Studiolo di Isabella d'Este: differenze tra le versioni
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Isabella, nata a [[Ferrara]] ed educata da alcuni dei più colti umanisti dell'epoca, andò in sposa a [[Francesco II Gonzaga]] nel [[1490]] a soli sedici anni, arrivando a [[Mantova]] il [[12 febbraio]] di quell'anno. Si sistemò negli appartamenti al piano nobile del [[castello di San Giorgio (Mantova)|castello di San Giorgio]], poco distante dalla [[Camera degli Sposi]]. Poco dopo il suo arrivo fece organizzare due piccoli ambienti del suo appartamento, scarsamente illuminati e senza camini, come stanze ad uso personale: lo "studiolo", situato nella torretta di San Niccolò, e la "grotta", un ambiente [[volta a botte|voltato a botte]] al di sotto dello studiolo, al quale si accedeva tramite una scala e un portale decorato in marmo. L'idea le era probabilmente partita sia dalla conoscenza dello [[Studiolo di Belfiore]] di suo zio [[Leonello d'Este]], sia attraverso la conoscenza della cognata [[Elisabetta Gonzaga]], maritata [[da Montefeltro|Montefeltro]], con la quale aveva un particolare sentimento di amicizia, che le mostrò gli [[studiolo di Federico da Montefeltro|studioli di Urbino]] e di [[Gubbio]].
Nello studiolo Isabella si ritirava per dedicarsi ai suoi passatempi, alla lettura, lo studio, la corrispondenza. Inoltre vi radunò i pezzi più pregiati delle sue collezioni, che inizialmente contenevano solo pezzi di archeologia e poi accolsero anche opere contemporanee, secondo quel confronto tra "antichi e moderni" che all'epoca dominava le speculazioni in campo artistico. Amava ritenersi ispiratrice di poesia, musica e arte, tanto che si guadagnò il
La grotta conteneva la collezione di antichità, mentre per lo studiolo elaborò almeno dal [[1492]] un programma decorativo basato su una serie di dipinti commissionati ai più illustri artisti dell'epoca, su temi mitologici, allegorici desunti dalla letteratura e celebrativi di se stessa e della sua casata, che venivano suggeriti dai suoi consiglieri, tra cui primeggiava [[Paride da Ceresara]]. Il progetto di Isabella, piuttosto originale, sarebbe stato quello di mettere in competizione (in "paragone") i vari artisti su dipinti di identiche dimensioni, tutti su tela, con la medesima direzione della luce, che riprendeva quella naturale della stanza, e con le figure in primo piano di stessa grandezza. Queste condizioni si rivelarono tutt'altro che semplici da comunicare ai vari artisti, specie se lavoravano fuori Mantova, per i diversi strumenti di misura da città a città e per una certa confusione che generò la stessa Isabella, variando e revocando spesso gli ordini dati su soggetti e composizioni, sbagliandosi almeno una volta sulla direzione della luce. Inoltre non tutti gli artisti avevano familiarità con i temi mitologici ed allegorici, e in alcuni casi erano inibiti dal confronto con [[Mantegna]], colui che iniziò la serie, il quale eccelleva in tali temi. Emblematico è il caso di [[Giovanni Bellini]], che pur lasciato libero di scegliersi un tema, alla fine declinò poiché non abituato ad essere legato a richieste dettagliate.
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