Paolo Giovio: differenze tra le versioni

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Conseguita la laurea, Giovio esercita brevemente la professione [[medicina|medica]] a Como, ma un'epidemia di [[peste]] colpisce la città lombarda e lo convince a trasferirsi, consentendogli di "uscire dall'ospedale", un luogo di lavoro che certo non lo entusiasma. Già nel [[1512]], verso la fine del pontificato di [[Giulio II]] della Rovere la sua presenza è documentata a Roma, allora una dei centri culturali più importanti d'Europa, oltre che capitale della cristianità. In questa città, dove inizialmente presta la sua opera come dottore, muove i primi passi della sua carriera di letterato e di cortigiano, due attività decisamente più consone alle sue attitudini che non quella di medico. Da subito riesce a entrare nell'entourage del cardinale [[Bandinello Sauli]], di cui si pone al servizio. Nel [[1513]], risiede nell'Urbe al momento dell'insediamento di Giovanni de' Medici, figlio di [[Lorenzo il Magnifico]] sul soglio pontificio, con il nome di [[Leone X]]. Nel [[1514]] ottiene, per concessione papale, l'incarico di professore dello [[Studio Romano]], in qualità di lettore di filosofia morale <ref> lo stipendio assegnatogli per questa mansione è di 130 fiorini annui, cfr. Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit.</ref>, mentre l'anno successivo viene nominato lettore di filosofia naturale. Poco propenso alla carriera magistrale <ref> a questo proposito resta una testimonianza di una sua lettera, in cui ammette di aver "lassato un substitutio" (1515) nell'esercizio dell'incarico di lettore, cfr. Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit.</ref> ma piuttosto assorbito dagli studi e dalle ricerche storiografici, inizia a frequentare l'[[Accademia Romana]].<ref> La diffusione di circoli culturali che presero il nome di Accademie (il riferimento è evidentemente platonico) a partire dal [[XV secolo|Quattrocento]] diverrà un fenomeno di grande importanza culturale fino al [[XVIII secolo|Settecento]], interessando molte città italiane ([[Venezia]], [[Napoli]], [[Firenze]] e altre). L'Accademia Romana, in particolare, nacque per iniziativa di [[Pomponio Leto]] e aveva la sua sede proprio nella casa di quest'ultimo sul [[Quirinale]]. Dapprima vede la partecipazione di intellettuali come [[Filippo Buonaccorsi]], [[Marco Antonio Sabellico|Marcantonio Cocci]], [[Bartolomeo Sacchi|il Platina]]. Sotto Giulio II e Leone X, da cui ottenne riconoscimento ufficiale, conobbe un nuovo impulso e a essa si associarono umanisti come [[Jacopo Sadoleto]], [[Baldassarre Castiglione]], Paolo Giovio e [[Pietro Bembo]]. Oltre all'approfondimento di vari argomenti letterari, artistici, filosofici essa ebbe anche la funzione, insieme ad altri sodalizi analoghi, di un recupero e una valorizzazione sistematica della lingua latina, attraverso una ricerca sugli autori classici, elevandola al ruolo di una sorta di ''koiné'' letteraria del periodo rinascimentale, riscattandola da un uso ormai quasi del tutto ristretto (e depauperato) all'ambito liturgico ed ecclesiastico. Come ricorda L. Ariosto (Satire, VII, vv.127-132)a tale riscoperta linguistica si accompagnavano spesso anche vere e proprie escursioni alla ricerca di antiche rovine nella campagna romana, di cui Giovio fu uno dei più appassionati organizzatori e promotori, cfr. Paolo Ceccoli, (a cura di), "Guida alla lettura di Paolo Giovio, vedi Bibliografia critica </ref>; Questo gli consente di migliorare l'uso della prosa latina, con maggior padronanza dei classici, approfondendo sia lo stile [[atticismo|atticista]] che le forme espressive dell'[[asianesimo]], oltre che degli autori del periodo imperiale, raggiungendo quell'affinamento di stile ben presto riconosciuto e apprezzato dai suoi contemporanei. Giovio stesso definisce questa evoluzione come il passaggio da un "latino argenteo", imparato durante gli studi, ad un "latino aureo", letto ed ascoltato nelle riunioni con i più eminenti cultori accademici della antica lingua. Non di meno, l'epistolario rivela un'altrettanto precoce "insaziabilità documentaria e la vocazione all'utilizzo delle fonti dirette che lo caratterizzò nel corso della sua carriera" <ref> cfr. "Paolo Giovio: una biografia", in ibidem, cit.; al riguardo, si veda, ad esempio, la lettera del 30 