Iconoclastia: differenze tra le versioni

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==L'opera di Leone III==
Per abbattere queste correnti eretiche, l'imperatore [[Leone III di Bisanzio]], originario di [[Germanicea]], promanò un [[editto imperiale]] ([[726]]) che decretava l'eliminazione di queste raffigurazioni. Ciò condusse ad una generalizzata rivolta degli iconolatri dell'Impero (detti ''[[iconodulia|iconoduli]]'').
 
La riforma religiosa di Leone III va iscritta in una più ampia opera generale interna all'Impero, ai fini della quale i pauliciani rappresentavano un pericolo. Fu anche per togliere loro il pretesto di una ribellione che l'imperatore decise di assecondare le loro richieste. Non mancavano, insomma, ragioni politiche e di opportunità nell'operato di Leone: l'iconoclastia serviva anche a combattere lo strapotere dei [[monachesimo|monaci]] che, da un lato, facevano ampio mercato delle icone, rafforzando in tal modo la loro condizione economica e la loro influenza politica all'interno dell'Impero, e, dall'altro, suggestionavano le folle, sottraendo influenza alla corte imperiale. La foga iconoclasta diede a Leone III la possibilità di impossessarsi delle immense ricchezze dei monaci. Giunse, in ogni caso, anche la sanzione ecclesiastica: un [[concilio]] convocato nel [[754]] da [[Costantino V di Bisanzio|Costantino V]], tenutosi nel [[palazzo di Hieria]] (posto sul lato asiatico del [[Bosforo]]), gli diede ragione.
 
Il [[papa]], in quel tempo [[papa Gregorio III|Gregorio III]] condannò, dal canto suo, i decreti di Leone. La penisola italica vide anzi i suoi abitanti insorgere a difesa dell'ortodossia occidentale contro i funzionari bizantini. Fu proprio in questa occasione che il [[Ducato romano|ducato di Roma]] assunse sempre maggiore indipendenza da Bisanzio: in questo vuoto di potere, i metropoliti di Roma avocarono a sé vere e proprie funzioni di governo.