Persecuzione dei cristiani: differenze tra le versioni

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Secondo quanto riportato dal Nuovo Testamento, la persecuzione dei seguaci di Gesù continuò dopo la sua morte. [[San Pietro|Pietro]] e [[San Giovanni apostolo|Giovanni]] vennero imprigionati dai capi dei giudei, tra i quali c'era l'alto sacerdote Annas, che comunque li rilasciò in seguito (Atti 4:1-21). In un altro momento, tutti gli apostoli vennero imprigionati dall'alto sacerdote e da altri [[Sadducei]], per poi venire liberati da un [[angelo]] (Atti 5:17-18). Gli apostoli, dopo essere fuggiti, vennero portati nuovamente davanti al Sinedrio, ma questa volta Gamaliele (un [[Fariseo]] ben noto dalla letteratura rabbinica) convinse il Sinedrio a liberarli (Atti 5:27-40), cosa che il Sinedrio fece dopo averli fustigati.
 
Il Nuovo Testamento racconta della lapidazione di [[Santo Stefano|Stefano]] (Atti 6:8-7:60) da parte dei membri del Sinedrio. Stefano viene ricordato nella cristianità, come il primo [[martire]] (termine derivato dalla parola greca "martyros", che significa "testimone"). L'esecuzione di Stefano venne seguita da una grande persecuzione (Atti 8:1-3), guidata da un fariseo chiamato [[Paolo di Tarso]] (detto anche Saul), che gettò molti cristiani in prigione. Secondo il Nuovo Testamento, questa persecuzione continuò fino a quando Paolo disi convertì al cristianesimo, apparentemente dopo aver visto una luce brillante ed aver udito la voce di Gesù, mentre era sulla strada per [[Damasco]], dove si stava recando per eseguire altri imprigionamenti di cristiani (Atti 9:1-22). Negli Atti 9:23-25 viene riportato che "i giudei" di Damasco cercarono allora di uccidere Paolo. Essi lo stavano attendendo alle porte della città, ma egli riuscì ad evadere venendo calato con una cesta dalle mura cittadine, con l'aiuto di altri cristiani, e trovò rifugio a [[Gerusalemme]]. Comprensibilmente, ebbe inizialmente delle difficoltà a convincere i cristiani di Gerusalemme che lui, il loro persecutore, si era veramente convertito ed era diventato a sua volta un perseguitato (Atti 9:26-27). Venne compiuto un altro attentato alla sua vita, questa volta da parte degli "Ellenisti" (ci si riferisce qui ad un gruppo di ebrei ellenici (Atti 9:29)), coi quali discusse mentre si trovava a Gerusalemme o nei dintorni.
 
Esiste un dibattito sul motivo per cui Paolo, prima della sua converisone, aveva perseguitato i cristiani. Una possibilità è che stesse punendo gli ebrei che non osservavano più la [[Halakha|legge ebraica]]. Ciò sembra però improbabile, in parte perché l'arrivo del messia non era all'epoca una ragione per abbandonare la legge; in effetti, alcuni studiosi ritengono che non fu che dopo la conversione di Paolo che i cristiani iniziarono a predicare questa pratica. Inoltre, esistono prove che gli apostoli osservarono almeno in parte la legge ebraica. Un'altra possibilità è che stesse punendo gli ebrei cristiani perché erano considerati blasfemi, sia per aver sostenuto che [[Dio]] si era fatto uomo, sia per aver diffamavano le autorità ebraiche accusandole di uccidere tanto Dio quanto i profeti che ne avevano annunciato la venuta. Altra possibilità è che stesse punendo i gentili che non osservavano la legge ebraica. Questa ipotesi è meno probabile, poiché gli ebrei non si aspettavano dai gentili che vivevano tra di loro (neanche da quelli che visitavano le loro sinagoghe) che osservassero la legge ebraica. L'ultima possibilità ha a che fare con l'intensa attività missionaria, da parte dei cristiani, negli anni immediatamente seguenti alla morte di Gesù. Gesù venne crocifisso come un ribelle; l'uso dei pulpiti delle sinagoghe da parte dei missionari cristiani per predicare la pretesa che egli sarebbe presto tornato, alla guida delle armate celesti, per stabilire il suo regno, avrebbe reso la comunità ebraica vulnerabile all'accusa di tradimento e di conseguenza alla punizione romana. I capi ebraici avrebbero soppresso qualsiasi apparente insurrezione, o rischio di suscitare l'ira dei romani.