Metilde Viscontini Dembowski: differenze tra le versioni
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Nel marzo del [[1818]] conobbe [[Stendhal]], di cui rappresentò uno dei grandi amori, per altro non corrisposto: lo scrittore, che nei suoi diari la chiama Métilde, scrisse di lei che «ella disperava della società, quasi della natura umana, aveva come rinunciato a trovarvi ciò che era necessario al suo cuore». Come donna separata, avvertiva infatti la disapprovazione della società e non era infelice soltanto per questo: nelle sue ultime lettere alla granduchessa Julie si «mostra disperata per l'avvenire dei suoi figli, per l'Italia asservita, sognando l'esilio e il ritorno agli anni» trascorsi in Svizzera, come i meno infelici della sua vita.<ref>Michel Crozet, ''Stendhal'', cit., p. 384.</ref>
«Giardiniera», ossia, nel linguaggio delle società segrete, affiliata alla Carboneria, legata a [[Maria Frecavalli]], viene ricordata come un'importante figura durante i [[Moti del 1820-1821|moti carbonari del 1821]] quando venne arrestata ed inquisita. Un suo cugino aveva denunciato il conte Federico Confalonieri come carbonaro e questi, arrestato il [[13 dicembre]] [[1821]], fece i nomi dei complici, tra i quali figuravano Matilde e Stendhal, allora già rientrato in Francia. Arrestata il [[24 dicembre]] [[1821]], la sua casa fu perquisita e vi furono trovate lettere dell'avvocato [[Giuseppe Vismara]], noto carbonaro rifugiato a [[Torino]], nella quali lei risultava tramite di spostamenti di denaro tra un fratello di [[Giuseppe Pecchio]], altro carbonaro e forse suo amante, e lo stesso Vismara. Non avendo ammesso nulla, fu rilasciata il giorno dopo ed ebbe così tempo per accordarsi con il Pecchio per dare un'innocua giustificazione alle contestazioni degli
Morì a soli 35 anni<ref>http://www.literary.it/dati/literary/torcellan/la_dolorosa_storia_del_sovversiv.html</ref> di [[Tabe dorsale|tabe]] in casa della cugina Francesca Milesi. [[Alexandre-Philippe Andryane]], anch'egli implicato nei processi del 1821 e imprigionato allo [[Spielberg]], la ricorda nei suoi ''Mémoires d'un prisonnier d'État'', pubblicati nel [[1837]]. La ricordarono anche [[Teresa Casati]], la moglie di [[Federico Confalonieri]], come «donna angelica» che «riuniva in sé tutte le perfezioni di un'adorabile sensibilità con l'energia che rende capaci delle azioni più sublimi», e la contessa Frecavalli, che la descrisse «modello di madre» che «amava anche la gloria del suo paese [...] e la sua anima energica soffrì troppo a lungo per il suo asservimento e per la perdita dei suoi amici».<ref>Michel Crozet, ''Stendhal'', cit., p. 384-385.</ref>
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