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== Storia ==
Il [[quotidiano]] venne fondato a [[Roma]] il [[6 maggio]] [[1944]], prima ancora che le truppe anglo-americane entrassero in città. Il primo numero uscì il [[5 giugno]], all'indomani della liberazione della capitale. Stampato in una vecchia tipografia in via Mario de' Fiori, nel centro di Roma <ref>Lo stesso stabilimento in cui veniva stampato l'«[[Avanti!]]».</ref>; il nome venne scelto nella notte da Angiolillo. Il direttore, che aveva acquistato la testata «L'Italia» <ref>Da non confondere con il quotidiano della [[Diocesi di Milano]] ''[[L'Italia]]'', era una storica testata fondata da [[Camillo Cavour]] nel [[1859]]. Il quotidiano di Angiolillo ereditò il numero delle annate, LXXXVI.</ref>, la scartò all'ultimo momento preferendo «Il Tempo» (vedi sopra). «L'Italia» comparve accanto alla testata. Nella sottotestata apparve l'indicazione «Quotidiano socialdemocratico» <ref>Che scomparve già con il numero 3 del 9 giugno.</ref>.
Il giornale era composto da un unico foglio, data la scarsità, in quel periodo, della carta, materiale ancora difficile da reperire. <br/>
Dopo undue solosoli numeronumeri ''Il Tempo'' venne sospeso per violazione degli accordi sulla stampa esistentiintercorsi tra il [[CLN]] ed il comando alleato <ref>Gli accordi prevedevano che in ogni città potesse uscire soltanto un quotidiano per ciascuno dei partiti del CLN (sei), più un quotidiano creato dal [[PWB]] alleato.</ref>. Angiolillo e il condirettore [[Leonida Répaci]] si diedero da fare per revocare il provvedimento e, dopo soli tredue giorni dall'esordiodi sospensione, il [[9 giugno]] ''Il Tempo'' ritornò in edicola., con il nuovo sottotitolo «Quotidiano indipendente».<br/>
Nei primi mesi il giornale fu compilato da Angiolillo, Répaci e da quattro colleghi: Gugliemo Serafini, Carlo Scaparro, Gaspare Gresti e Marcello Zeri.
 
La caduta del [[governo Bonomi]], il 26 novembre di quell'anno, determinò una svolta alla linea politica. Accade che il reincarico di Bonomi fu approvato dalla monarchia invece che dal CLN. Angiolillo portò il giornale, da socialdemocratico, a posizioni moderate <ref>[[Paolo Murialdi]], ''La stampa italiana del dopoguerra'', Laterza, 1978.</ref>. La rottura con Répaci fu inevitabile. Alla fine dell'anno il sodalizio si sciolse. Il co-fondatore venne liquidato con una buonuscita di 750.000 lire <ref>Giampaolo Pansa, ''Comprati e venduti'', Bompiani, 1977, pag. 111.</ref>.