maggio 1514 al condottiero [[Bartolomeo d'Alviano]], nella quale gli chiese, per le sue ''Historiae'', particolari riguardo alla [[battaglia di Agnadello]]</ref>. Questo approccio con le vicende storiche, attento ai dettagli, alle fonti dirette, alla descrizione delle personalità e dei caratteri, persino ai pettegolezzi, che si riscontra fin da questi anni, è il tratto migliore e più originale dello stile gioviano, che nella maturità, segnerà eminentemente le sue opere storiografiche così come gli scritti biografici. In esso ritroviamo il tentativo di tradurre l'ideale individualismo umanistico, come motore delle vicende umane, in un racconto storico di valore universale, avulso da interessi e scopi particolari come era uso, pur non prescindendo mai da una vigile, spesso dettagliata, analisi delle reali vicende politiche e militari, anche apparentemente marginali nel contesto "mondiale". Già nel 1515, lo studioso sottopone all'attenzione del pontefice i primi capitoli delle sue "Historiae". Un lavoro ponderoso e ambizioso, con il quale l'autore cerca di "collocare le 'guerre horrende de l'Italia' in una narrazione che le delineasse come un passaggio cruciale della storia e della civiltà" <ref> cfr. Paolo Ceccoli, (a cura di), "Guida alla lettura di Paolo Giovio", cit. vedi Bibliografia critica</ref>, in cui traspare, già fin dalla sua genesi, l'intuizione della progressiva perdita della centralità geopolitica dell'Italia a favore di nuovi equilibri fra le potenze europee, Impero e Francia in primis. Non a caso le sue "Historiae" prendono l'avvio dalla guerre di successione per il regno di Napoli che causano la discesa di Carlo VII di Valois in Italia e l'innesco di una serie di lotte tra stati italiani per il ridisegno delle supremazie dei vari principati, appoggiati da forze straniere: alleanze che determineranno il ridimensionamento dell'importanza delle signorie, se non il loro assoggettamento. Un'intuizione che lo storico viene maturando già a partire dal 1515 dopo la [[battaglia di Marignano]] (Melegnano)<ref>lo scontro sarà definito dal [[maresciallo Trivulzio]] "battaglia dei giganti" </ref>, in seguito alla quale la famiglia Sforza, sostenuta anche da milizie svizzere, perde inaspettatamente il controllo sul Ducato di Milano a favore dei francesi, con l'appoggio dei veneziani. La conquista da parte della corona di Francia del territorio milanese non è di poco conto, essendo il centro lombardo un vero potentato economico, tra l'altro, punto di snodo importantissimo per i traffici commerciali con il nord Europa. La reazione all'evento da parte della Curia pontificia non può che confermare i timori dell'umanista comasco, comportandosi nel frangente il Papa come un qualsiasi principe territoriale. Leone X si affretta infatti ad incontrare Francesco I a Bologna, stabilendo con quest'ultimo un patto in base al quale ai transalpini era garantita l'influenza sulla parte settentrionale della Penisola in cambio della supremazia medicea sull'area centrale. L'acquiescenza del pontefice per l'annessione di fatto del Ducato di Milano e l'implicito riconoscimento dell'emergente potenza francese porta inevitabilmente a una tensione tra il papato e l'imperatore Massimiliano d'Asburgo che durerà fino al 1521, dopo l'ascesa di [[Carlo V del Sacro Romano Impero|Carlo V]] alla dignità imperiale. Pur non potendo prevedere con chiarezza le penose conseguenze di questa nuova strategia di alleanze e i conflitti che ne sarebbero derivati, anche Giovio, come altri storici e commentatori dell'epoca, intuisce comunque la gravità della rottura di un'alleanza fondamentale tra le uniche due forze in grado di rappresentare insieme un efficace baluardo di difesa alla civiltà europea e al contempo di essere veicolo per la diffusione della cultura "occidentale" in un mondo i cui confini si vanno rapidamente allargando (conquista delle Americhe, rafforzamento delle rotte orientali con l'Asia, pressione dei Tartari sul territorio Russo). Una divisione che appare tanto più grave negli anni immediatamente successivi di fronte alla ripresa dell'iniziativa militare dell'Impero Ottomano nei [[Balcani]] e nel [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] e, su altro fronte, per il diffondersi dell'iniziativa riformatrice di [[Martin Lutero]] che mina al suo interno l'unità dei cristiani.
