Enrico Butti: differenze tra le versioni

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Butti si reca a [[Milano]] nel [[1861]] per frequentare l’[[Accademia di Belle Arti di Brera]] dove segue i corsi di [[Pietro Magni (scultore)|Pietro Magni]]. Nello stesso tempo fa fronte alle difficoltà economiche traducendo in marmo opere di altri scultori, come [[Francesco Barzaghi]], [[Ugo Zannoni]], e lo stesso Magni, acquisendo un’elevata abilità nel lavorare la materia.
Negli anni della [[Scapigliatura]], espose alla '''Mostra Nazionale''' del [[1872]] una delle sue prime opere, il marmo del ''[[Raffaello Sanzio]]'' e a [[Brera]], due anni dopo, la ''[[Eleonora d'Este]]'' che si reca a trovare il Tasso in carcere'', oggi a [[San Pietroburgo]]. Di poco posteriori opere come ''Caino'', ''Le smorfie'', ''Stizze'', ''San Gerolamo'' ([[1875]]), ''Il mio garzone'' e ''Santa Rosa da Lima'' per il Duomo di Milano ([[1876]]).
Nei successivi monumenti l’esempio di Achille D’Orsi e soprattutto di [[Vincenzo Vela]] lo spinge ad uno stile più sobrio ed essenziale. Esemplari ''L’angelo dell’evocazione'' per la tomba Cavi-Bussi al Cimitero Monumentale di Milano, il ''[[Monumento ad Alberto da Giussano (Legnano)|Guerriero lombardo Alberto da Giussano per il monumento di Legnano]]'', e ''Il minatore'' che gli fece guadagnare il Grand Prix e la medaglia d’argento all’Esposizione Internazionale di Parigi del [[1879]]. Opera intessuta del realismo populista che andava diffondendosi in quegli anni.
 
[[File:Milano_Statua_di_Verdi.jpg|thumb|left|200px| Enrico Butti, ''statua di Giuseppe Verdi'' (1913) Milano]]
Molti altri sono i monumenti celebrativi, come quello per il ''Generale Sirtori'', nei Giardini Pubblici di Milano, e funerari sempre per il cimitero milanese, tra i quali spicca ''La morente'' del 1891 per l’edicola Casati. Dal [[1893]] al [[1913]] Butti è docente di scultura a [[Brera]]. Riceve nuove commissioni importanti come ''I minatori del Sempione'' e il gruppo de ''La tregua'', entrambi del [[1906]] e il frontalino con ''L’Unità d’Italia'' per il [[Vittoriano]] ([[1909]]). Nel [[1913]] si stabilisce nel paese natio a causa di sempre più gravi problemi polmonari, ma non abbandona il lavoro. Dopo l’edicola Erba, con la scultura ''Mater consolatrix'', ed il coevo monumento ''Besenzanica'' ([[1912]]) per il Monumentale[[Cimitero monumentale di Milano]], realizza ancora varie opere funerarie, il monumento a ''[[Giuseppe Verdi]]'', in piazza Buonarroti a Milano ([[1913]]) e quelli per i caduti di [[Viggiù]] ([[1919]]), di [[Gallarate]] ([[1924]]) in Piazza Risorgimento (spostato e restaurato nel [[2008]]), di [[Varese]] ([[1925]]).
Dal [[1928]] Butti si dedica anche alla pittura.