Età comunale: differenze tra le versioni
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L'istituzione comunale entrò in crisi tra la fine del XII e l'inizio del XIV secolo. All'origine di questa crisi si collocano i contrasti sociali che finirono col logorare progressivamente la tenuta delle antiche magistrature comunali.
Ma la vera causa del fallimento del comune furono i contrasti sociali al suo interno: le grandi famiglie aristocratiche che si disputavano il primato in un clima molto vicino a quello delle lotte feudali; la nobiltà inurbata che aveva dovuto sostenere le rivendicazioni della [[borghesia]] delle Arti, sempre più potente e intenzionata ad assumere il controllo della vita politica; infine i ceti meno abbienti che manifestavano la propria inquietudine: esclusi dai grandi profitti economici e tenuti ai margini di quella che restava sostanzialmente una [[Repubblica (forma statuale)|Repubblica]] oligarchica, spingevano per migliorare la propria condizione. Il tentativo di affermare i propri diritti sottraendoli alle famiglie aristocratiche portò a varare in questo periodo, differenti per ogni Comune, le legislazioni antimagnatizze che sostanzialmente impedivano l'esercizio nei pubblici uffici per coloro che fossero dichiarati "magnate". Ciò aveva comportato l'allontanamento dalla vita pubblica di tutte le vecchie famiglie aristocratiche.<ref>[[Franco Cardini]] e Marina Montesano, ''Storia Medievale'', Firenze, Le Monnier Università/Storia, 2006, pag. 294 "Le città comunali registravano una grave instabilità politica. Gli imprenditori raggrppati nelle Arti avevano faticato per tutto il Duecento ad affermare i loro diritti politici strappando l'egemonia cittadina alle famiglie dell'aristocrazia. Verso la fine del XIII secolo, questi gruppi di "grandi" (o "magnati") erano stati, almeno formalmente, cacciati un po' dappertutto dal governo cittadino; si era anzi stabilita una legislazione antimagnatizia durissima, che stabiliva -sia pure con molte varianti locali -per chi fosse stato dichiarato "magnata" la sostanziale interdizione dagli uffici pubblici."</ref>
La ricerca di maggiore stabilità portò la borghesia cittadina ad affiancare al podestà, sostenuto dal ceto più abbiente, una nuova figura, quella del [[capitano del popolo]], un magistrato, spesso forestiero, che restava in carica per sei mesi o un anno, ma che finì per rappresentare gli interessi delle Arti maggiori.
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