 
==Il legame con la famiglia de'Medici,: gli anni "fiorentini e l' investitura pontificia di Clemente VII: le prime opere" e l'attività diplomatica==
Nel 1517, caduto in disgrazia il cardinale Sauli, suo mecenate,<ref> il prelato venne accusato di essere coinvolto nella congiura ordita dal cardinal Petrucci per avvelenare Leone X, e, dopo aver pagato una forte somma, fu costretto a dimettersi</ref> Giovio si lega definitivamente alla potente famiglia fiorentina, continuando a esercitare l'arte medica, ma acquisendo sempre più notorietà come figura di emergente umanista; Leone X lo nomina cavaliere e gli assegna una pensione. In particolare, strette relazioni intrattiene con Giulio de' Medici, di cui entra al servizio.Quest'ultimo è cugino del pontefice in carica, e destinato lui stesso al soglio di Pietro nel 1523, con il nome di [[Clemente VII]], dopo il brevissimo regno (1522/1523) del fiammingo [[Adriano VI]], già tutore del futuro imperatore [[Carlo V del Sacro Romano Impero|Carlo V]] Al seguito del suo nuovo protettore, delegato da papa Leone X al governo di Firenze, Giovio risiede a lungo (quasi sette anni, sebbene con numerosi e prolungati intervalli), in quest'ultima città, dedicandosi alla stesura delle ''Historiae'', senza dubbio la sua opera più importante. Sebbene apertamente coinvolto con il partito mediceo, l'umanista ha frequenti occasioni di partecipare alle riunioni che si tengono negli [[Orti Oricellari]], vicino a [[Palazzo Rucellai]], dove si danno convegno vecchi e nuovi esponenti della fazione contraria ai de' Medici. In esse si svolgono conversazioni culturali, rappresentazioni artistiche (tra le altre, qui viene messa in scena ''[[La Mandragola]]'' di [[Nicolò Machiavelli]]), ma, ovviamente anche accese discussioni politiche che delle idee dello stesso Machiavelli, faro dell'aristocrazia fiorentina di nostalgia repubblicana e di sentimenti avversi allo strapotere mediceo romano sulla città, fanno il loro punto di riferimento principale. [[File:Hadrian VI.jpg|thumb|left|300px|Ritratto di papa Adriano VI, [[Jan van Scorel]], (1523?)]]. A Firenze Giovio ha occasione di incontrare anche [[Francesco Guicciardini]]. Oltre a dedicarsi alle frequentazioni culturali, lo studioso non disdegna la vita nelle ville signorili e dei "salotti" eleganti, così come con una certa assiduità si dedica al corteggiamento femminile. Qui inizia la raccolta dei primi ritratti che verranno esposti nel suo Museo e diviene consulente di vari pittori e artisti, a cui dispensa informazioni e consigli sulla composizione di soggetti mitologici <ref> cfr. Paolo Ceccoli, (a cura di) "Paolo Giovio. Guida alla lettura, cit.</ref> Sono. tuttavia, anni di viaggi presso diverse corti italiani ed europee (anni in cui alla sua notorietà come medico si affianca via via quella di letterato) e che consentono a Giovio "di entrare in contatto con famosi personaggi del tempo e raccogliere un po' ovunque notizie e documenti" <ref> cfr. Paolo Giovio, in Enciclopedia Tematica, Letteratura, vol. 12, Garzanti, Milano, 2006</ref> e di farsi via via sempre più apprezzare come cultore dei classici e attento indagatore delle vicende diplomatiche e storiche. In questo periodo, che va dal [[1515]] al [[1522]], lo studioso si trova a confrontarsi con trasformazioni politiche di portata storica <ref> per tutta questa parte, cfr. Jakob. Burckhardt in "La civiltà del secolo del Rinascimento in Italia, trad. it., 2 voll., Sansoni, Firenze 1876 e Peter Burke, in "Il Rinascimento Europeo. Centri e periferie", trad. it., Laterza, Bari-Roma 1998 </ref> che sembrano far maturare compiutamente la consapevolezza del rischio