Roberto Farinacci: differenze tra le versioni
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La posizione [[contestazione|contestataria]] era talmente smaccata che anche la [[polizia]], in occasione dell'[[attentato]] a Mussolini a [[Bologna]], volle verificare che non vi fossero coinvolgimenti dei fascisti di Farinacci e quando qualche interrogato ne fece il nome, solo il personale intervento di Mussolini lo salvò da misure di sicurezza preventive.
Meno ancora piacque al regime l'evocazione giornalistica dello "[[scandalo]] Belloni" ([[1928]]): [[Ernesto Belloni]], [[podestà]] di [[Milano]], fu indicato come il pricipale attore di una sorta di [[Tangentopoli]] ambrosiana nella quale i vizi privati si mescolavano alle pubbliche [[malversazione|malversazioni]]. Insieme al notissimo [[federale]] [[Mario Giampaoli]], la cui vita di lussi e spese folli era ulteriormente impreziosita dalla passione per il [[gioco d'azzardo]], il Belloni aveva costruito una rete fittissima di rapporti "privilegiati" con industriali ed affaristi sino al punto di essersi garantito una maxi-[[tangente]] ritagliata da un colossale prestito erogato al comune di Milano (circa 30 milioni di dollari degli anni
Lo scandalo esplose intorno ad un [[memoriale]] scritto da [[Carlo Maria Maggi (federale di Milano) |Carlo Maria Maggi]], precedente federale di Milano e protetto di Farinacci, che fu pubblicato sul giornale cremonese. La vicenda suscitò immediatamente un certo nervosismo da parte di Mussolini, che la seguiva attentamente, conscio della potenziale grave lesione all'immagine del nuovo stato fascista. Il Duce, è stato sostenuto, avrebbe premuto per [[insabbiamento|tacitare]] la vicenda, ma le pubblicazioni continuarono, in aperta polemica con i vertici romani.
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