Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni
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Anche noto con l'appellativo di ''Eroe dei due mondi''
È considerato, insieme a [[Giuseppe Mazzini]], [[Vittorio Emanuele II]] e [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]], uno dei ''padri della Patria''.
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Garibaldi nacque a [[Nizza]], quando la città era parte del [[Primo Impero francese|Primo Impero]] (tornata al [[Regno di Sardegna]] dopo il [[Congresso di Vienna]] ([[1815]]), restò sotto il governo dei [[Casa Savoia|Savoia]] fino al [[1860]]). Era il secondogenito di Domenico, capitano di cabotaggio immigrato da [[Chiavari]], e Rosa Raimondi, originaria di [[Loano]]. ''Angelo'' era il nome di suo fratello maggiore, mentre dopo Giuseppe nacquero altri due maschi, ''Michele'' e ''Felice'', e due bambine morte in tenera età.
I genitori avrebbero voluto avviare Giuseppe alla carriera o di avvocato, o di medico o di prete. Ma il figlio amava poco gli studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita di mare, essendo, come lui stesso ebbe a dire, «più amico del divertimento che dello studio». Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare verso [[Genova]] con alcuni compagni, ma fu fermato e ricondotto a casa. Tuttavia
Convinto il padre a lasciargli seguire la carriera marittima a Genova, fu iscritto nel registro dei mozzi nel [[1821]]. A sedici anni, nel [[1824]], si imbarcò sulla ''Costanza'', comandata da Angelo Pesante di [[Sanremo]], che Garibaldi avrebbe in seguito descritto come «il migliore capitano di mare». Nel suo primo viaggio si spinse fino a [[Odessa (Ucraina)|Odessa]] nel [[mar Nero]] e a [[Taganrog]] nel [[mar d'Azov]] (entrambe ex colonie [[Repubblica di Genova|genovesi]]), dove si recherà di nuovo nel [[1833]] ed incontrerà un patriota [[Mazzini|mazziniano]] che lo sensibilizzerà alla causa dell'[[unità d'Italia]]. Con il padre, l'anno successivo ([[1825]]) si diresse a [[Roma]] con un carico di [[vino]], per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il [[Giubileo]] indetto da [[papa Leone XII]].
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Nel [[1827]] salpò da [[Nizza]] con la ''Cortese'' per il [[mar Nero]], ma il bastimento fu assalito dai [[corsaro|corsari]] [[turchi]] che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai. Il viaggio comunque continuò, e nell'agosto del [[1828]] Garibaldi sbarcò dalla ''Cortese'' a [[Costantinopoli]], dove sarebbe rimasto fino al [[1832]] a causa della guerra turco-russa, e dove si integrò nella comunità italiana. Secondo le ricerche compiute dalla sua bisnipote diretta Annita Garibaldi,<ref>Conferenza svolta nella primavera del 2007 presso l'[[Istituto per l'Oriente]] di Roma.</ref> probabilmente frequentò la casa di Calosso - comandante della cavalleria del [[Sultano]] col nome di Rustem Bey - e l'ambiente dei genovesi che storicamente erano insediati nel quartiere di [[Galata]] e [[Beyoğlu|Pera]], e si guadagnò da vivere insegnando [[lingua italiana|italiano]], [[lingua francese|francese]] e [[matematica]].
Nel febbraio del [[1832]] gli fu rilasciata la patente di capitano di seconda classe.
Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo [[1833]] ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di [[Henri de Saint-Simon]] che andavano in esilio nella capitale [[Impero Ottomano|Ottomana]]. Il loro capo era [[Emile Barrault]],
Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole, ma Anita Garibaldi ipotizza che appare probabile che quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, fin da quando aveva soggiornato nell'[[Impero ottomano]], luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà.<ref>Alcune sue province, come l'Egitto, s'erano di fatto già rese autonome fin dal 1805, con [[Mehmet Ali]], mentre altre, come la Grecia, ambivano alla più totale indipendenza.</ref>
Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande bisogno di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò:
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Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per [[Taganrog]], importante porto russo sul [[Mar d'Azov]]. Qui in una locanda, mentre si discuteva, un uomo detto il ''Credente''<ref>Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.</ref>, che era con ogni probabilità il giornalista e scrittore [[Giovanni Battista Cuneo]], espose a Garibaldi le idee [[mazzinianesimo|mazziniane]].
