Max Havelaar: differenze tra le versioni

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Nella '''parte C''' viene raccontata la storia di Saïdjah e Adinda. Si tratta delle avventure di un giavanese oppresso. Questo racconto è un duro attacco allo sfruttamento dei giavanesi, la disperazione di un popolo e l'indifferenza delle autorità. Dekker paragona il racconto a ''La capanna dello zio Tom'': un romanzo di fantasia con l'esperienza di persone oppresse, che fece molta più impressione di una descrizione vera, ma arida dell'oppressione.
 
Nella '''parte D''' prende la parola Eduard Douwes Dekker stesso, con lo pseudonimo Multatuli: ringrazia Stern amichevolmente per il suo scritto, attacca Droogstoppel (''miserabile prodotto di oscena avidità e blasfema ipocrisia'') e gli ordina di scomparire. Segue un attacco contro la corruzione descritta. Alla fine Multatuli scrive al capo dello stato, il re [[Guglielmo III dei Paesi Bassi]].
Nella '''parte C'''
 
Questa parte è composta da più partisezioni, dove Havelaar racconta le sue esperienze, in particolare a Sumatra. Havelaar racconta anche la parabola della pietra giapponese, originariamente di [[Wolter van Wolter van Hoëvell]] (1812-1879). La pietra non vuole rimanere nella sua condizione modesta e coglie l'occasione per sollevarsi attraversodi un cambio di identità. Si trasforma in pioggia e in roccia - "ma non era contenta". Alla fine torna alla sua antica condizione. È un racconto con una morale, da cui il lettore può trarre una lezione: l'ambizione rende infelici, essere contentiaccontentarsi è meglio che desiderare.
 
 
 
Il capitolo che apre il libro introduce il tono satirico che caratterizza il romanzo, con Droogstoppel che articola la sua pomposa e mercenaria visione del mondo. Alla fine del romanzo è Multatuli stesso a prendere la penna: il libro culmina in una denuncia aperta delle politiche coloniali olandesi e un appello al re d'Olanda di quel periodo perché intervenga e aiuti i suoi sudditi indonesiani.
 
==Note==