Biennio rosso in Italia: differenze tra le versioni

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Le conseguenze delle occupazioni indebolirono il [[Governo Nitti II| governo Nitti]], che si dimise per [[Governo Giolitti V|lasciare il posto]] all'ottantenne [[Giovanni Giolitti|Giolitti]], il quale assunse un atteggiamento neutrale, nonostante le pressioni degli industriali per sgomberare le fabbriche con l'esercito.
Promosse invece il dialogo tra [[Confederazione Generale del Lavoro|CGL]] e industriali, ottenendo gli aumenti salariali richiesti e la promessa, mai attuata, di un controllo sulla gestione aziendale.
Le fabbriche furono perciò sgombrate pacificamente, sebbene il biennio rosso terminò con il bilancio di 227 morti e 1072 feriti, tra forze dell'ordine e lavoratori.
Ma la conclusione tutt'altro che pacifica del biennio rosso, (227 morti e 1072 feriti riconducibili a lotte sociali nel 1920), non impedì l'accumulo di tensione e paura tra industriali e borghesi, spaventati da un eventuale [[rivoluzione]] [[socialista]].
 
Il timore per ulteriori tumulti sociali cominciò a diffondersi, favorendo la richiesta di una soluzione anti-socialista e autoritaria. Tra gli animatori del biennio rosso vi furono [[Amadeo Bordiga]] e [[Antonio Gramsci]], futuri fondatori del [[Partito Comunista d'Italia|PCd'I]].