe stato 'giustiziato' dai partigiani. Tuttavia, il suo corpo non sarà mai ritrovato e Riccardo Fedel sarà ufficialmente dato per disperso. Nel [[1945]], dopo la [[Liberazione]], Bulow affermerà in una lettera alla famiglia di Riccardo Fedel di non avere più avuto notizie sulla sua sorte, dopo la primavera del '44, riconfermando i suoi sentimenti di amicizia verso Libero<ref>Cit. in N. Graziani, op. cit.</ref>. È solo nel dopoguerra che Ilario Tabarri dichiarerà (ma solo in sedi non ufficiali) di aver comminato una sentenza di morte nei suoi confronti per diserzione e disobbedienza<ref>La circostanza della accusa di diserzione mossa a Libero venne registrata per la prima volta nel 1969 da Sergio Flamigni nel suo "Resistenza in Romagna", pur senza espliciti riferimenti alla citata sentenza.</ref>.