concreto, già intuito, della graduale perdita dell'Italia della sua centralità geo-politica nello scacchiere europeo e nel " nuovo mondo" che viene delineandosi <ref> cfr. T.C. Price Zimmermann, in "Paolo Giovio. The Historian and the Crisis of the Sixsteenth-Century in Italy",Princeton University Press, 1995</ref> Innanzitutto, la "sistemazione" conseguente al patto di Bologna tra il re francese e il papato non impedisce il proliferare di conflitti locali, violenti e di vasta portata nella Penisola, e non sembra garantire alcuna stabilità, se non addirittura enfatizzare le divergenze tra i diversi principati. Su altro fronte, l'acuirsi della frattura tra movimento riformato e Chiesa di Roma, a cui inizialmente Leone X non attribuisce la giusta importanza, che prende l'avvio a partire dal [[1517]], con l'affissione da parte di Lutero delle [[95 tesi di Lutero|95 Tesi]]<ref> Si tratta delle "Resulotiones disputationum de indulgentiarum virtute" </ref> alle porte della chiesa del castello e dell'Università di [[Wittenberg]] e si consuma definitivamente, nel dicembre del 1520, quando il monaco [[Ordine di Sant'Agostino|agostiniano]] tedesco brucia sulla pubblica piazza la [[bolla pontificia|bolla papale]] ''Exurge Domine'', con la quale il pontefice di Roma condannava le sue nuove posizioni religiose. <ref> per questa parte, confronta H. Bainton, in "Here, I Stand. A life of Martin Luther", Abigdon-Cokesbury Press, New York, 1950, poi ""Martin Lutero", trad it. Einaudi, Torino, 1960, a cura di ''[[Delio Cantimori]]''</ref> Nel frattempo, nel 1519, aveva iniziato a diffondersi, dapprima in Svizzera e in Francia ([[Ugonotti]]), anche la dottrina elaborata dal [[Piccardia|piccardo]] [[Giovanni Calvino|Jehan Cauvin]](Giovanni Calvino); dopo queste aree la Chiesa riformata [[calvinismo|calvinista]] si espande in Inghilterra e nei paesi nordici. Di grande rilievo, ancora, è l'elezione ad Aquisgrana il 23 ottobre del [[1520]] di Carlo V d'Asburgo, re di Spagna, a imperatore del Sacro Romano Impero, in competizione con [[Francesco I di Francia]] e [[Enrico VIII d'Inghilterra]]. Tale nomina comporta l'accentramento nelle mani del nuovo imperatore di una potere smisurato, mai detenuto da alcun regnante europeo, dal Medioevo in poi, che implica autorità di governo sui territori degli Asburgo, della Spagna, con i possedimenti americani, e su quelli del [[ducato di Borgogna]] ([[Franca Contea]] e [[Fiandre]])<ref> lo stesso Carlo V era nato a [[Gent]] il 24 febbraio 1500</ref>. Come portato indiretto di questo evento, da non trascurare è l'ascesa della famiglia di banchieri tedeschi [[Fugger]] a scapito di altre potenze finanziarie, soprattutto italiane, che aveva economicamente sostenuto l'elezione di Carlo, che si trova a gestire immense disponibilità di denaro, in larga misura provenienti dalle Indie Occidentali. Tutto questo delinea una crescente supremazia di due blocchi di influenza Impero e Spagna da un lato, Francia e, in certo modo, Inghilterra dall'altro <ref>la posizione inglese si divide alternativamente tra politica filo francese, perseguita inizialmente dopo l'elezione di Carlo V, al legame definitivo di Enrico VIII con l'imperatore asburgico</ref>. Inoltre, come già accennato, la ripresa dell'iniziativa militare turca, sia da parte della pirateria barbaresca, sia a seguito della conquista di [[Belgrado]] da parte del sultano [[Solimano il Magnifico|Sulaymān II il Magnifico]], nel 1521 e la presa di Rodi del 1522, del cui progetto si era già avuta notizia fin dal 1517 <ref> per quanto riguarda l'espansione Ottomana, cfr. Sodini Carla, in "Il Commentario de le cose de' Turchi", in vedi "Bibliografia critica", link esterno e "Paolo Giovio. Consiglio di Monsignor Paolo Giovio, raccolto dalla Consulta di Papa Leone Decimo per l'impresa contra infedeli", Bonelli, Venezia 1560 (post.) </ref>. In questo quadro, non va dimenticato il rapido "ampliarsi" della geografia del mondo (del 1519 è il primo viaggio di [[Ferdinando Magellano]], mentre del 1521 è la conquista della capitale dei [[Mexica]], da parte di [[Hernán Cortés]]; a quegli anni risale,inoltre, l'inizio della colonizzazione del [[Sud America]], la prima occupazione del [[Canada]] orientale da parte inglese e il consolidamento degli avamposti commerciali portoghesi a [[Goa]], [[Malacca]], [[Molucche]], [[Macao]] e [[Nagasaki]]) e l'aggravamento dello stato di crisi economica e finanziaria in cui versa la Chiesa romana, dissanguata da guerre e mecenatismo artistico, che non poco peso avrà proprio sulla iniziale presa di posizione di denuncia luterana. <ref> questione delle indulgenze, in H. Bainton, ''Martin Lutero'', cit.</ref>. [[File:Clement VII. Sebastiano del Piombo. c.1531..jpg|thumb|right|300px|Ritratto di papa Clemente VII, [[Sebastiano del Piombo]], 1531 circa, Museo di Capodimonte Napoli]] Nel 1521, Leone X si convince a porre un freno al dilagare dell'influenza transalpina nel Nord Italia, che oltre al saccheggio di alcune città, rischia di destabilizzare i fragili equilibri tra i diversi potentati, con danno anche per gli interessi temporali della Chiesa e della famiglia de'Medici. Questo lo porta a stringere un accordo con Carlo V, con il quale si stabilisce una comune iniziativa antifrancese. Il legame con l'oligarchia medicea, oltre ai profondi convincimenti personali, porta Giovio ad appoggiare la guerra promossa dal Papa contro il re [[Francesco I di Francia]], durante lo stesso anno. Campagna militare formalmente voluta per la difesa della libertà italiana, in alleanza con la Spagna, ma in verità condotta allo scopo di reinsediare la famiglia [[Sforza]] alla guida del [[Ducato di Milano]], e, non ultima ragione, per tentare di contrastare la diffusione del movimento luterano in Germania grazie al ritrovato rapporto con l'imperatore <ref> vedi nota n. 51, Lega Smalcaldica</ref>. Nel corso del conflitto, Giovio, che accompagna Giuliano De' Medici designato come legato militare, si trova spesso sui campi di battaglia. È costretto, tra l'altro, ad assistere al sacco di Como, sua città natale, da parte delle truppe spagnole al comando del marchese di Pescara, [[Fernando Francesco d'Avalos]], nonostante la pacifica resa delle truppe transalpine. Dopo la presa della città, anche il fratello Benedetto venne torturato. "Un prezzo duro da pagare alla linea di politica filo imperiale alla quale tentò di mantenere fedele il suo patrono Giulio de' Medici"<ref> cfr. Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit.</ref>. Da questa esperienza lo storico trae un forte convincimento antibellicista, stigmatizzando le guerre fratricide, giustificandole solo nel caso in cui esse siano rivolte a combattere il nemico comune della cristianità: l'Impero Ottomano. La morte di papa Medici, pone fine alle campagne militari contro i francesi, in attesa che il conclave elegga il nuovo Pontefice. Pochi giorni dopo la chiusura del conclave che vede l'elezione di Adriano VI <ref> di questo pontefice, Giovio nella sua "Vita", cit., darà un giudizio preciso: gli apparve "uomo freddo e poco abituato alle maniere diplomatiche della curia romana (...) privo della necessaria umanità e delle qualità personali di cui aveva bisogno", cfr. Paolo Ceccoli (a cura di), cit.