Attentato di via Rasella: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ancora snellimento |
ancora qualche ritocco |
||
Riga 13:
<div style="font-size: 92%; text-align: justify;">L'attacco di via Rasella e l'[[eccidio delle fosse Ardeatine]], sono due degli episodi più drammatici e sanguinosi dell'[[occupazione tedesca di Roma]] della quale si fornisce qui un breve inquadramento storico.
Con l'armistizio dell'[[8 settembre]] [[1943]] e la [[fuga del re Vittorio Emanuele III|fuga del re e del governo]], Roma divenne teatro di una battaglia contro i tedeschi, cui era indispensabile il possesso delle sue strade e dei ponti sul [[Tevere]] per arrestare l'avanzata alleata incedente da Sud.
Roma passò nominalmente sotto il governo della [[Repubblica Sociale Italiana]], costituito il [[23 settembre]] [[1943]], ma di fatto era nelle mani delle autorità militari tedesche<ref>Che intendevano in questo modo sfruttarne in pieno politicamente e militarmente il grande valore</ref>. Il clima politico e i sentimenti della popolazione si orientarono in direzione antifascista ed antinazista<ref>Nonostante il Fascio repubblicano costituito nella capitale fosse stato uno dei più importanti numericamente (Cfr. [[Giorgio Pisanò]], ''Storia della Guerra civile in Italia'', cit.), esso rappresentò l'unico centro di raccolta dei pochi fascisti della capitale. Un segno di scollamento della città dal fascismo e dello strapotere tedesco è stato rilevato nel maggior tasso di [[renitenza alla leva]] registrato a Roma rispetto al resto della RSI. I tedeschi tentarono infatti a più riprese di sabotare ogni tentativo fascista di ricostituire forze armate autonome, preferendo gestire autonomamente le risorse umane italiane attraverso retate di uomini atti al lavoro da inviare a elevare fortificazioni sui fronti di Anzio e Cassino , in Germania o, nell'[[Organizzazione Todt]], anche in Alta Italia. Cfr. R. De Felice, ''Rosso e Nero'', a cura di P. Chessa, Baldini&Castoldi, Milano, 1995, pag. 60, e ''Mussolini l'alleato'', tomo II, Einaudi; Giorgio Pisanò, ''Storia della Guerra civile in Italia'', cit.. La renitenza alla leva era superiore del 15-20% alla media, mentre, secondo i dati dei Servizi segreti USA, solo il 2% dei cittadini romani si presentava spontaneamente alle chiamate al lavoro o alle armi imposte dai comandi del [[Terzo Reich|Reich]] (Cfr.Umberto Gentiloni Silveri, Maddalena Carli, "Bombardare Roma - Gli Alleati e la «città aperta» (1940-1944) - Il Mulino - Biblioteca storica, Bologna, 2007, ISBN 978-88-15-11546-1, pag. 13).</ref>.
La città era stretta fra l'offesa dal cielo da parte alleata<ref>Concentrata soprattutto sulle vie d'accesso periferiche, in particolare le Vie Consolari</ref>, e l'oppressione dell'occupante germanico e fascista. Fin dall'armistizio si erano formati gruppi antifascisti armati<ref>Secondo Gioacchino Solinas le armi furono fatte distribuire dal generale Carboni direttamente il 9 e 10 settembre a nuclei comunisti. Cfr. Solinas, ''I granatieri..." cit.</ref>, in particolare quelli di ispirazione troskista ("[[Bandiera Rossa Roma|Bandiera Rossa]]") e militare ("Centro X") agli ordini del [[Alfeo Brandimarte|maggiore Brandimarte]] e del colonnello [[Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo|Montezemolo]]. La città inoltre era un crocevia al quale tutte le principali organizzazioni di spionaggio dei belligeranti.<ref>Sulla "guerra segreta" condotta a Roma e dai contorni tutt'ora oggetto di studio, vedere [[Peter Tompkins]], ''L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista'', Il Saggiatore - 2005</ref>.
I tedeschi, ben consci del valore politico di Roma, con la presenza del [[Città del Vaticano|Vaticano]], tentarono di far fruttare propagandisticamente la pur solo formale e mai riconosciuta dichiarazione di "città aperta"<ref>Il governo [[Pietro Badoglio|Badoglio]] dichiarò unilateralmente Roma "città aperta" trenta ore dopo il secondo bombardamento alleato della capitale, il [[13 agosto]] [[1943]] (Cfr. Giorgio Bonacina, ''Obiettivo Italia - I bombardamenti aerei delle città italiane dal 1940 al 1945'', Mursia, 1970, pag. 236.). L'attacco, eseguito da bombardieri [[Stati Uniti d'America|statunitensi]], aveva causato danni forse ancora maggiori del primo, che l'aveva colpita il [[19 luglio]] (bombardamento di [[San Lorenzo (zona di Roma)|San Lorenzo]]): nei due bombardamenti morirono oltre 2.000 civili innocenti e parecchie altre migliaia rimasero feriti, senza casa e lavoro. In città venivano così a mancare servizi essenziali, mentre la fame si diffondeva e la capitale si faceva invivibile. Gli [[Alleati]] avevano già dichiarato, prima ancora del "25 luglio", che una eventuale dichiarazione di "città aperta" del governo italiano - ove non accompagnata da smilitarizzazione con possibilità di verifica da parte di osservatori neutrali - non avrebbe avuto alcun valore. ("Roma potrebbe venire considerata una città aperta soltanto nel caso in cui l'esercito, le installazioni militari, gli armamenti e le industrie di guerra venissero rimossi [...] Qualora il regime fascista decidesse di salvare Roma facendone una città aperta, dovrebbe rilasciare una precisa dichiarazione in modo da consentire agli Alleati, agendo attraverso rappresentanti neutrali,di determinare quando la necessaria smilitarizzazione abbia avuto luogo", H. Callender, ''Open City Status by Rome Doubted. Washington feels. Capital is Too important for Axis to Demilitarize it. Rail Lines Called Vital. Vast Shifting of Italian War Plants Involved - Sicilian Resistence Expected'' in "The New York Times del 21 luglio 1943, citato (pag. 31) in Umberto Gentiloni Silveri, Maddalena Carli, "Bombardare Roma - Gli Alleati e la «città aperta» (1940-1944) - Il Mulino - Biblioteca storica, Bologna, 2007, ISBN 978-88-15-11546-1); dopo i grandi bombardamenti dell'estate 1943, la città fu nuovamente bombardata altre 51 volte, sino alla liberazione il [[4 giugno]] [[1944]] (cfr. Cesare De Simone, "Venti Angeli sopra Roma - I bombardamenti aerei sulla Città Eterna 19 luglio e 13 agosto 1943", Mursia, Milano, 1993, ISBN 88-425-1450-0, pag. 310)</ref>
Lo [[Operazione Shingle|sbarco di Anzio]]
Dopo tali operazioni
</div>
}}
|