Becky Behar: differenze tra le versioni
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Becky (Rachel) Behar, ultima di quattro figli, nacque in [[Belgio]] nel 1929 e, per motivi di salute della madre, i suoi si trasferirono in Italia nel 1934; il padre Alberto, appassionato antiquario, si stabilì a [[Milano]] con la moglie Eugenia e i figli. I Behar erano una famiglia laica, ma con una grande fede in Dio, che il padre venerava quasi al di là di una specifica religione. Da piccola frequentava una scuola italiana e si integrò perfettamente con i compagni e la maestra. Nel 1938, la proclamazione del “[[Manifesto della razza]]” comportò, analogamente alle [[Leggi di Norimberga]] volute da [[Hitler]] per la [[Germania]] nel 1935, la perdita dei [[diritti civili]] per i cittadini ebrei, costretti a registrarsi presso i comuni di residenza e a subire numerose limitazioni quanto alle loro libertà individuali. Tra le altre terribili misure [[antisemitismo|antisemite]], l’espulsione dei bambini e dei ragazzi dalle scuole pubbliche e il loro inserimento coatto in istituti per soli ebrei. Becky fu così costretta a lasciare, tra le lacrime, la maestra e gli amici, sperimentando il primo dei numerosi traumi che la tormenteranno, quello della diversità umana, della colpa di essere di origine, tradizione, religione ebrea, appartenente ad una razza giudicata come inferiore.
===La guerra e la strage===
Due anni dopo, nel [[1940]], l’Italia entrò in [[seconda guerra mondiale|guerra]] e Milano iniziò a subire i rombi dei bombardamenti. Fu il momento di un nuovo trauma, legato alla corsa nei rifugi sotterranei, immersi nelle tenebre, da dove si assisteva, impotenti, insieme con il crollo dei palazzi vicini, a quello delle speranze in una vita semplicemente normale. La situazione di ansia continua, scandita quotidianamente dal suono esasperante della sirena, indusse la famiglia Behar a trasferirsi sul [[lago Maggiore]], a [[Meina]], dove il padre rilevò da una vedova in difficoltà economiche un albergo. Nella cittadina vennero ad abitare anche il vice-console e il console turco, Niebil Hertog, che riceve in dono dal signor Behar la sua precedente dimora, mentre Becky e i suoi passano a vivere direttamente all’hotel. Lì erano sfollate da Milano altre famiglie ebraiche, che speravano in quel modo di sfuggire non tanto alle persecuzioni (si supponeva con una punta di ingenuità che la civile Italia non avrebbe mai compiuto simili nefandezze), quanto ai bombardamenti che sconvolgevano la vita di città. È l’occasione per conoscere nuovi amici, in particolare John, un diciassettenne proveniente da [[Salonicco]], con cui Rachel ha modo di sfogare la propria malinconia per quello che stava succedendo: l’ottimismo di John la consola e, alla notizia dell’armistizio del
A frenare l’entusiasmo i vecchi, che
Cronologicamente fu la prima strage nazista avvenuta in Italia. Becky e la sua famiglia riuscirono a salvarsi essendo cittadini turchi e conoscendo personalmente il console della Turchia. I Tedeschi tentarono per ben due volte di eliminare Alberto, una prima volta arrestandolo e portandolo al comando di Baveno; quindi, due soldati, maldestramente travestiti, cercarono di convincerlo a seguirli, ma in entrambi i casi l’intervento del console e del vice-console impedirono il suo certo assassinio. ===Dopoguerra ===
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