</ref> Giovio viene inviato in missione diplomatica a [[Genova]], da poco messa a sacco dalle stesse truppe imperiali che avevano conquistato Como. Nella città ligure entra al servizio del [[marchese Adorno]] con cui doveva intrecciare più tardi uno dei più seri tentativi diplomatici di soluzione della questione italiana" <ref> cfr. Paolo Ceccoli, (a cura di), cit. Nelle lettere di questo periodo, lo storico parla del graduale ritorno della città alla consueta gaiezza pubblica e privata di cui prima del saccheggio "menava vanto da molti anni". Come di consueto non trascura di magnificare le signore del suo ambiente che con compiacimento definisce "splendide, galanti, piacevoli e colte", cfr. Paolo Ceccoli (a cura di), cit. </ref>. Nel novembre del 1522, Giovio parte, insieme con il marchese genovese, per Ferrara e Venezia, nel tentativo di convincere il duca d'Este e il senato della Serenissima a recedere dalla loro alleanza con la Francia. Nella capitale della Repubblica, i colloqui si protraggono per diversi mesi, durante i quali il marchese Adorno muore. Anche qui lo studioso ha modo di entrare in contatto con numerosi influenti personaggi, con i quali intrattenne buoni rapporti per il resto dell'esistenza <ref> in un dialogo scritto ad Ischia anni dopo, vedi Sezione "Il sacco di Roma...", avrò modi di ricordare le frequentazioni femminili di questo periodo, desrivendo il ballo molto sensuale di una nobildonna veneziana durante una festa, cfr. Paolo Ceccoli, (a cura di), cit.</ref> Durante il papato di Adriano VI, Giovio ottiene un [[canonicato]] a Como. È probabilmente di questi anni la stesura, pubblicata più tardi<ref> cfr. sezione Opere</ref> de "La vita di Leone X" <ref> di questa opera, a se stante, è conservata una traduzione in volgare nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, curata da ''[[Cosimo Bartoli]]'', "Cosimo Bartoli, La vita di Leone X scritta in latino da Paolo Giovio e volgarizzata da Cosimo Bartoli", cfr. Charles Davis in vedi Bibliografia critica, link esterno</ref>

==I primi anni di pontificato di Clemente VII: le prime opere il raggiungimento della fama==
In ogni caso, è con la salita al potere di Clemente VII che l'umanista raggiunge l'apice della sua influenza politica e culturale. "Conosciuto come persona la cui parola pesava in misura determinante nelle decisioni del pontefice, era 'carezzato' da una vastissima schiera di personaggi accreditati presso la pontificia. I suoi quartieri in Vaticano, quello che Giovio ironicamente definisce il suo 'paradiso', divennero luogo di incontro di prelati e diplomatici, segretari e spie di tutta Europa, alla ricerca delle ultime notizie "<ref> cfr. Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit</ref>. In questo periodo, egli dà origine ad una fitta rete di rapporti epistolari, da cui ricava informazioni dirette e indirette che, una volta organizzate, gli serviranno per la stesura delle sue ''Historiae'', oltre a garantirgli il privilegio di un punto di osservazione invidiabile e dagli orizzonti smisurati delle vicende culturali e politiche europee di quegli anni <ref> "Una storia intellettuale della Roma, leonina prima e clementina poi, si potrebbe scrivere anche solo annodando le fila che connettono libri che gli vennero in quegli anni dedicati (come il ''De poetis urbanis'' di [[Francesco Arsilli]], o ne omaggiano l'attività e che presuppongono tutti frequentazioni dal denso sfondo esistenziale e culturale, cfr. Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit.</ref>. Egli non rinuncia, tuttavia, all'esercizio della professione medica (sappiamo da fonte diretta che quando [[Ludovico Consalvo]] ha problemi di salute, Clemente gli invia Giovio per curarlo), sebbene ormai l'attività di letterato e diplomatico sia del tutto preponderante e come tale gli venga riconosciuta dai più, in Italia e in Europa <ref> a proposito della sua attività di medico è da ricordare un episodio avvenuto nel 1525, cfr, Paolo Ceccoli (a cura di), cit. Venuto a conoscenza di un antidoto prodotto da un ex frate, Giovio somministra una dose di veleno (aconito) a due condannati a morte. Ad uno somministrò l'antidoto del frate, mentre lasciò morire l'altro detenuto. Papa Clemente comperò la formula e la scoperta venne pubblicata per combattere gli effetti della micidiale sostanza</ref> La costante, incontenibile attenzione verso le vicende storiche sostenuta da un solido e non comune patrimonio culturale, frutto degli ottimi studi e della privilegiata formazione successiva a questi, hanno come esito, in questi anni, non soltanto l'avvio dell'ambizioso progetto delle ''Historiae'', ma anche la redazione di alcune opere che testimoniano quanto fossero radicati in Giovio gli interessi di natura scientifica. Il ''De romanis piscibus'' (1524) fa certamente parte di questo primo gruppo di lavori successivo alle ''Noctes''. Si tratta di un testo di [[ittiologia]], antesignano delle molte opere monografiche di zoologia che vedranno la luce negli anni seguenti per mano di diversi autori. Di poco posteriore è il ''De optima victus ratione'', un trattato di dietetica, nel quale esprime, tra l'altro, la sua perplessità nei confronti della [[farmacologia]] e la necessità di migliorare la [[prevenzione]], rispetto alle cure. Sempre del 1524 è il libello ''Consultum de oleo''<ref> in verità il testo è anonimo, ma attribuibile con certezza a Giovio, cfr Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit</ref>, una sorta di richiesta di parere su un olio antipestilenziale; risale, invece, al 1525 la cosiddetta ''[[Moscovia|Moschovia]]'', piccolo trattato corografico in cui si affronta una breve descrizione della Russia, mentre anteriore al 1528 è la ''De hammocrysi lapidis virtutibus epistula'', "una sorta di perizia -attualmente perduta- su una pietra dai poteri astrologici citata dal solo [[Plinio il Vecchio]] in un passo della sua ''[[Naturalis historia]]''<ref> vedi Paolo Giovio: una biografia, in ibidem, cit.</ref>.
Risale a questo periodo lo scambio di ''[[epigrammi]]'' polemici con [[Pietro Aretino]], anch'egli in soggiorno a Roma <ref> (in forma di epitaffio, Giovio scrisse del toscano: "Qui giace l'Aretin, poeta tosco; di tutti parlò mal, fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco"; il poeta rispose, con altro epitaffio: "Qui giace il Giovio, storicone altissimo; di tutti disse mal, fuor che dell'asino, scusandosi col dir: egli mi è prossimo")</ref>. Decisamente più rilevante è la stesura in questi anni (1523/1527) di tre brevi, ma importanti biografie dedicate a Leonardo da Vinci, Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti <ref> queste saranno edite solo molto più tardi, in ''Fragmentum trium Dialogorum Pauli Jovii. Dialogum virium literis illustrium cui in calce sunt additae Vincii, Michaelis Angelis, Raphaelis Urbinatis vitae'', in Tiraboschi "Storia della letteratura italiana", Modena, 1781, IX, pp. 254-293; per la biografia di Michelangelo di Paolo Giovio, vedi Davis Charles, in Bibliografia critica, cit.</ref> Quella di quest'ultimo artista, la più estesa delle tre, contiene anche notizie circa [[Andrea Sansovino]], [[Baccio Bandinelli]] e [[Cristoforo Solari]], il Gobbo<ref> essa fornisce anche informazioni sulla fabbrica del [[Duomo di Milano]]; anche nelle altre biografie si riscontrano accenni su altri artisti dell'epoca</ref>