Paolina Leopardi: differenze tra le versioni
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|Nome = Paolina
|Cognome = Leopardi
|Sesso = F
|LuogoNascita = Recanati
|GiornoMeseNascita = 5 ottobre
|AnnoNascita = 1800
|LuogoMorte = Pisa
|GiornoMeseMorte = 13 marzo
|AnnoMorte = 1869
|Attività =
|Nazionalità =
|Categorie = no
|FineIncipit = fu la sorella di [[Giacomo Leopardi]]
|Immagine = Paolina Leopardi.gif
|Didascalia = Paolina Leopardi
|DimImmagine = 140px
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== Biografia ==
Paolina Leopardi fu la terzogenita - dopo Giacomo e [[Carlo Leopardi|Carlo]] - e unica figlia femmina dei dieci figli di [[Monaldo Leopardi|Monaldo]] e [[Adelaide Antici Leopardi|Adelaide Antici]]. Fu battezzata nella chiesa recanatese di Santa Maria Morello con i nomi di Paolina, Francesca Saveria, Placida, Bilancina e Adelaide. Nacque settimina, secondo quanto ella stessa scrisse,
▲Paolina Leopardi fu la terzogenita - dopo Giacomo e [[Carlo Leopardi|Carlo]] - e unica figlia femmina dei dieci figli di [[Monaldo Leopardi|Monaldo]] e [[Adelaide Antici Leopardi|Adelaide Antici]]. Fu battezzata nella chiesa recanatese di Santa Maria Morello con i nomi di Paolina, Francesca Saveria, Placida, Bilancina e Adelaide. Nacque settimina, secondo quanto ella stessa scrisse, <ref>All'amica Marianna Brighenti nel settembre 1831</ref> perché la madre, «gravida di sette mesi, cadde dalle scale, ed io mi affrettai tosto di uscire fuori per godere di questo bel mondo, di cui ora mi affretterei di uscire, se potessi».
Era «piccola e gracile, aveva capelli bruni e corti, occhi di un azzurro incerto, viso olivastro e rotondetto: era brutta, ma di una gentilezza, di una bontà, che potean farla parere graziosa a chi la conoscesse intimamente».
Compagna di giochi dei fratelli maggiori, fu da loro soprannominata ''Don Paolo'' perché, essendo sempre vestita di nero e portando i capelli corti, aveva l'incarico di celebrare il gioco della celebrazione della messa. Adulta, collaborò col padre nella redazione delle riviste ''La Voce della Ragione'' e ''La Voce della Verità'': stava a lei l'incarico di recensire e tradurre articoli dei giornali francesi.
Come era allora d'abitudine, i genitori si posero presto il problema di accasare la figlia, valutando anche le spese necessarie al suo matrimonio. Ne era ben informato anche Giacomo, che il [[5 gennaio]] [[1819]] scriveva all'amico [[Pietro Giordani]] che i genitori avrebbero a lei riservata una dote non superiore alle 40.000 lire - cifra per altro rispettabile - e non avrebbero sollevato obiezioni contro un marito di casato non nobile, purché di «civiltà competente».
In vista del matrimonio con tale Andrea Peroli, di [[Sant'Angelo in Vado]], già vedovo con un figlio di un anno, Giacomo compose la canzone ''Nelle nozze della sorella Paolina'' che è in realtà, come costume retorico del tempo, un pretesto per celebrare le presunte virtù di un passato vivo solo nei libri di storia. Lo ammette indirettamente lo stesso poeta, dando al Giordani il [[1 febbraio|1° febbraio]] [[1823]] la notizia del fallimento del progetto matrimoniale: «Paolina non fu più sposa. Voleva, e ciò (lo confesso) per consiglio mio e di Carlo, fare un matrimonio alla moda, cioè d'interesse, pigliando quel signore ch'era bruttissimo e di niuno spirito, ma di natura pieghevolissimo e stimato ricco. S'è poi veduto che quest'ultima qualità gli era male attribuita, e il trattato, ch'era già conchiuso, è stato rotto».
Paolina cercava nel matrimonio principalmente il mezzo per allontanarsi da casa Leopardi, come testimoniano le sue lettere: «[...] il paese dove vivo io è casa Leopardi; e voi sapete meglio di me come vi si vive. In somma io sono disperata [...]».
La possibilità di un nuovo accordo matrimoniale capitò dopo poche settimane: il fratello Carlo conobbe un tal Ranieri (o Raniero) Roccetti, bel giovane elegante, colto e di buone maniere, e lo propose come possibile fidanzato a Paolina, alla quale piaceva molto, anche se ne temeva la fama di libertino e forse si sentiva anche, al suo cospetto, priva di lusinghe: e infatti il Roccetti scelse già il mese dopo un altro partito, una vedova benestante, «giovane però, e bella».
Sfumato subito un altro pretendente, tale Osvaldo Carradori, sembra per l'opposizione dei genitori di Paolina, ancora in quel [[1823]] fu la volta del cavalier Luigi Marini, direttore generale del catasto di [[Roma]], circa cinquantenne, vedovo con figli già adulti di una moglie «zoppa e brutta», da lui amata «svisceratamente».
In luglio fu tutto finito, perché il Marini concluse un contratto di matrimonio con una vedova, certa marchesa Barbara Clarelli, e per Paolina si riprospettò la possibilità del matrimonio con quell'Andrea Peroli, che sembrava essere svanita all'inizio dell'anno, ma le trattative si trascinarono invano per tre anni, anche perché i Leopardi avevano difficoltà a racimolare una dote che potesse convincere il Peroli.
[[File:Paolina leopardi.jpg|thumb|left|180px|Paolina Leopardi]]
Così passarono, insieme con i pretendenti, anche gli anni e Paolina continuò la sua vita di clausura domestica:
Sempre a [[Recanati]] la raggiunse la notizia della morte di Giacomo; dieci anni dopo, nel [[1847]], morì il padre - sul quale scrisse una memoria, ''Monaldo Leopardi e i suoi figli'' - e nel [[1857]] la madre Adelaide. Fu una rivoluzione per la vita di Paolina: smessi gli abiti neri, partì da Recanati per [[Ancona]], poi a [[Grottammare]]: nel [[1863]] fu a [[Firenze]], l'anno dopo visitò l'[[Emilia]] e conobbe finalmente di persona, a [[Modena]], le sorelle Brighenti. Non c'è anno in cui non viaggiasse nelle più diverse città italiane: nel [[1867]] rese omaggio alla tomba del fratello, a [[Napoli]], e l'anno dopo si stabilì in un albergo di [[Pisa]], la città più amata da Giacomo, dove ne ripercorse i luoghi e vi conobbe un'amica di lui, [[Teresa Lucignani]].
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*Paolina Leopardi, ''Io voglio il biancospino. Lettere 1829-1869'', Milano, Rosellina Archinto, 2003
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