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Le '''Universitas''', definite anche ''Universitates'', ''Università'' o ''Università del Regno'', erano i comuni dell'[[Italia meridionale]], sorti già sotto la [[Langobardia Minor|dominazione longobarda]] e successivamente [[infeudazione|infeudati]] con le conquiste dei [[Normanni]]. La loro evoluzione storica è differente rispetto ai [[Comune medievale|liberi comuni]] sorti nell'[[Italia]] [[Italia centrale|centro]] [[Italia settentrionale|settentrionale]] nel [[medioevo]].
 
Secondo lo storico [[Tommaso Cappuccino]]<ref>P. Tommaso Cappuccino, ''Morcone'', Tip. Leone, Foggia.</ref>, durante il dominio di [[Federico II del Sacro Romano Impero]] si usava il termine ''[[comune]]'' mentre [[Carlo I d'Angiò]] lo mutò in ''Universitas'' (da ''universi cives'', unione di tutti i cittadini) ordinando la distruzione dei sigilli comunali. Esse sopravvissero sino all'abolizione del [[feudalesimo]] avvenuta con [[Decreto]] del [[2 agosto]] [[1806]] emesso da [[Giuseppe Bonaparte]].
 
==Storia==
Con l'avvento dei [[Longobardi]] molte comunità del [[mezzogiorno]] conservarono usi propri ed istituzioni che in alcuni casi risalivano all'[[epoca romana]]. I [[Normanni]] concessero tali terre in feudo a persone di fiducia, togliendo loro l'autonomia ma il più delle volte rispettando le antiche consuetudini. Successivamente [[Federico II del Sacro Romano Impero|Federico II di Svevia]] limitò i privilegi dei feudatari e riconobbe personalità giuridica alle ''universitas''.
 
A partire dai governi degli [[Angioini]] e degli [[Aragonesi]] il numero e la potenza dei feudatari locali crebbe notevolmente, indebolendo così il potere reale e ingerendo pesantemente nell'elezione dei magistrati delle ''universitas''. Queste ultime, impotenti di trovare un rimedio e gravate da pesanti oneri, finirono per cedere alle pressioni feudali o, al contrario, tentarono di ''proclamarsi al demanio regio'' avviando lunghe, dispendiose e inutili liti presso il [[Sacro Regio Consiglio]] di [[Napoli]]. Altre comunità, invece, tentarono di accordarsi con i feudatari con l'emanazione degli ''Statuti'' comunali che definivano obblighi e diritti reciprochi e dettavano norme in materia di [[diritto civile]], [[diritto penale|penale]], [[diritto commerciale|commerciale]] ed [[diritto amministrativo|amministrativo]] del comune<ref>Vincenzo Mazzacane, ''Memorie storiche di Cerreto Sannita, Liguori Editore, 1990.</ref>.
 
Le tensioni fra i [[feudatari]] e i magistrati delle ''Universitas'' toccarono punte drammatiche a partire dal regno di [[Alfonso d'Aragona]] quando questi confermò ai baroni il "''Mero e Misto Imperio''", cioè la [[giurisdizione]] completa in materia di reati civili e penali, e concesse loro le "''Quattro lettere arbitrali''", precedentemente dettate da [[Roberto d'Angiò]] e indirizzate ai soli ''regi ufficiali'', che facevano acquisir loro le prerogative di commutare le [[pene]], imporne di superiori a quelle stabilite delle leggi, di procedere d'ufficio per alcuni delitti e di torturare il reo senza limite di tempo. In compenso i [[feudatari]] pagavano al [[Re]] il ''Relevio'' (metà delle loro entrate del primo anno in cui succedevano), l<nowiki>'</nowiki>''Adoa'' ed il servizio di investitura<ref>Croce B., ''Storia del Regno di Napoli'', Laterza, 1966.</ref>.
 
