Musaylima ibn Habib: differenze tra le versioni

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La prima notizia che lo riguarda è datata all'ultima parte dell'anno 9 dell'[[Egira]], il cosiddetto "Anno delle delegazioni", quando egli accompagnò una delegazione della sua tribù a [[Medina]]. La delegazione includeva altri due importanti esponenti musulmani che più tardi aiutarono Musaylima a impadronirsi del potere tribale dopo la morte nel [630]] del suo capo, il cristiano Awdha b. ʿAlī al-Ḥanīfī, salvando così la loro tribù dalla distruzione ad opera di Medina. Quegli uomini erano Rahhāl (o al-Rajjāl) ibn ʿUnfuwa <ref name="pg69">''The Life of the Prophet Muhammad: Al-Sira Al-Nabawiyya By Ibn Kathir'', Trevor Le Gassick, Muneer Fareed, p. 69</ref> e Mujjāʿa b. Marāra (ricordato solo da [[Baladhuri]]). A Medina la deputazione fu ospitata da una figlia di al-Harith al-Najjāriyya, una donna degli [[Ansar]] del clan dei [[Banu Najjar]] (col quale era imparentato [[Maometto]].
 
In tale frangente sembra che Musaylima fosse stato assegnato alla custodia dei [[dromedari]] e che pertanto non avesse preso parte alle trattative che condussero alla conversione dei delegati (che abiurarono il [[Cristianesimo]]). Come d'abitudine, Maometto assegnò, come d'abitudine, un "dono di commiato" (''jawāʾiz'' ) a ciascun membro della delegazione (5 ''[[uqiyauqiyya|ūqiyya]]'' d'argento a testa), che dissero: "Abbiamo lasciato uno dei nostri nel campo per sorvegliare le cavalcature", chiedendo lo stesso dono anche per lui.
 
Maometto consegnò loro il donativo anche per lui, e aggiunse: "Dacché egli ha custodito i vostri bagagli ed i vostri cameli, egli non è il peggiore fra voi".<ref>La traduzione è presa da [[Leone Caetani]], ''Annali dell'Islām'', vol. II/1, Milano, Hoepli, 1907, p. 336.</ref> Al loro ritorno, costoro convertirono l'intera tribù all'Islam, edificarono una [[moschea]] nella Yamāma e cominciarono a fare regolarmente le ''[[salat]]'' previste.