Storia di Acri: differenze tra le versioni
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==Acri e Bisignano nel 1300==
Nel 1300 il numero delle città demaniali e cioè non infeudate a famiglie private e perciò rimaste in possesso della corona non era esiguo,al contrario dei secoli successivi.In un editto del 1346,con il quale la regina Giovanna I ,invitava sia i Baroni che le Università di Calabria ad omaggiare il figlio Carlo,qui elechiamo i comuni e borghi dell'epoca:Pedace,Corigliano,Mangone,Acri,Nicotera,,Carpanzano,Paterno,Martirano, Longobucco;Rossano,Nicastro,Tropea,,Montealto,Monteleone,San Marco,Bisignano,Scalea,Dipignano,Figline,San Pietro in Guarano,Cerisano,Lappano,Crotone,Seminara,Mese(Mesoraca?)Pietrafitta,Spezzano Grande,Rovito,Roseto,Tessano,Grimaldi,Aprigliano,Cosenza,Amantea,San Giovanni da Frate (san Giovanni in Fiore),Dopnicori(Donnici),Castricelisi(Castrolibero),Reggio,Castrovillari,Scila,Rogliano,Calanna,Fiumara,Santa Severina. Molti tra questi erano casali di Cosenza,ma parecchi anche Comuni di un certo peso tra cui Acri,Bisignano,Rossano,Corigliano ,Crotone,Reggio,San Marco.
I Sangineto e i [[Sanseverino]] pretendevano la restituzione dei territori aquisiti dalla Diocesi di Bisignano, secondo loro usurpati dai vescovi e dagli abati, e tra queste terre e questi feudi erano soprattutto in discussione alcuni feudi di Corigliano, il casale di Roggiano, terre e Castelli di [[Rossano]], terre e Castelli di [[Acri]] e di [[Luzzi]], incamerati dalla chiese e dai monasteri di quelle località e sotto giurisdizione perciò del Vescovo di Bisignano Federico Pappatelli, a cui veniva imposto il divieto di considerarli feudi della Chiesa, poiché per i precedenti disposti da [[Carlo I d'Angiò]] i menzionati territori e i relativi castelli già da tempo erano inclusi e ricadevano nella sfera di competenza e di pertinenza del baronato laico istituito ed organizzato dallo stesso sovrano. L'ostinato rifiuto del vescovo a non cedere le terre e non volere rinuciare ai presunti diritti feudali scatenò la vendetta del potentissimo barone. I tumulti, le rappresaglie e gli scontri violenti e sanguinosi tra i vari pretendenti erano continui, il più significativo e drammatico fu quello del 1339. Il potente [[Barone]] Ruggero II Sangineto, approfittando del marasma che affliggeva Bisignano, potè portare a termine il suo disegno: da [[Corigliano]] un gruppo di armati a cavallo raggiunse Acri, e trascinando a sé popolani affamati e bisognosi e desiderosi di saccheggi e bottino, si diressero a Bisignano. Ruggero Sangineto era forte della benevolenza di Re Roberto verso la sua casata e soprattutto del fatto che era figlio del [[Gran Giustiziere]] del Regno, Filippo I di Sangineto, che lo rendeva il personaggio di maggiore prestigio del baronato del Meridione. Il 28 giugno del 1339, vigilia della festa di San Pietro e Paolo, penetrati in città di Bisignano, si diressero verso il palazzo del Vescovo, e sgominate le guardie e bloccate le uscite penetrarono all'interno e trafissero le guardie personali del Vescovo e i familiari e tutti coloro che difendevano il vescovo; in quel giorno morirono circa 20 persone tra familiari, diaconi e guardie. Poi il vescovo agonizzante fu impietosamente trascinato legato alla coda del cavallo del Sangineto, e con altri condannati furono portati in luogo detto ''Scannaturu'', che doveva trovarsi dietro l'attuale chiesa di san Domenico; lo sciagurato vescovo ormai esanime fu condannato alla decapitazione, subito eseguita, come per tutti gli altri condannati che subirono la stessa sorte.
[[Benedetto XII]], con una bolla pontificia del 10 giugno 1340 dalla sede di [[Avignone]], per punire le Chiese di Bisignano nell'ambito delle loro attribuzioni e prerogrative, voleva scioglierne il capitolo delle famiglie più ricche e facoltose che non si ribellarono per impedire il massacro. Però poco dopo anche la stessa interdizione pontificia passò con l'intervento di vescovi laici, per evitare altri problemi in cui già navigava la chiesa di Pietro. Il Pagano riporta parte di questa bolla che inizia: "Bulla horrendum scelus, Avignone 10 Kal. A.D.MCCCXL"<ref>. Nel XIII secolo,Carlo I d'Angio riconfermo la Platea della Diocesi di Bisignano che il colto e saggio vescovo ruffino(1264-1269) aveva stesa,dopo la restituzione dei beni e dei feudi effettuata dal d'Angiò,comprentende anche i rioni di Cucumazzo,San Tommaso e Umale in Bisignano,con la giurisdizione feudale e baronale sugli abitanti di questi quartieri che divennero sudditi della corte vescovile.similmente fu fatto per i Casali di San Lorenzo di Acri,di S. Benedetto Ullulano,Mosto(Santa Sofia), Appio(San Demetrio),Pedalato,Sellattano e Pietramala.A questi si aggiungevano le terre si aggiungevano il Castello di Acri,con i Casali di Macchia,Pietramorella,di Duglia,San Giacomo d'Acri,San Lorenzo,San Benedetto di Acri,San Nicola del Campo(san Nicola da belvedere);il Castello della Noce(Luzzi e Acri),con i Casali di Noce Maggiore e Minore;il Castello di Luzzi con il Casale di San Elia ed il Monastero della Sambucina;ed il Castello di Rose...(Rosario Curia )
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