Nel [[1316]] vennero censite 1.259 ''Universitas'' il cui numero si accrebbe nei secoli successivi<ref>Nicola Vigliotti, ''Sorgere e sviluppo delle Universitas nell<nowiki>'</nowiki>Italia meridionale'' in ''Note su Limata'', Edizioni Realtà Sannita, 2001.</ref>.
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L'ordinamento delle varie ''universitas'' aveva alla base un'assemblea formata dai capi famiglia più nobili o più degni che ogni anno eleggeva un Consiglio, composto da un numero di membri che variava a seconda della popolazione (90 consiglieri ad [[Aversa]], 36 a [[Molfetta]], 6 a [[Caiazzo]], 12 a [[Cerreto Sannita]]). Fra i membri del Consiglio si nominavano i ''Sindaci'' o ''eletti'', fra cui un ''erario'' ''licteratus'' (un rappresentante che doveva saper leggere e scrivere). Numerose erano poi le altre cariche e le diverse magistrature cittadine: per la determinazione di pesi e misure, per l'amministrazione della giustizia, per la sicurezza dei cittadini, per la manutenzione delle strade, delle mura e delle porte<ref>Vincenzo Mazzacane, ''Memorie storiche...'' op. citata.</ref>.
 
L'amministrazione di una università era affidata a pubblici ufficiali scelti fra gli abitanti, ad esclusione di chierici e nobili. In carica per un anno, essi erano competenti o per la parte finanziaria o per quella giudiziaria. Era però previsto un controllo esterno: l'amministrazione della Giustizia era supervisionata dal [[giustiziere (funzionario)|Giustiziere]] provinciale, quella finanziaria era sotto la responsabilità dei capitani del re che si occupavano anche di assicurare l'ordine pubblico. Mancando un responsabile unico, la struttura amministrativa era acefala.<br/>
Da essa potevano dipendere dei '''[[casali]]''', villaggi in aperta campagna fondati per ospitare i contadini per evitar loro lunghi tragitti di trasferimento verso i fondi che dovevano lavorare; in un secondo momento questi casali assunsero una propria autonomia rispetto a molte questioni di carattere amministrativo.
 
Le ''Universitates'', a seconda della proprietà, potevano essere feudali se sottoposte ad un feudatario o demaniali se di proprietà della corona.
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Le '''Universitates demaniali''' (il 10% del totale) dipendevano dalla Corona ed erano amministrate da ufficiali regi. Godevano di maggiore libertà e privilegi potendo, in caso di abusi da parte degli amministratori, esercitare il diritto di ricorrere alle autorità superiori ottenendo, di norma, soddisfazione.
 
L'amministrazione della giustizia, che dipendeva dal Giustiziere provinciale, era formata dalla ''curia dei baiuoli'' (o ''curia dei baglivi'') responsabile del servizio di [[polizia urbana]] e campestre, dell'elevazione di contravvenzioni, dell'arresto di delinquenti e di servi fuggiaschi, della verifica di pesi e misure, ecc...<br/>
I baiuoli erano divisi in due ruoli: gli ''iudices ad contractus et ad causas'' amministravano la giustizia mentre gli ''iudices ad conactus tantum'', come rappresentanti dell'autorità regia, si occupavano solo della stipulazione dei contratti pubblici e privati.<br/>
 
Rimanevano in carica nel loro ufficio per un anno ed erano [[giudice popolare|giudici popolari]] essendo scelti tra le persone di più chiara fama, ma ne erano esclusi chierici e nobili.
 
Fra i dipendenti dell'università c'erano anche il ''pubblico banditore'' ed il [[mastrogiurato]]. Quest'ultimo, in particolare, coadiuvava il capitano nei servizi di polizia: comunicava mandati di comparizione in giudizio, riceveva denunzie che poi trasmetteva al Giustiziere, impediva la circolazione di armi proibite, puniva i [[gioco d'azzardo|giocatori d'azzardo]], gli usurai e perfino i bestemmiatori.<br/>
Il ricavato delle multe inflitte dal mastrogiurato non era incamerato dal [[fisco]] ma devoluto al Giustiziere. Questo dava luogo a un conflitto di interessi che non di rado sfociava in comportamenti illeciti.