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Il Canonico allora decise di donare i beni di sua proprietà all'Opera che divenne, nel [[1964]], con Decreto del Presidente della Repubblica, '''Ente morale della Fondazione Istituto "Figli del Popolo"'''. La vecchia sede di subborgo Valzania (Porta Santi) fu venduta e fu costruita una grande nuova struttura in '''via Mulini''', su indicazione testamentarie del benefattore Cesare Martini. L'istituto invece di bambibi abbandonati cominciò ad ospitare adolescenti di famiglie problematiche. Fino a che si trasformò - come é ora - in '''"Fondazione Opera Don Baronio" per anziani soli e ammalati''': una struttura grande e moderna<ref> D. pieri, 2002, pag. 14 . </ref>.
 
Tra le numerose attività di caritativa che il presbitero romagnolo cercò di portare avanti si ricordano le visite ai '''carcerati''' della Rocca Malatestiana, e le elemosine fatte ai bisognosi nel suo "ufficio" di via Roverella <ref> D. Pieri, 2002, pagg. 21 - 22 . </ref>, nonché la premura per gli ammalati. Come confessore era cercato e stimato (anche per i "casi difficili"), e considerato benevolo, come scrisse il Vescovo Gianfranceschi <ref> D. pieri, 2002, pag. 23 . </ref>. Risulta aver fondato '''un'associazione per l'adorazione notturna''' ([[1923]]), e nel [[1952]] - tornato con Padre Guglielmo Gattiani da una visita a [[Padre Pio da Pietrelcina]] - '''un gruppo di preghiera mensile''' presso le suore cappuccine <ref> Pieri, 2002, pag. 29 ... </ref>.
 
Il suo aspetto era piuttosto trasandato, e questo gli veniva rimproverato dai suoi confratelli presbiteri <ref> cfr. C. Bastelli, Don Carlo Baronio, 2004. </ref>. Non era poi un predicatore tradizionale: la sua voce era sommessa, fuggiva gli intellettualismi, parlava con immagini semplici, senza i mezzi utilizzati usualmente dagli oratori. Ma ugualmente poteva colpire per la semplicità del gergo e la vivacità degli aneddoti dei santi che introduceva. Tra i suoi temi preferiti vi erano i Novissimi (Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso), la Confessione, la Comunione e le opere di misericordia. <ref> Dino Pieri, il Canonico Carlo Baronio e la sua opera, 1976, pag. 128. </ref>