Demostene: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|descrizione=il generale ateniese vissuto nel V secolo a.cC.|titolo=[[Demostene (generale)]]}}
[[Image:Demosthenes.jpg|thumb|150px|right|Demostene]]
'''Demostene''', in [[Lingua greca|greco antico]] '''Δημοσθένης''' [''Dêmosthénês''], nato ad [[Atene]] nel [[384 AC|384 a.C.]], morto a [[Calaurie]] nel [[322 AC|322 a.C.]], fu uomo di stato ateniese, grande avversario di [[Filippo II di Macedonia]] e uno dei grandi [[oratoria|oratori]] [[atticismo|atticisti]].
 
== Vita ==
 
Nato intorno al [[384 AC|384 a.C.]] ad [[Atene]], nel demo di [[Peania]], '''Demostene''' era figlio di un agiato armaiolo, che però morì intorno al [[380 AC|380 a.C.]], lasciandolo in balìa dei disonesti tutori Afobo ed Onetore, che gli sottrassero il patrimonio.
 
Contro di loro, nel [[364 AC|364 a.C.]], Demostene intentò per la prima volta una causa per il recupero dell'eredità: pur avendo vinto, non riuscì a riappropriarsi dell'intera somma e dovette utilizzare la pratica acquisita in questa circostanza per sopravvivere come [[logografia (retorica)|logografo]]. Ben presto, però, entrò completamente in politica, esordendo come amministratore navale (trierarco) già nel [[360 AC|360 a.C.]].
 
Demostene, trovatosi in politica nel difficile momento della "guerra sociale" del [[357 ACa.C.|357]]-[[355 AC|355 a.C.]], in cui gli alleati si ribellarono ad Atene, comprese subito la pericolosità, in mezzo a queste discordie, dell'azione di [[Filippo II di Macedonia]], contro il quale incitò Atene ad intervenire prima a favore dei rodii cacciati dalla loro isola ([[352 AC|352 a.C.]]), poi, subito dopo, pronunciando la I Filippica contro il sovrano macedone, visto come il principale nemico della libertà greca.
 
Nel [[349 AC|349 a.C.]] Filippo, invadendo [[Olinto]], sembrò confermare la malevolenza di Demostene, che pronunciò le Olintiache appunto per convincere gli ateniesi a salvare la città loro alleata. Nonostante tutto, Olinto cadde nel [[346 AC|346 a.C.]] e gli Ateniesi dovettero accettare le condizioni della pace cosiddetta "di [[Filocrate]]", alla cui stipula fu presente Demostene e il suo avversario [[Eschine]], da lui attaccato per cattiva condotta che aveva portato ad una pace svantaggiosa.
 
L'apparente rinuncia alla lotta dell'oratore coincise, però, con un politica sotterranea di resistenza antimacedone, concretizzatasi, tra il [[344 AC|344 a.C.]] ed i [[342 AC|342 a.C.]], in numerose ambascerie con cui convinse le città del [[Peloponneso]] a non accettare i trattati di pace che Filippo affermava di voler stipulare (II e III Filippica).
 
Nel [[340 AC|340 a.C.]], con l'attacco macedone a [[Perinto]] e [[Bisanzio]], nella penisola Calcidica alleata di Atene, la capitale attica si sentì svincolata dalla pace di Filocrate ed il partito di Demostene riprese vigore, tanto che giunse a promulgare una legge di riarmo navale ([[339 AC|339 a.C.]]) e ad annettere nella coalizione antimacedone anche [[Tebe]], caposaldo strategico contro Filippo, che di fatto aveva [[Delfi]] sotto controllo.
 
La guerra giunse ad una tragica conclusione nel [[338 AC|338 a.C.]], con la battaglia di [[Cheronea]], a cui Demostene partecipò come semplice [[oplita]], assistendo all vittoria di Filippo.
 
Tra il [[338 AC|338 a.C.]] ed il [[336 AC|336 a.C.]], mentre a [[Corinto]] Filippo veniva riconosciuto come duce egemone di una lega panellenica contro i [[Persiani]], Demostene, nominato, nonostante la sconfitta, ispettore agli approvvigionamenti ed alle fortificazioni, dovette difendersi contro le accuse di Eschine nel processo sulla corona, poi effettivamente pronunciato solo 6 anni dopo l'accusa (vd. sotto).
 
Morto Filippo, il partito antimacedone - che secondo le voci non era estraneo al delitto - riprese lena, ma nel [[335 AC|335 a.C.]], con la distruzione di Tebe, [[Alessandro Magno]] mostrò una linea più dura di quella paterna e richiese, tra l'altro, otto politici ateniesi traditori, tra cui Demostene ed [[Iperide]], richiesta poi non eseguita per l'inizio della spedizione antipersiana nel [[334 AC|334 a.C.]].
 
