Rāmāyaṇa: differenze tra le versioni
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Il nucleo originario dell’intera opera è costituito dai kānda II-VI, e seppure siano anche qui individuabili evidenti interpolazioni e aggiunte, non si può non notare la coerenza, l’omogeneità e l’organicità di stile, di contenuto e di struttura, a tal punto da fare pensare ad un unico autore, ipotesi per altro accreditata dalla tradizione che ha sempre attribuito al saggio [[Valmiki|Vālmīki]] la paternità dell’opera. La redazione definitiva del poema si fa risalire al [[I secolo|I]]-[[II secolo|II secolo d.C.]]: esso, infatti, è anteriore alla redazione definitiva del Mahābhārata , ma si ritiene che la sua forma originaria possa risalire al [[IV secolo a.C.|IV]] - [[III secolo a.C.]](epoca Maurya), se non addirittura al [[VI secolo a.C.]]
Il Rāmāyana, proprio come i poemi omerici, può essere considerato come un serbatoio o una raccolta dell’insieme delle conoscenze e dei modelli culturali di un’intera [[civiltà]]. L’epos rāmaico pertanto svolge una funzione educativa adempiendo in pieno, essendo depositario del sapere collettivo, al suo compito didattico-paradigmatico. Eppure questo deposito o “sedimento ereditario”, trasmesso dalla tradizione orale, non va inteso
In questo senso Rāma, non è solo il protagonista dell’epos narrato, bensì il nome dato ad un codice di comportamento morale, religioso, politico, e sociale che appartiene ad una fase precisa della civiltà indiana. Ciò significa che il poema rāmaico non solo “descrive, ma “prescrive”, attraverso il fulgido esempio di Rāma e Sītā come archetipi di perfezione e di adesione al [[dharma]], un modello di condotta morale e etica da imitare e interiorizzare. La narrazione di questi eventi mitici ci è giunta grazie alle eleganti strofe di Vālmīki che, con il suo stile raffinato ed erudito, sembra anticipare gli elaborati componimenti di epoca classica (Kāvya), ossia un particolare tipo di letteratura caratterizzata da lunghissime descrizioni, sorprendenti paragoni e [[metafora|metafore]], giochi di parole e ostentazioni di dottrina, rime interne e tutto un repertorio di ricercatezze formali e ornamenti stilistici (alamkāra) che inducono gli studiosi ad ipotizzare una matrice di natura aristocratica e a individuare nelle corti e nelle cerchie di intellettuali il luogo privilegiato di irradiazione di questo nuova e sapiente produzione letteraria. Anche gli [[indologia|indologi]] sono unanimi nell’accettare il dato della tradizione che assegna al veggente ([[rishi]]) Vālmīki la composizione del poema o, almeno, di quello che è ritenuto il suo nucleo originario, nonostante il nome del veggente venga citato solo esclusivamente nelle due sezioni, la prima e la settima, notoriamente considerate spurie.
In ogni caso Il Rāmāyana è giunto a noi in tre recensioni,ossia l'edizione di [[Bombay]], probabilmente la più antica e detta, dallo Jacoby, C, la bengalese o Gauda (B) e la Kaśmiriana o nord-occidentale (A). Tutte e tre le recensioni , seppure differiscano per intere sezioni e persino per discrepanze di contenuto, sono suddivise in sette kānda e offrono ad ogni modo una visione omogenea e coerente dello svolgimento dell’azione principale. Ogni kānda origina il proprio nome dalla natura della materia trattata.
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