Laura Peperara: differenze tra le versioni

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È poi possibile che suo maestro di [[arpa]], strumento preferito da Laura, sia stato il virtuoso Abramo dell'Arpa ([[1503]]-[[1587]]),<ref>Citato nell'Archivio Gonzaga, b. 401 e nei ''Registri necrologici'', n. 17.</ref> o anche il nipote Abramino, appartenenti a una famiglia di arpisti in quel tempo molto noti e attivi a Mantova. Quanto alla danza, era rinomato nella corte gonzaghesca un «Isacchino ebreo», danzatore, cantante e liutista che «insegnava a sonare e a ballare, certo maestrevolmente».<ref>P. Canal, ''Della musica in Mantova'' (1881), 1977, p. 47.</ref>
 
L'ammirazione per l'arte eclettica e precoce di Laura non tardò a manifestarsi: nel [[1580]] lil ''principe'' dell'Accademia degli Innominati di [[Parma]], nonché accademico degli Invaghiti di Mantova [[Muzio Manfredi]] ([[1535]]-[[1609]]), diede alle stampe la sua raccolta poetica ''Cento donne'', nella quale a ciascuna donna diversa è dedicato un sonetto. AAlla «Signora Laura Peverara» è dedicato il sonetto LIII:<ref>M. Manfredi, ''Cento donne'', 1580, p. 176.</ref>
{{quote|Move da gli occhi e dal suo canto Amore<br>Foco divin, ch'altrui può far felice:<br>Se danza o suona ivi se stesso accende|}}