Atene, sostanzialmente indifferente all'impresa, venne però coinvolta nel [[324 AC|324 a.C.]], quando si scoprì che mancava una grossa parte della somma che [[Arpalo]], tesoriere di Alessandro Magno, aveva portato con sé fuggendo dall'Asia e che era stata appositamente custodita da una commissione speciale di cui faceva parte anche Demostene, che fu accusato anche dai suoi stessi compagni di partito, con Iperide in testa. Non potendo pagare l'ingente multa cui era stato condannato, Demostene fuggì a [[Trezene]], nella primavera del [[323 AC|323 a.C.]].
 
Alla morte di Alessandro, il [[13 giugno]] di quello stesso anno, l'oratore fu richiamato in patria a capeggiare, con Iperide, la resistenza antimacedone ad [[Antipatro]], che sfociò nella cosiddetta "[[guerra lamiaca]]".
 
La rapida e catastrofica conclusione del conflitto a [[Crannon]] ed [[Amorgo]], nell'agosto del [[322 AC|322 a.C.]], portò al rovesciamento del governo: i filomacedoni, con a capo [[Demade]], condannarono Demostene a morte e l'oratore ed i suoi dovettero fuggire. Demostene, raggiunto dalla polizia del macedone [[Archia]] a [[Calauria]], nel tempio di [[Poseidone]], dovette avvelenarsi per non cadere vivo nelle mani del nemico, nell'ottobre del [[322 AC|322 a.C.]].
 
==Opere==
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Le 61 orazioni pervenuteci di Demostene si possono dividere in gruppi tematici:
 
* '''Discorsi assembleari (or. I-XVII)''': detti anche, con termine greco, demegorie, coprono un arco di tempo che va dall'esordio di Demostene nel [[354 AC|354 a.C.]], con l'orazione '''Sulle simmorie''', su un progetto di riforma della flotta, al [[336 AC|336 a.C.]], quando l'oratore si scagliò contro una presunta violazione macedone dei patti stipulati da Alessandro con Atene. In numero di 17, tra le demegorie spiccano le 3 '''Olintiache''' e le 4 celebri '''Filippiche'''.
 
* '''Discorsi giudiziari (XVIII-XXVI)''': tra questi 8 discorsi, va ricordato quello celeberrimo '''Sulla corona'''. Nel [[337 AC|337 a.C.]] il politico Ctesifonte aveva proposto l'assegnazione della corona civica a Demostene per le sue benemerenze: tale proposta fu attaccata da Eschine come anticostituzionale, in quanto onorava un magistrato ancora in carica e, soprattutto, perché la politica di Demostene era stata tutt'altro che buona per la città. In quest'orazione, che è il suo capolavoro, Demostene ribatte alle accuse con una sorta di autobiografia politica che è al tempo stesso un appassionato atto di fede verso la patria.
 
* '''Discorsi privati (XXVII-LIX)''': costituiscono il gruppo più nutrito del corpus demostenico (32 orazioni) e ci mostrano l'oratore calato nei conflitti interni dell'epoca più tormentata per Atene. Tra l'altro, le orazioni più antiche sono quelle '''Contro Afobo ed Onetore''' (XXVII-XXXI), suoi tutori, condotte nel processo del [[364 AC|364 a.C.]] per recuperare il proprio patrimonio.
 
Tra l'altro, alcune orazioni spurie ci illuminano su un oratore minore del partito demostenico, [[Apollodoro di Pasione]], di cui le orazioni (XLVI, XLIX-L, LII-LIII e forse la LIX) sono giunte in questo corpus perché gli antichi le ritenevano scritte da Demostene.
 
* '''Orazioni epidittiche (LX-LXI)''': su questo piccolo gruppo pesano forti sospetti di inautenticità, probabilmente nutriti anche dagli editori antichi, che posero i due discorsi al termine della raccolta. L''''Epitafio''' per i caduti della battaglia di Cheronea ([[338 AC|338 a.C.]]) sarebbe spurio, così come concordemente non demostenico è l''''Erotico''', che riprende la consueta tematica sull'amore e sarebbe stato composto in età successiva su imitazione di quello pseudo-lisiano contenuto nel Fedro platonico.
 
=== Opere minori e perdute===
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* '''Lettere''': questa raccolta di 6 lettere è di dubbia autenticità, come del resto molti epistolari antichi. Sembra che siano autentiche solo le lettere I-IV, che concernono questioni legate al periodo dell'esilio di Demostene e sembrano proseguire l'apologetica che l'autore aveva espresso nella Corona: notevole, per ricostruire la politica demostenica posteriore a [[Cheronea]] - di cui non abbiamo testimonianza oratoria - la breve lettera VI, un biglietto che informa gli ateniesi dei progressi compiuti nel reclutamento di alleati durante la guerra lamiaca.
 
* '''Opere perdute'''. tra le orazioni perdute abbiamo i titoli di un'orazione Sui retori, di argomento epidittico, un discorso Contro Demade, contro il politico filomacedone e noto improvvisatore, un'orazione pronunciata Sul sacco di Tebe, dopo la conquista e la distruzione di Tebe da parte di Alessandro Magno nel [[335 AC|335 a.C.]], che aveva notevolmente impressionato ed infiacchito la resistenza alla [[Macedonia]].
 
Ci sono giunti anche 70 ''Apoftegmi'', detti celebri pervenuti in varie raccolte.