Allat: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
TXiKiBoT (discussione | contributi)
m Bot: Aggiungo: te:అల్లాత్
Nessun oggetto della modifica
Riga 1:
Numerose furono le varianti antiche della divinità panaraba femminile di '''Allat''': Dea degli inferi con il nome Allatu presso i [[Babilonesi]], Allatum tra gli Accadi e Elat per i [[fenici]] e i [[cartaginesi]].<br/>
La così vasta distribuzione di questo nome dimostra la vastità del suo culto. C'è chi ha ipotizzato che questa dea, con la caratteristica di Luna infera, si sia spostata presso i [[Greci]] assumendo il nome di Ellotis, sì da far conoscere le feste di questa Dea - che avevano una forma orgiastica - come ''Ellotie'', ma [[Erodoto]] (V sec.secolo a.C.) non esita a considerare Allāt l'equivalente di [[Afrodite]].<br>
 
Ellotia era anche un nome con cui si identifica [[Europa]], principessa della [[Fenicia]], trasformata da [[Giove (divinità)|Giove]] a [[Creta]].<br>
Nel periodo ellenico e romano troviamo che a livello panarabo la divinità femminile più venerata è Allāt (al-Lāt letteralmente significa "la dea") viene identifica come Atena e contemporaneamente accomunata con la Dea siriana Atargatis.<br/>
Nella città-stato di [[Palmira]], in [[Siria]], riscontriamo assomiglianza con la Dea Venere Urania e la Dea Artemide e si ricorda come il tempio della Dea a [[Palmira]], venisse distrutto dai cristiani tra gli anni [[378]] e [[386]].
Riga 11:
Sempre su questo rilievo è stato rinvenuta la seguente iscrizione: "Allat benedice chi non versa sangue nel tempio".
 
Nella [[Penisola araba]] il luogo principale di venerazione di Allāt o al-Lāt ([[Lingua araba|{{arabo]] '''<big>|اللات</big>'''}}) - che secondo Julius Wellhausen sarebbe stata considerata la madre di [[Hubal]] (e quindi suocera di [[Manat|Manāt]]) - era la città [[Hijaz|higiazena]] di [[Ta'if|Ṭāʾif]], a sud di [[La Mecca|Mecca]]. Qui, venerata dai Banū Thaqīf che costituivano la popolazione della città, e custodita in un suo santuario dai Banū ʿAttāb ibn Mālik dei Thaqīf, era adorata sotto forma di un grande e squadrato masso bianco che, con la vittoria dell'[[Islam]], fu destinato a fungere da gradino della [[moschea]] ivi fatta erigere da [[Maometto|Muḥammad]], una volta che il suo santuario fu su suo ordine incendiato da [[Al-Mughira ibn Shu'ba|al-Mughīra ibn Shuʿba]].
 
Il suo nome era usato nell'onomastica d'età araba [[Jāhiliyya|preislamica]] e sono attestati termini quali Zayd Allāt o Taym Allāt.
 
 
==Bibliografia==
*Hišām Ibn al-Kalbī, ''Kitāb al-aṣnām'' (Il libro degli idoli), ed. Aḥmad Zākī [[Pascià|Pāšā]], [[Il Cairo]], Dār al-kutub, 1913.
*[[Julius Wellhausen]], ''Reste arabischen Heidentums'', Berlino-Lipsia, W. De Gruyter & Co., 1887 (repr. 1927).
 
==Voci correlate==