What'd I Say: differenze tra le versioni
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==Composizione e registrazione==
Secondo l'autobiografia di Ray Charles, il pezzo nacque casualmente durante un'improvvisazione per esaurire il tempo prima della fine di un concerto nel dicembre 1958.<ref>[[#Bibliografia|Charles and Ritz, 1978]], p. 189.</ref><ref>[[#Bibliografia|Lydon, 1998]], p. 153.</ref> ''What'd I Say'' è un'eccezione, in quanto Charles non ha mai provato in pubblico una canzone prima di registrarla. Neanche lui ricorda dove avesse luogo quel concerto, ma Mike Evans, in ''Ray Charles: The Birth of Soul'', lo colloca a [[Brownsville (Pennsylvania)|Brownsville, Pennsylvania]].<ref>[[#Bibliografia|Evans, 2007]], p. 107.</ref> Si trattava di uno spettacolo durante un ballo che sarebbe dovuto durare 4 ore,<ref name="history"/> con mezz'ora di pausa e termine intorno alle 2 del mattino. Charles e la sua
<br>Cominciando col piano elettrico, suonò quello che si sentiva sul momento: una serie di [[riff]]s, passando a un [[pianoforte]] per quattro ritornelli supportati da un ritmo di percussioni latino come la [[conga (strumento musicale)|conga]]. La canzone poi cambiò quando Charles cominciò a cantare versi improvvisati, semplici e senza alcun legame tra loro. La struttura è quella di un [[blues in 12 misure]] con elementi gospel,<ref name="stephens"/><ref>Stewart, Alexander (October 2000). "'Funky Drummer': New Orleans, James Brown and the Rhythmic Transformation of American Popular Music", ''Popular Music'', '''19''' (3) pp. 293–318.</ref> mentre tra le prime righe ci sono influenze di uno stile [[boogie-woogie]] che Ahemt Ertegün attribuisce a [[Pinetop Smith|Clarence "Pinetop" Smith]], che era solito indicare i passi di danza da eseguire attraverso i testi.<ref name="evans109"/> A metà dell'esibizione, Charles disse alle Raelettes che avrebbero dovuto ripetere quello che faceva, trasformando così la canzone in un botta e risposta tra l'artista, le Raelettes e gli strumenti a fiato dell'orchestra, che si chiamavano tra di loro con urli e lamenti estatici e colpi di [[corno (strumento musicale)|corni]].<ref name="stephens">Stephens, Robert W. (Spring 1984). "Soul: A Historical Reconstruction of Continuity and Change in Black Popular Music", ''The Black Perspective in Music'', '''12''' (1), pp. 21–43.</ref>
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Lo studio della Atlantic Records aveva appena acquistato un [[registrazione multitraccia|registratore a 8 tracce]] e l'ingegnere acustico [[Tom Dowd]] stava ancora imparando a usarlo. Nel febbraio 1959 Charles e la sua orchestra registrarono finalmente ''What'd I Say'' nella piccola [[studio di registrazione|sala]] della Atlantic. Dowd ricorda che non sembrava tanto speciale ai tempi della registrazione: durante quella sessione era la seconda di due canzoni e tutti rimasero più impressionati dalla prima, ''Tell the Truth''.
{{quote|La registrammo nello stesso modo in cui avevamo registrato tutte le altri. Ray, le ragazze e
Col senno di poi [[Nesushi Ertegün]], fratello di Ameth, riconobbe la straordinaria qualità sonora della canzone in rapporto alle dimensioni ridotte dello studio e l'alto livello tecnologico degli strumenti di registrazione utilizzati; il suono è pulito al punto che si può sentire Charles tenere il tempo durante il botta e risposta senza musica.<ref name="evans109"/>
Il lavoro in studio durò poco perché l'orchestra aveva perfezionato la canzone durante il tour,<ref>[[#Bibliografia|Ertegün, 2001]], p. 118.</ref> sebbene a Dowd non mancarono i problemi. Il primo riguardava la lunghezza della canzone: ''What'd I Say'' durava oltre sette minuti e mezzo, quando la durata media delle canzoni trasmesse alla radio era due minuti e mezzo. In più, anche se i testi non erano osceni, i suoni emessi dal cantante e le coriste nei botta e risposta preoccupavano il tecnico e i produttori. In precedenza, infatti, il pezzo ''Money Honey'' di [[Clyde McPhatter]] era stato vietato in Georgia, ma Ahmet Ertegün e Wexler l'avevano pubblicato lo stesso, rischiando l'arresto.<ref name="evans110">[[#Bibliografia|Evans, 2007]], p. 110.</ref> Ray Charles era consapevole del problema, ma difendeva la sua canzone: «Non sono abituato a interpretare le mie canzoni, ma se non riesci a capire ''What'd I Say'', allora c'è qualcosa che non va, o non sei abituato ai dolci suoni dell'amore.»<ref name="charles191"/>
<br>L'ingegnere del suono risolse i problemi di registrazione realizzando tre versioni della canzone, la privò di alcuni richiami ambigui e la divise in due parti di circa tre minuti incise su un unico disco, chiamandole ''What'd I Say Part I'' e ''What'd I Say Part II'' e divise da un finto intermezzo dove
==Accoglienza==
Nonostante i primi giudizi fossero tiepidi (ad esempio quello di ''[[Billboard]]''),<ref name="lydon164">[[#Bibliografia|Lydon, 1998]], p. 164.</ref> la segreteria della Atlantic Records iniziò a ricevere chiamate dai [[distribuzione commerciale|distributori]]. Le stazioni radiofoniche si rifiutavano di metterla in onda perché troppo carica sessualmente, ma l'etichetta discografica non volle ritirare i dischi dai negozi. Come risposta alle lamentele, nel luglio 1959 venne pubblicata una versione meno "spinta" che portò la canzone alla posizione numero 26 della classifica in poche settimane. ''Billboard'' pubblicò una nuova recensione che a distanza di mesi, a differenza della prima, considerava l'opera come il più forte disco pop che l'artista avesse mai prodotto fino a quel momento.<ref name="lydon164"/> Alla fine ''What'd I Say'' raggiunse la prima posizione della classifica ''[[Hot R&B/Hip-Hop Singles & Tracks]]'', la sesta della ''[[Billboard Hot 100]]'' e divenne il primo disco d'oro della carriera di Ray Charles,<ref name="fong">{{Cita web|url=http://www.rollingstone.com/music/news/14639/80187|titolo=''The Rolling Stone Interview: Ray Charles''|cognome=Fong-Torres|nome=Ben|data=18-01-1973|opera=[[Rolling Stone|RS]] 126|accesso=20-07-2010|editore=rollingstone.com|lingua=en}}</ref> oltre alla canzone più fruttuosa per la Atlantic Records del periodo.<ref name="evans110"/>
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