Fusione nucleare fredda: differenze tra le versioni
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[[File:Mizuno schema reattore 01it.jpg|thumb|300px|right|Schema della cella elettrolitica al plasma di Ohmori e Mizuno]]
Alla fine degli anni novanta, i ricercatori [[giappone]]si T. Ohmori e
Cathode''". The Seventh International Conference on Cold Fusion (ICCF-7). Vancouver (Canada), 1998.
</ref>, senza utilizzare il costoso e raro [[palladio]] né l'acqua pesante (D<sub>2</sub>O), ma solo attraverso una particolare elettrolisi realizzata con elettrodi di [[tungsteno]], sommersi in una soluzione di comune acqua (H<sub>2</sub>O) e [[Carbonato di potassio]] (K<sub>2</sub>CO<sub>3</sub>) tra i quali era stata fatta passare una corrente con differenza di potenziale di circa 160-300 [[Volt|V]]<ref name=ETI_Wreport>Scott R. Little, H. E. Puthoff Ph.D, Marissa Little. "''[http://www.earthtech.org/experiments/Inc-W/Wreport.html The Incandescent W Experiment]''". [http://www.earthtech.org/ ErthTech International Inc. (ETI)], August 1998. Nella prima serie di prove, nonostante l'esecuzione di ben 10 esperimenti, con gli elettrodi di tungsteno puro forniti direttamente dai ricercatori giapponesi Ohmori e Mizuno, non fu riscontrato nessun eccesso di produzione di calore. Successivamente i ricercatori ricontattarono Mizuno al fine di poter avere maggiori informazioni sul processo e proprio grazie a tali informazioni i ricercatori si accorsero di un errore da essi commesso legato al fatto che avevano mal interpretato la configurazione sperimentale pubblicata dai due ricercatori giapponesi, ''invertendo quindi la polarità delle celle''. Corressero immediatamente il problema e svolsero quindi una nuova tornata sperimentale, questo lavoro andò avanti fino al gennaio del 2000, ma nonostante tutti i loro sforzi dovettero ''con loro grande costernazione'' riscontrare che nessun chiaro eccesso di calore era stato da loro riscontrato. Perciò interruppero gli esperimenti ed asserirono, ''con ragionevole certezza'', che l'elettrolisi al plasma, nelle condizioni proposte da Ohmori e Mizuno non era capace di produrre un misurabile eccesso di calore e che quindi i due ricercatori giapponesi avevano commesso errori nella misura della effettiva energia elettrica impiegata dalla cella durante la reazione.</ref>. A tali condizioni, quando la temperatura della soluzione supera i 70-80 °C, intorno alla parte immersa dell'elettrodo di tungsteno si ottiene la formazione di una bolla di plasma, che porta rapidamente all'ebollizione dell'elettrolita; allora, dissero i due ricercatori, si può produrre un bilancio energetico positivo, composto da una emissione termica dal 20-100% superiore all'energia elettrica spesa per sostenere la reazione, più una certa quantità di idrogeno gassoso. Quest'ultimo, secondo quanto affermato dagli stessi ricercatori, può portare il COP (coefficient of performance) complessivo del sistema ad oltre il 500%<ref>Mizuno, T., T. Akimoto, and T. Ohmori. ''"Confirmation of anomalous hydrogen generation by plasma electrolysis"''. 4th Meeting of Japan CF Research Society. 2003. Iwate, Japan: Iwate University.</ref>.
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