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SANT’AMBROGIO DI ROMA
Oreste Malatesta
Alcuni mesi fa, durante una cena con due amici, un tedesco e un milanese, ho assistito ad un vivace dibattito sulle origini di Sant’Ambrogio da Milano. Il primo affermava che Ambrogio fosse tedesco per il fatto che nacque a Treviri (nel 339). Il secondo riteneva fosse milanese in quanto di questa città fu prefetto imperiale, prima, e vescovo, poi. Quando essi chiesero il mio parere li sconcertai perché, mortificando il loro comune e forte complesso antiromano, dissi che Sant’Ambrogio era de Roma, e che certamente ha avuto a che fare con il mio Soratte, alle falde del quale la sua famiglia possedeva delle terre.
All’amico tedesco ricordai che Ambrogio era il terzo di tre fratelli e che gli altri due (Marcellina e Satiro) nacquero a Roma da genitori romani de Roma. Ambrogio Aurelio (che assunse il cognome della madre, appartenente alla famiglia senatoriale romana degli Aureli) venne alla luce a Treviri, perché suo padre (della famiglia senatoriale romana dei Simmachi) vi era stato inviato quale prefetto imperiale. Ma Ambrogio rimase a Treviri solo per tre anni: la madre, infatti, dovette riportare a Roma il nucleo familiare perché il marito fu ucciso durante una rivolta antiromana. Successivamente Ambrogio non mise più piede in Germania, né ebbe modo di assumere quell’antipatica cadenza teutonica, perché trascorse la sua adolescenza e gioventù a Roma, ove studiò e si formò.
All’amico milanese feci presente che Ambrogio entrò per la prima volta a Milano (città che era, insieme a Roma, Costantinopoli e Treviri, capitale dell’impero) a 32 anni, per farvi il prefetto e che vi divenne vescovo, a 35 anni, per un fatto curioso. In qualità di prefetto fu chiamato a sedare un rissa insorta tra Ariani e Cattolici, che non riuscivano a trovare l’accordo sulla nomina del vescovo. Durante il suo intervento armato (con 100 soldati) un bimbo urlò “Ambrogio vescovo!”. Improvvisamente lo scontro si placò e sul nome di Ambrogio vi fu l’unanimità. Così il romano Ambrogio, che stava ancora ultimando il catecumenato, diventò vescovo di Milano: in seguito i milanesi non ebbero mai più un vescovo così santo e così grande.
Ho invitato i miei due amici a leggere le opere di Sant’Ambrogio, dalle quali affiora continuamente la sua vantata romanità. Non soltanto lui, ma anche i milanesi di quel tempo (che erano molto più saggi di quelli di oggi) si sentivano romani, essendo stata Milano fondata dai romani.
Non solo Sant’Ambrogio era di Roma, ma, a mio parere, egli ha avuto a che fare con il Soratte, quando amministrò, prima di trasferirsi a Milano, i fondi della sua famiglia.
Due indizi mi portano a formulare tale (non dimostrata) ipotesi.
Il primo è questo: Santa Galla, che ha donato i terreni per costruire la Chiesa di Sant’Andrea in Flumine, presso Ponzano Romano, e la Curtis Sancti Eristi, ai piedi del Soratte, apparteneva alla stessa famiglia di Sant’Ambrogio: anch’ella proveniva dalla nobile famiglia romana dei Simmachi, proprietaria di grandi latifondi intorno a Roma, oltre che in Sicilia ed in Africa. E’ noto che Ambrogio incaricò il fratello Satiro di vendere tutte le sue proprietà siciliane e africane per donarne il ricavato ai poveri della sua diocesi, ma non le proprietà familiari della campagna romana. Pertanto i fondi posseduti sotto il Soratte da Santa Galla (che ne destinò una parte alle fondazioni di Sant’Andrea in Flumine e di Sant’Edisto), potrebbero provenire dall’asse ereditario di Sant’Ambrogio, di Santa Marcellina e di San Satiro, i quali, avendo tutti abbracciato la vita religiosa, non si sposarono e, quindi, non ebbero figli, né eredi diretti.
Il secondo indizio è la presenza in territorio santorestese, nella zona di Monte Pepe ai confini con Rignano Flaminio, di una chiesa, ormai distrutta, intitolata a “Santo Vittore”: un soldato africano al servizio dell’esercito romano a Milano, un martire di cui Sant’Ambrogio ha rinvenuto miracolosamente le spoglie e che ha venerato e proposto alla (ancor’oggi molto sentita) venerazione dei milanesi. Poiché San Vittore non è un santo tradizionalmente onorato dai romani, ma dagli ambrosiani, si potrebbe ipotizzare che la dedica di una chiesa a questo martire, nella nostra zona, sia stata originata dall’amore che gli eredi di Sant’Ambrogio nutrivano verso il loro santo parente, vescovo di Milano.
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