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Nella notte tra il 14 e il [[15 dicembre]] le avanguardie di [[ras Immirù]] attraversato il fiume [[Tacazzè]] impegnarono un Gruppo Bande, al comando del maggiore [[Luigi Criniti]]. Un altro contingente abissino guadò il [[Tacazzè]] più a nord al fine di tagliarne la ritirata.<ref>[[Angelo Del Boca]],''Gli italiani in Africa orientale II", Edizioni Mondadori 2000 pag.477 "Fra il 13 e il 14 dicembre le avanguardie di ras Immirù e del degiac Ajaleu Burrù, sfuggendo miracolosamente all'osservazione aerea, si avvicinano ai guadi del Tacazzè e nella notte fra il 14 e il 15 attraversano il fiume in due punti. Circa duemila uomini, al comando del fitautari Sciferra, uno dei luogotenenti di Ajaleu, guadano il Tacazzè a Mai Timchet, dove passa la carovaniera Gondar-Adua, e subito impegnano il Gruppo Bande del maggiore Criniti, forte di mille ascari e appoggiato dallo squadrone di carri veloci Esploratori del Nilo al comando del capitano Crippa. Un secondo contingente, costituito da tremila soldati di ras Immirù, in divisa cachi e dotato del miglior armamento (mitragliatrici pesanti, mitra di fabbricazione belga e bombe a mano), varca il fiume ad Addi Aitecheb, quindici chilometri più a monte e, guidato dai monaci di Debrà Abbai e da paesani, punta per viottoli ritenuti impraticabili al passo di Dembeguinà, con il proposito di tagliare la ritirata agli ascari del maggiore Criniti."</ref>
 
Il reparto italiano fu costretto alla ritirata verso [[Dembeguinà]], dove si trovavano le linee italiane, ma giunto presso Dembeguinà fu circondato dalle preponderanti forze abissine. Negli scontri che seguirono, nel tentativo di rompere l'accerchiamento, il gruppo carri veloci Esploratori del Nilo del capitano Ettore Crippa fu annientato. I superstiti, a prezzo di ingenti perdite, riuscirono nella notte a raggiungere le linee italiane ad [[Endà Selassiè]] presidiate dal comandante [[Carlo Emanuele Basile]].<ref>[[Angelo Del Boca]],''Gli italiani in Africa orientale II", Edizioni Mondadori 2000 pag.480 "Quando a sera riesce ad aprirsi un varco in direzione di Selaclacà, quasi metà dei suoi uomini è rimasta sul campo, fra morti e feriti (9 ufficiali, 22 nazionali e 370 ascari eritrei, secondo le fonti italiane; 150 nazionali e 200 eritrei, secondo l'inattendibile bollettino etiopico). I superstiti, 420 di cui 125 feriti gravi, riescono a raggiungere nella nottata, sempre tallonati dagli etiopici, Endà Selassiè, il primo avamposto italiano, che ha per comandante l'ex federale di Torino, Carlo Emanuele Basile."</ref> Di lì qui italiani si ritirarono a [[Selaclacà]] difesa dalla divisioneXXIV Divisione Gran Sasso. Nel frattempo [[ras Immirù]], pur sotto violenti bombardamenti aerei, riuscì a far attraversare il Tacazzè ad altri reparti abissini portando le proprie truppe ad oltre ventimila uomini. Forte di questi uomini proseguì nell'offensiva rioccupando lo [[Scirè]].
 
===L'attacco nel Tembien===