Incastellamento in Sicilia nell'Alto Medioevo: differenze tra le versioni

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Una testimonianza indiretta di questa precoce rivoluzione castrale ed alcune delle sue caratteristiche si ha dalle fonti arabe relative alla conquista. Già la semplice lista delle città pervenutaci tramite lo storico arabo [[al-Muqqadasi]], infatti, ci dimostra che la linea difensiva dei bizantini riprendeva i siti in località montane già naturalmente difesi e frequentati in alcuni casi quasi ininterrottamente fin dall’[[VIII secolo AC|VIII]]-[[VII secolo AC|VII secolo a. C]]. Essi, inoltre, rilanciarono, potenziandole, le realtà urbane preesistenti tanto in relazione con i porti principali che all’interno.
 
[[Ibn al Athir]], [[storico]] musulmano vissuto tra il [[XII secolo|XII]] ed il [[XIII secolo]], ma che utilizza fonti più vicine al periodo della conquista, ci tramanda: “ristorarono“''ristorarono ogni luogo dell’isola, munirono i castelli ed i fortilizi ed incominciarono a far girare ogni anno nella stagione intorno alla Sicilia delle navi che la difendevano”difendevano''” e [[An Nawaryri]] ([[XIII secolo]]) riferisce che “il“''il paese fu ristorato d’ogni parte dai [[Rum]] i quali vi edificarono fortilizi e castelli, né lasciarono monte che non v’ergessero rocca”rocca''”. La Sicilia quindi era costellata da decine di abitati fortificati che gli Arabi dovettero conquistare uno dopo l’altro nell’arco di oltre sessant’anni.
 
I dati archeologici concernenti questo periodo sono pochi e di difficile lettura. Sull’acropoli di [[Selinunte]] è stato messo in luce un recinto fortificato di metri 35 x 40, col lato nord munito di due piccole torrette agli angoli. Per l’edificazione del fortino sono stati usati blocchi di reimpiego dai templi greci: rocchi di colonne, conci squadrati, elementi di trabeazione e capitelli. Sulla base di confronti con fortilizi simili nordafricani è stata proposta una datazione della struttura ad un arco di tempo compreso tra il [[V secolo|V]] ed il [[IX secolo]]. Esso costituisce in Sicilia un unicum dal momento che la maggior parte delle strutture fortificate di questo periodo pervenuteci è relativa a cinte murarie urbane ([[Ragusa]], [[Siracusa]], [[Messina]], [[Centuripe]], [[Tindari]], [[Rometta]], [[Enna]], [[Cefalù]], [[Taormina]], [[Caltavuturo]], [[Caltabellotta]]).
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Più difficile e sfumata è la realtà degli insediamenti fortificati d’età islamica. La ricchissima toponomastica di etimo arabo relativa a numerosi siti forti non può essere assunta a testimonianza di un incastellamento di periodo islamico. Infatti, la lingua araba rimase ancora per molto tempo in uso anche sotto i [[normanni]]. Essi, è facile ipotizzare che non abbiano smantellato la rete difensiva delle fortezze bizantine, infatti, le più munite piazzeforti siciliane, che i normanni dovranno espugnare nella seconda metà dell’[[XI secolo]] durante la guerra di conquista, saranno le stesse città e kastra del thema bizantino.
 
L’insediamento munito siciliano del [[X secolo]] sembrerebbe presentare caratteristiche non dissimili da quello [[spagnolo]] dell’[[Andalus]]: le comunità contadine, dislocate prevalentemente in insediamenti di tipo aperto (alqerìas), in caso di pericolo avrebbero potuto usufruire per la propria difesa e per quella dei raccolti dei siti/rifugio (hisn/husun) con gradi diversi di fortificazione. Il castello islamico, quindi, avrebbe una destinazione diversa dal castello normanno in quanto non è sede di una guarnigione né di una residenza signorile, bensì rifugio per gli abitanti del contado. Uno degli episodi che sembra abbia avuto grande influenza sull’incastellamento islamico in Sicilia è il molto discusso rescritto del [[califfo]] [[fatimidi|fatimide]] [[Al Mu’izz]] del [[966]]-[[967]]. Egli comandò ai suoi ufficiali siciliani di “edificare“''edificare in ciascun distretto una città fortificata con una [[moschea]] delle adunanze ed un [[minbar]] e di obbligare la popolazione di ogni distretto a soggiornare nella città non permettendo che vivessero sparpagliati nelle campagne”campagne''”, pertanto l’[[emiro]] siciliano [[Ahmad]] “si“''si affrettò ad eseguire così fatte disposizioni” inviando “per tutta l’isola degli shuyukh che vegliassero a far popolare e munire [le città di provincia]''” ([[An Nawayri]]).
 
Quest’ordine che trovava la sua giustificazione militare nell’allarme suscitato dallo sbarco del [[962]] ad opera dei Bizantini e dalla sollevazione della [[Val Demone]] (Sicilia nord-orientale), di fatto avrebbe eliminato l’abitato sparso (il casale) a vantaggio degli abitati difesi ed eminenti, unici poli d’insediamento all’interno di vaste aree rurali pressoché deserte. Il problema per gli storici e gli archeologi è di capire fino a che punto ed in qual misura questo rescritto sia stato attuato, dal momento che a tutt’oggi le fonti archeologiche sui castelli e sui casali d’età islamica sono piuttosto scarse e che l’esistenza dei casali nella Sicilia musulmana sarebbe attestata dalle fonti scritte. L’unica testimonianza archeologica di una fortezza musulmana sarebbe stata individuata nella prima fase del castello di [[Calatubo]] nel territorio di [[Alcamo]], dove l’arch. R. Di Liberto ha curato un recente studio sulle murature superstiti. La studiosa avrebbe, infatti, individuato più fasi costruttive all’interno della struttura munita, la più antica delle quali apparterrebbe ad un hisn del [[XI secolo]]. Per il resto abbiamo scarse notizie e non verificate archeologicamente ipotesi d’impianti di fortezze in età islamica.
 
Concludendo, il quadro emergente dai pochi studi in corso e dalle analisi storiche sulle fonti e sui toponimi ci porta ad enucleare alcune considerazioni di carattere generale sull’organizzazione territoriale in età islamica. Emerge in primo luogo una forte continuità col passato bizantino e tardo [[romani|romano]] col prevalere delle città portuali soprattutto nella Sicilia occidentale. Queste conoscono durante la dominazione islamica un grande sviluppo economico che investe in primo luogo la capitale [[Palermo]].