In Licinium Macrum: differenze tra le versioni
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L<nowiki>'</nowiki>'''''Oratio in Gaium Licinium Macrum''''' (''Orazione contro Gaio Licinio Macro''), meglio nota semplicemente come '''''{{PAGENAME}}''''' o '''''In Gaium Licinium Macrum''''', è un discorso giudiziario pronunciato nel [[66 a.C.]] dall'[[:Categoria:Oratori romani|oratore romano]] [[Marco Tullio Cicerone]].
Cicerone pronunciò la ''In Licinium Macrum'' mentre ricopriva la [[pretore (storia romana)|pretura]]; poiché nello stesso anno aveva supportato con l'orazione ''[[De imperio Gn. Pompei]]'' la ''[[lex Manilia]]'', che prevedeva l'assegnazione a [[Gneo Pompeo Magno]] della [[guerre mitridatiche|guerra]] contro [[Mitridate VI Eupatore]], re del [[regno del Ponto|Ponto]], ed era dunque appoggiata soprattutto dal [[cavalieri (Equites)|ceto equestre]] e dai ''[[populares]]'', Cicerone, cui era stata affidata la presidenza del tribunale per i reati di [[concussione]], scelse di favorire la condanna di Macro, esponente in vista della fazione dei ''populares'', per migliorare i suoi rapporti con la fazione degli ''[[ottimati|optimates]]''.<ref>Lo stesso fine spinse Cicerone a pronunciare nello stesso anno l'orazione ''[[De Sullae bonis]]''.</ref> Sebbene lo [[:Categoria:Storici romani|storico]] [[Gaio Sallustio Crispo]] abbia parlato di Macro come fautore di un'attività [[tribuno della plebe|tribunizia]] moderata e sana, lontana dai tentativi di strumentalizzazione dei moti della [[plebe]], l'intervento di Cicerone ebbe con grande probabilità un peso decisivo nel determinare la condanna di Macro, che scelse dunque il suicidio. Commentando l'episodio, lo stesso Cicerone avrebbe poco più tardi scritto all'amico [[Tito Pomponio Attico]] che, tramite la sua azione al processo, aveva consolidato la sua buona reputazione, ottenendo risultati migliori di quelli che avrebbe conseguito se avesse scelto di battersi per l'assoluzione dell'imputato.<ref>Cicerone, ''[[Epistulae ad Atticum]]'', I, 4, 2.</ref>
==Note==
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