Manio Valerio Voluso Massimo: differenze tra le versioni
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{{Bio
|Nome = Manio Valerio Voluso
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|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = ?
|Attività = Politico
|Attività2 = Generale
|Epoca =
|Categorie =
|Nazionalità =
|FineIncipit = è stato [[Dittatore romano|dittatore]]
|Immagine =
|Didascalia =
}}
== Biografia ==
Era il figlio di [[Marco Valerio Voluso Massimo]],
Fu [[Augure]] e [[dittatore]] e vinse varie guerre contro i [[Sabini]] e i [[Medulini]].
=== Dai contrasti tra plebei e patrizi alla dittatura ===
I consoli del [[494 a. C.]], [[Tito Veturio Gemino Cicurino]] e [[Aulo Verginio Tricosto Celiomontano]] secondo quanto riferisce [[Tito Livio]]<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe Condita Libri]]'', II, 28-29.</ref> dovettero fronteggiare una situazione difficile; infatti mentre alle frontiere i [[Sabini]], gli [[Equi]] ed i [[Volsci]], effettuavano scorrerie in territorio romano e degli alleati latini, segno di imminenti scontri campali, a Roma i [[plebei]], ancora scontenti delle promesse non mantenute presenti negli editti di [[Publio Servilio Prisco Strutto]], decisero di riunirsi sull'[[Esquilino]] e sull'[[Aventino]] per prendere le decisioni, rifiutandosi di andare in guerra se non fossero state accolte le richieste e le promesse già fatte in precedenza, soprattutto quelle riguardanti la riduzione in schiavitù dei debitori.
Di fronte a questa situazione i due consoli chiesero consiglio al [[Senato romano|Senato]]; questi, criticandoli aspramente, dapprima rispose che erano decisioni che dovevano prendere i consoli ma in seguito gli ordinò di imporre la leva militare anche con la forza.
Ci fu così una rissa tra i plebei e i senatori presenti e questo avvenimento portò alla nomina di un dittatore. Venne scelto Manio Valerio Massimo, e non [[Appio Claudio Sabino Inregillense (console 495 a.C.)|Appio Claudio]], per la sua personalità meno aggressiva e più duttile rispetto a quella di Appio, nonché per la sua appartenenza alla [[gens Valeria]], popolare tra la plebe. Alla fine Manlio riusci a convincere i plebei a fare la leva, più che con la minaccia derivante dalla sua carica, con la conferma delle promesse fatte da [[Publio Servilio Prisco Strutto|Publio Servilio]]<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe Condita Libri]]'', II, 30.</ref>
=== Le campagne militari ===
Il popolo rispose con entusiasmo alla chiamata alle armi, tanto che il dittatore poté organizzare 10 legioni, affidandone a ciascuno dei due consoli 3, mantenendone così 4 sotto il proprio diretto controllo <ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe Condita Libri]]'', II, 30</ref>. Decise poi, che Aulo Verginio avrebbe condotto le proprie legioni contro i [[Volsci]], Tito Veturio contro gli [[Equi]], mentre lui si sarebbe opposto ai [[Sabini]], fiancheggiato dalla cavalleria condotta dal [[magister equitum]] [[Quinto Servilio Prisco]].
Manio Valerio, nonostante i Sabini in quel momento rappresentassero la minaccia più temibile per i romani, ne ebbe facilmente ragione, ottenendo per questo il trionfo.
{{Quote|''...Lanciatosi all'attacco con la cavalleria, aveva fatto il vuoto nel centro dell'esercito nemico, rimasto troppo scoperto per l'eccessiva apertura a ventaglio delle due ali. Nel bel mezzo di questo disordine subentrarono i fanti all'assalto. Con un solo e unico attacco presero l'accampamento e misero fine alla campagna.....''|[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], [http://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 31]}}
Anche gli eserciti guidati da Tito Veturio e Aulo Verginio ebbero ragione dei propri nemici, e gli eserciti poterono tornare a romana, con la speranza che le promesse fossero mantenute.
=== Dalla secessione della plebe al tribunato ===
Infatti Manio Valerio, che non aveva dimenticato le questioni interne relative ai problemi dei debitori, portò il tema nuovamente all'attenzione del senato, chiedendo un pronunciamento definitivo sulla insolvenza per debiti. Visto che la richiesta non fu approvata, Manio Valerio si dimise da Dittatore e Tito Veturio ed Aulo Verginio rientrarono nella pienezza dei loro poteri consolari fino alla fine dell'anno.
In questo contesto si realizzò la [[Secessio_plebis#Secessione_del_494|secessione dei plebei]], che per protesta si ritirano sul Monte Sacro, tre miglia fuori Roma sulla destra dell'Aniene dove fortificarono un campo.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab urbe condita libri|Ab urbe condita]], II.32''</ref>, secessione che rientrò a seguito dell'intervento di [[Menenio Agrippa]] che rivolse ai fuoriusciti il famoso [[apologo|apologo delle membra e dello stomaco]].
Sul piano pratico venne istituita una carica magistrale a difesa della plebe: il [[Tribuno della plebe]]. Questa carica era interdetta ai patrizi e venne sancito con una legge (la ''[[Lex Sacrata]]'') il carattere di assoluta inviolabilità e sacralità (''sacrosancti'') della carica stessa. Vennero quindi eletti i primi due tribuni della plebe, che furono [[Gaio Licinio Stolone|Gaio Licinio]] e [[Lucio Albino]]. <ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab urbe condita libri|Ab urbe condita]], II.33''</ref>
== Voci correlate ==
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