Le tesi di [[Giuseppe Mazzini]] sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault
===La vita da ricercato===
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Nel frattempo si era stabilito che l'[[11 febbraio]] [[1834]] ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in [[Piemonte]]. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con i mazziniani; ma il fallimento della rivolta in [[Savoia (dipartimento francese)|Savoia]] e l'allerta di esercito e polizia fecero fallire tutto. Il nizzardo non ritornò a bordo della ''Conte de Geneys'', divenendo in pratica un [[disertore]], e questa [[latitanza]] venne considerata come un'ammissione di colpa. Indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato ''alla pena di morte ignominiosa'' in [[contumacia]] in quanto nemico della Patria e dello Stato.
Garibaldi divenne così un [[ricercato]]: si rifugiò prima a Nizza e poi varcò il confine giungendo a [[Marsiglia]], ospite dell'amico [[Giuseppe Pares]]. Per non destare sospetti assunse il nome fittizio di ''[[Joseph Pane]]'' e a luglio si imbarcò alla volta del mar Nero, mentre nel marzo del [[1835]] fu in [[Tunisia]]. Il nizzardo rimase in contatto con l'associazione mazziniana tramite [[Luigi Cannessa]] e nel giugno [[1835]] venne iniziato alla ''[[Giovine Europa]]'', prendendo come nome di battaglia '''Borrel''' in ricordo di [[Joseph Borrel]], uno dei patrioti fucilati dall'esercito piemontese
Garibaldi decise quindi di partire alla volta del [[Sud America]] con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'[[8 settembre]] [[1835]] partì da Marsiglia sul [[brigantino]] ''Nautonnier''.
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Dopo lo sbarco sull'isola, il [[14 maggio]] si diresse verso Salemi dove venne accolto con grande entusiasmo dalla popolazione. Grazie all'aiuto del [[barone]] di [[Alcamo]] che si era unito con una banda di ''[[picciotto|picciotti]]'' assunse il dominio in nome di [[Vittorio Emanuele II]] Re d'Italia.
In quell'occasione l'Eroe dei Due Mondi issò
In seguito, rinforzato da alcune centinaia di volontari batté i [[Regno delle due Sicilie|borbonici]] a [[battaglia di Calatafimi|Calatafimi]].
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{{quote|Se sorgesse una società del demonio, che combattesse [[Tiranno|despoti]] e preti, mi arruolerei nelle sue file|Giuseppe Garibaldi, ''Memorie'', BUR}}
L'odio verso il [[papato]] e il [[clero]] e, in particolare, verso [[Pio IX]] è testimoniato dal nome che Garibaldi diede al proprio asino, "Pionono"
{{quote|la più nociva fra le creature, perché egli, più di nessun altro è un ostacolo al [[progresso]] umano, alla [[fratellanza]] fra gli uomini e popoli|Giuseppe Garibaldi, ''Memorie'', BUR}}
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Al primo tentativo della [[Repubblica Romana]] del [[1849]] era legata la morte della moglie Anita. La [[spedizione dei Mille]] avrebbe avuto come obiettivo, nelle sue intenzioni, non Napoli ma Roma, ma vi fu impedito dalla resistenza dell'esercito borbonico durante l'[[assedio di Gaeta]] e dalle considerazioni politiche del [[Regno Sardo|governo sardo]].
Garibaldi aveva
[[Napoleone III]], l'unico alleato del neonato [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], aveva posto Roma sotto la propria protezione ed il tentativo era, quindi, destinato a fallire. Esso mise, comunque, in grave imbarazzo il governo italiano, che stabilì di fermare Garibaldi in [[Calabria]], schierando contro di lui l'[[esercito italiano|esercito regolare]].
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Garibaldi, probabilmente, contava sul proprio prestigio per avanzare indisturbato, certamente cercò di evitare lo scontro, passando per una via discosta nel cuore della montagna dell'[[Aspromonte]] {{citazione necessaria}}. Venne comunque intercettato, i [[bersaglieri]] aprirono il fuoco e parimenti risposero alcune camicie rosse.
Garibaldi si interpose, gridando ai suoi di non sparare,
La cosiddetta [[giornata dell'Aspromonte]] fruttò al generale l'arresto. Il 2 settembre Garibaldi venne trasportato alla Spezia e rinchiuso nel carcere del [[Varignano]]. Il 20 novembre Garibaldi venne trasportato a Pisa dove fu visitato dal professor [[Paolo Tassinari]] e il 23 il professor [[Ferdinando Zannetti]] lo operò per estrarre la palla di fucile.
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