Fusione nucleare fredda: differenze tra le versioni

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Una della caratteristiche che hanno creato fin da subito critiche da una parte della comunità scientifica (nonché accese polemiche) è stata la scarsa riproducibilità degli esperimenti lamentata dai ricercatori fin da quando Fleischmann e Pons il 13 marzo 1989 inviarono al ''Journal of Electroanalytical Chemistry'' la pubblicazione con le loro ricerche<ref>Fleischmann, Martin & Pons, Stanley, Journal of Electroanalytical Chemistry 261 (2A), 1989. pp. 301-308.</ref>, in quei febbrili momenti decine di laboratori fecero centinaia di tentativi di replicazione, purtroppo la grande parte di questi non diede esiti sicuramente positivi, era evidente che le condizioni per cui il fenomeno si poteva produrre erano molto particolari e quasi del tutto ignote anche ai due ricercatori, oppure questi si basavano su effetti non reali o spiegabili con particolari fenomeni di origine elettrochimica. Questa difficoltà nella dimostrazione oggettiva del fenomeno, unita ad una particolare situazione di grande attesa da parte del pubblico pompata da un atteggiamento sensazionalistico dei media<ref>Dopo il 1989, quando i media iniziarono a porre seri dubbi sulla realtà del fenomeno, vedi ad esempio l'articolo in data 20 ottobre 1991 uscito sul giornale ''La Repubblica'' dal titolo ''Signori scienziati perché ci truffate? Lo scandalo dei ricercatori che contrabbandano autentici bidoni per grandi scoperte''; parecchi lavori furono fatti sul rapporto tra la responsabilità dello scienziato che genera informazione scientifica ed i media che la devono divulgare verso il grande pubblico. Tale responsabilità, specie per temi molto caldi, come l'energia, la salute, le conseguenze della manipolazione genetica e tanto altro, non sempre viene posta davanti alla necessità dello scienziato di pubblicare quanto prima i suoi lavori al fine di poterne trarre i massimi benefici di carriera ed economici. Benefici che spesso si legano anche agli interessi economici della istituzione alla quale lo scienziato appartiene. Queste considerazioni sono state approfondite dalla giornalista Francesca Gatti nell'articolo del 18 dicembre 2002, ''[http://magazine.enel.it/emporion/arretrati/22-2002/gatti.htm Il flop della fusione fredda]'' pubblicato sulla rivista dell'[[ENEL]] ''Emporion''. In questo articolo, scritto da Francesca Gatti, vengono riportate alcune considerazioni sul comportamento dei ricercatori Fleischmann, Martin & Pons, Stanley:<BR>''L’aver convocato un’improvvisa conferenza stampa anziché aver diffuso ed analizzato le teorie attraverso i canali tradizionali delle riviste e dei congressi, ad esempio. A questo, si aggiungeva una certa ritrosia nel divulgare i dettagli degli esperimenti, sembra a causa di alcuni problemi legati agli sponsor e ai brevetti. E, soprattutto, venne meno una delle basi della ricerca scientifica: la riproducibilità di un fenomeno. Per essere considerato valido, un esperimento deve ripetersi – nelle stesse condizioni – con regolarità. Le sperimentazioni delle teorie di Pons e Fleischmann, al contrario, non diedero mai risultati coerenti. Nessuno dei molti laboratori che, in tutto il mondo, cercarono di mettere in pratica le teorie riuscì a raggiungere una stabilità sperimentale accettabile''</ref> fecero sì che alla fine fu gettato completo discredito sull'argomento.
 
Di contro, vari ricercatori che operano nel campo della fusione fredda avanzarono varie spiegazioni a giustificazione di questa difficoltà, essi sostengono che il protocollo da seguire redatto dai ricercatori Fleischmann, Martin & Pons non include una condizione assolutamente necessaria affinché il fenomeno stesso potesse svilupparsi, ovvero che fosse raggiunto un ''rapporto di caricamento''<ref>Il ''rapporto di caricamento'' è un valore numerico dato dalla quantità di atomi di idrogeno o deuterio presenti all'interno di un certo volume rispetto gli atomi di un metallo, come ad esempio il palladio presenti nello stesso volume. Ad esempio se in un certo volume vi sono 100 atomi di palladio e 90 atomi di deuterio, il ''rapporto di caricamento'' è pari a 0,90.<BR>La determinazione analitica di tale rapporto non è una impresa facile e ciò è dimostrato da molti lavori che si concentrano solo sulla determinazione di tale parametro, ad esempio:<BR>E.Del Giudice ,A.De Ninno,M. Fleischmann ,A. Frattolillo,G. Mengoli. "''[http://www.frascati.enea.it/nhe/Loading.pdf Loading of H(D) in a Pd lattice]''". Proc. of 9th International Conference on Cold Fusion, ICCF9 Bejing (Cina), 19-24 maggio, 2002</ref> da parte del deuterio nella matrice di palladio estremamente elevato, rapporto che doveva essere, come poi fu teoricamente dimostrato dai lavori di [[Giuliano Preparata]], uguale o superiore a 0,95<ref name="EOATEIDPD"/>. Senza la conoscenza e successiva applicazione di questa informazione<ref>Se il rapporto di caricamento deve essere elevato, è necessario, per il palladio, dedicare un tempo di preparazione piuttosto lungo (giorni o settimane) e non solo, ma un rapporto così alto produce anche gravi stress nella struttura del metallo e, in generale, lo danneggia al punto da far ricadere ben presto la concentrazione di deuterio al di sotto di quel livello. Finché non verrà trovata una tecnologia efficace per mantenere il rapporto di caricamento a livelli utili, i successi resteranno dunque del tutto sporadici.</ref>, non era possibile, da parte di chi tentò di riprodurre l'esperimento, ottenere una sufficiente costanza nei risultati<ref name="EOATEIDPD"/>.
 
==Critiche==