Lucio Verginio Rufo: differenze tra le versioni

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'''Lucio Verginio Rufo''' (latino: ''Lucius Verginius Rufus''; [[14]]-[[97]]) fu un politico e un generale dell'[[Impero romano]], famoso per aver rifiutato la porpora dopo la caduta di [[Nerone]]. Nei testi moderni , a causa di un'italianizzazione ottocentesca del nome, lo si trova sotto la voce Lucio Virginio Rufo.
 
== Biografia ==
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Rufo accettò di fare da tutore del figlio di un suo amico, il cavaliere romano Lucio Cecilio Secondo, morto negli [[anni 60]]. In quel periodo Rufo ebbe un dissidio con l'oratore greco [[Nicete]], ma Nerone intervenne inviando Nicete in Germania superiore, dove i due avversari si riconciliarono e divennero amici. Nicete fece poi da insegnante per il minore tutelato, che, ricevuta una eccellente educazione, fu in seguito adottato dallo zio, l'ufficiale e studioso [[Plinio il Vecchio]], del quale assunse il nome tanto da essere noto come [[Plinio il Giovane]].
 
Il governo di Nerone era percepito come sempre più dispotico dagli aristocratici, e alla fine questa percezione portò ad una ribellione aperta. Il protagonista di questa rivolta fu il governatore della [[Gallia Lugdunense]], [[Gaio Giulio Vindice]], un principe [[aquitani]]co e senatore romano: scelto il possibile successore al trono, il governatore della [[Hispania Tarraconensis]] [[Servio Sulpicio Galba (imperatore romano)|Servio Sulpicio Galba]], Vindice si ribellò nell'aprile [[68]].

Secondo il racconto di [[Cassio Dione]],<ref>Cassio Dione, lxiii.23.1-24.4.</ref> uno storico e senatore romano vissuto all'inizio del III secolo, Rufo si mosse contro Vindice per combatterlo. Giunto a [[Besançon]], la città non gli aprì le porte, e Rufo la mise sotto assedio. Vindice avanzò in aiuto della città assediata; dopo essersi scambiati dei messaggi, i due comandanti si accordarono per un incontro tra loro due soltanto. Secondo Cassio Dione, i due giunsero ad un accordo contro Nerone. Vindice, allora, avanzò con il suo esercito con lo scopo di occupare la città; vedendo questo e pensando invece che Vindice stesse per dare battaglia, gli uomini di Rufo reagirono di propria iniziativa e attaccarono il nemico impreparato, facendone strage. Vindice, sconfitto, si suicidò. A questo punto l'esercito acclamò ripetutamente Rufo imperatore, cercando di obbligarlo ad accettare l'impero; Virginio, però, rifiutò e dichiarò che non avrebbe né accettato quell'onore per sè, né avrebbe permesso che fosse dato a qualcuno di diverso del prescelto del Senato.<ref>Plutarco, ''Vita di Galba'', x.</ref> A giugno, il Senato fece la sua scelta riconoscendo Galba imperatore, e Nerone si suicidò. Nell'autunno di quell'anno Rufo concluse il proprio mandato, o in quanto richiamato o perché era giunto il termine della magistratura, per essere sostituito da [[Marco Ordeonio Flacco]].
 
Le legioni delle province renane, temendo che la loro lealtà a Nerone fosse punita da Galba, proclamarono imperatore il nuovo governatore della [[Germania inferiore]], [[Vitellio]]. Nel frattempo Galba era stato assassinato e il Senato aveva scelto al suo posto [[Otone]] (gennaio [[69]]). Virginio, nominato console per quell'anno, fu leale a quest'ultimo, ma le truppe di Otone furono sconfitte da quelle di Vitellio, e i soldati di Otone arrestarono, per motivi ignoti, Virginio, che riuscì però a fuggire. Virginio consigliò al Senato di riconoscere Vitellio imperatore, e si recò in seguito a [[Pavia]] in visita presso il nuovo sovrano: in questa occasione Vitellio gli salvò la vita, sottraendolo alla furia dei suoi ex-soldati, dei quali aveva rifiutato l'acclamazione e poi si era schierato con Otone.