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Ma i dettagli del programma non erano di minor interesse. Se da un lato si propugnava la «abolizione della validità legale dei titoli di studio (per sfollare le università e dare il tempo di elaborare una seria riforma della scuola che attuasse i precetti della Costituzione)», giustificata dalla carenza di tecnici in tempi di [[disoccupazione]] intellettuale, dall'altro lato occorreva «ripulire il paese dai teppisti ordinari e pseudo politici e dalle relative centrali direttive», sempre che la magistratura volesse decidersi a condannarli.
Le persone "da reclutare" nei partiti, dal canto loro, dovevano ottenere addirittura il "''predominio''" (testuale) sulle proprie organizzazioni (nel piano vengono indicati «per il PSI, ad esempio, Mancini, Mariani e Craxi; per il PRI: Visentini e Bandiera; per il PSDI: Orlandi e Amidei; per la DC: Andreotti, Piccoli, Forlani, Gullotti e Bisaglia; per il PLI: Cottone e Quilleri; per la Destra Nazionale (eventualmente): Covelli»), mentre i giornalisti "''reclutati''" avrebbero dovuto "''simpatizzare''" per gli uomini segnalati dalla "loggia". Non si sa se questa parte del piano fosse già stata attuata o meno; una parte dei politici indicati ebbero poi ruoli di primo piano nei loro partiti e nel governo. Si deve però rammentare che questi nomi erano considerati solo "da reclutare", quindi non si sa se furono mai contattati a tale scopo da Gelli.
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Sebbene secondo persone vicine a [[Indro Montanelli]] in realtà Buono non avesse alcun ascendente su di lui, scrissero per [[il Giornale]] almeno due personaggi in contatto con gli ambienti massonici: lo stesso Buono e [[Michael Ledeen]], corrispondente per il quotidiano, legato a [[CIA]], [[SISMI]] e alla stessa P2. Inoltre nel 1978, viste le critiche condizioni finanziarie del quotidiano, [[Silvio Berlusconi]] entrò con una quota azionaria del 30%.
Una volta scoppiato lo scandalo, le ripercussioni sul gruppo Rizzoli furono enormi: il [[Corriere della Sera]] ne uscì pesantemente screditato e perse dal 1981 al 1983 100.000 copie, nonché le firme di [[Enzo Biagi]], [[Alberto Ronchey]] e [[Gaetano Scardocchia]]. [[Franco Di Bella]] lasciò la direzione il 13 giugno e venne sostituito da [[Alberto Cavallari]]. [[L'Occhio]] e il [[Corriere d'informazione]] vennero chiusi, [[Il Piccolo]], l'[[Alto Adige]] e [[Il Lavoro]] ceduti.
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{{vedi anche|Lista appartenenti alla P2}}
La [[Lista appartenenti alla P2|lista degli appartenenti alla P2]] fu tenuta riservata per qualche tempo dopo la scoperta, ed i tentennamenti di [[Arnaldo Forlani]] nel renderla pubblica gli costarono la carica di presidente del consiglio e il temporaneo allontanamento dal proscenio politico-istituzionale.
Una volta resa pubblica il 21 maggio 1981, divenne presto memorabile. Tra i 932 iscritti (molti dei quali negheranno il loro coinvolgimento nella loggia), spiccavano i nomi di 44 parlamentari, 3 ministri del governo allora in carica, un segretario di partito, 12 generali dei [[Carabinieri]], 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell'[[esercito italiano]], 4 dell'[[aeronautica militare]], 8 ammiragli, vari magistrati e funzionari pubblici, ma anche di [[giornalista|giornalisti]], personaggi legati al mondo dello spettacolo ed imprenditori come [[Silvio Berlusconi]] (a quel tempo non ancora in politica, [[Lista appartenenti alla P2#B|tessera n° 1816]]), [[Vittorio Emanuele, Principe di Napoli|Vittorio Emanuele di Savoia]], [[Maurizio Costanzo]], [[Alighiero Noschese]] (morto suicida più di due anni prima della scoperta della lista) e [[Claudio Villa]]; in compagnia di [[Michele Sindona]] e [[Roberto Calvi]], [[Umberto Ortolani]] e [[Leonardo Di Donna]] (presidente dell'[[ENI]]), [[Duilio Poggiolini]] e il personaggio televisivo professor [[Fabrizio Trecca]], insieme a tutti i capi dei [[servizi segreti]] italiani e ai loro principali collaboratori.
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