Probabilismo: differenze tra le versioni
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Attualmente per probabilismo si intende correntemente ciò che concerne la sfera del "fisico", ovvero della ''materia'' nel suo ''essere'' soggetto alle leggi della fisica, quando è non-deterministico. Nella filosofia contemporanea il ''probabilismo ontico'' è l'indirizzo gnoeologico-scientifico per il quale il carattere di probabilità viene riconosciuto ad un certo numero di settori del conoscere, soggetti a indeterminismo. Sistemi indeterministici sono in primo luogo tutti quelli biologici, ma anche molti tipi di sistemi fisici lo sono, sia di tipo semplice che complesso.
Tali sistemi vanno soggetti ad approcci conoscitivi che devono abbandonare l'idea delle possibilità di "definire" i loro caratteri dinamici, ma solo di accertarne l'evoluzione "probabile". Ciò avviene perché le variabili in gioco o sono instabili o sono in numero così elevato da rendere impossiblie
===Sistemi semplici elementari===
Il primo a intravedere il carattere probabilistico della realtà fisica del molto piccolo era stato [[Ludwig Boltzmann]] (1844-1906), il quale aveva già capito che il mondo dell'elementarità fisica non sarebbe mai potuto
</ref>
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In riferimento ai sistemi fisici semplici il ''probabilismo'' concerne specialmente gli oggetti del mondo subatomico, le [[Particelle elementari]], indagati dalla [[Meccanica quantistica]] ed alcuni aspetti fenomenici nella [[cosmogonia]] del [[Modello Standard]].
Il probabilismo del mondo quantistico, già sostenuto implicitamente da [[Niels Bohr]] sin dal 1920, si rafforzava nel 1927 allorché [[Werner Heisenberg]] con il [[Principio di indeterminazione]] confermava come inoppugnabile l'[[indeterminismo]] del mondo quantistico e quindi il probabilismo ontico che lo concerneva.
Nel
[[Max Born]] già nel 1927 in ''Natural Philosophy Of Cause And Chance'' (Oxford: Clarendon Press, 1927), affermava: {{quote| Quando una teoria scientifica è saldamente stabilita e confermata, essa muta di carattere, ed entra a far parte del sostrato metafisico della sua epoca: la dottrina si trasforma così in un dogma. La verità è invece che nessuna dottrina scientifica possiede un valore che vada oltre quello probabilistico, ed essa è sempre suscettibile di venir modificata alla luce di nuove esperienze. | ''Filosofia naturale della causalità e del caso'', Torino, Boringhieri 1962, p.65 }}
Nel 1967 [[Richard Feynman]] in ''The Character of Physical Law'' (1964 Messenger Lectures; 1967 MIT Press) precisava meglio i termini del probabilismo ontico sostenendo:
{{quote| Non è la nostra ignoranza degli ingranaggi e delle complicazioni interne che fa apparire nella natura la probabilità, la quale sembra invece essere una caratteristica intrinseca di essa. Qualcuno ha espresso quest’idea così: ”La natura stessa non sa da che parte andrà l’elettrone.” Una volta un filosofo ha detto: “È necessario per l’esistenza stessa della scienza che le
Poche pagine più avanti Feynman precisava che il probabilismo non è solo nell’essere della materia subatomica in quanto tale, ma anche nell’approccio scientifico stesso ad essa:
{{quote|
Murray Gell-Mann, lo scopritore dei quark nel 1964 (Premio Nobel 1969), in ''The Quark and the Jaguar'' sul fondamentale probabilismo della materia elementare dichiara:
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===Sistemi macroscopici complessi===
Per quanto riguarda i sistemi fisici [[complessità|complessi]], come quelli studiati da [[Ilja Prigogine]] (Premio Nobel 1977), si tratta di situazioni fisiche che possono evolvere in stati di [[non-equilibrio]] da lui chiamati [[Strutture dissipative]]
Prigogine può perciò esser considerato il maggior esponente del probabilismo della complessità, avendo speso la maggior parte della sua vita ad occuparsi dei sistemi complessi e indirettamente del probabilismo ontico. Infatti, in situazioni di disequilibrio, allorché le possibilità evolutive entrano in un processo di successive biforcazioni, queste sono tutte governate unicamente da probabilità del tipo ‘’aut/aut’’. Alla fine del processo, quando il sistema si assesta in un nuovo equilibrio, l’unica domanda che lo scienziato può farsi in termini gnoseologici è la seguente: «Era da ritenersi probabile o improbabile che finisse così?
Prigogine scrive (con Isabelle Stengers) in ''La Nouvelle Alliance'' (1979):
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Prigogine in ''Les Lois du Cas'' si sofferma ancora sulla miscela probabilistica caso/necessità, notando:
{{quote| Comunque le considerazioni statistiche della meccanica quantistica si applicano solo a livello macroscopico. Ecco uno dei punti interessanti dello studio sui punti di biforcazione che ho appena menzionato. Questi dimostrano che persino a livello macroscopico la nostra predizione del futuro mescola insieme determinismo e probabilità. Nel punto della biforcazione la predizione ha carattere probabilistico, mentre tra punti di biforcazione possiamo parlare di leggi deterministiche. }} <ref>I.Prigogine, Le leggi del caos, Roma-Bari, Laterza 2006, p.23</ref>
In ''La fine des certitudes'' (èd.Odile Jacob, Paris 1996) Prigogine precisa ancora meglio il suo probabilismo:
{{quote| La nozione di probabilità, introdotta empiricamente da Boltzmann, fu un atto di coraggio estremamente fecondo. A più di un secolo di distanza cominciamo a capire in che modo essa emerga attraverso l’instabilità: questa distrugge il livello individuale e quello statistico, e di conseguenza le probabilità vengono ad assumere un significato intrinseco, irriducibile a un’interpretazione in termini di ignoranza o di approssimazione }} <ref>I.Prigogine, La fine delle certezze, il tempo, il
Dal momento che l’[[entropia]] è uno degli aspetti più rilevanti della complessità, e indirettamente del probabilismo, il fisico Lee Smolin così ne parla in ''The Life of the Cosmos'' (Oxford University Press 1997):
{{quote| È a causa di questo semplice fatto che ci sono molte più configurazioni di atomi in disordine di quante ce ne siano di organizzate in modo interessante. Una collezione di atomi, ciascuno dei quali si muove in modo casuale, assumerà uno stato disordinato con molta più probabilità di una configurazione organizzata, per il semplice motivo che di stati disordinati ce n’è un sacco di più. È per questo che lo stato disordinato è lo stato di equilibrio, perché una volta che tale stato venga raggiunto, è molto improbabile che il sistema possa per conto suo ritornare ad una configurazione più ordinata. L’essenza della legge di crescita dell’entropia è tutta qui }} <ref>L.Smolin, La vita del cosmo, Torino, Einaudi 1998, pp. 191-192</ref>
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