Il nipote del Negus: differenze tra le versioni

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In quest'opera Camilleri riprende la forma narrativa già usata ne ''[[La concessione del telefono]]'' e ne ''[[La scomparsa di Patò]]''<ref>In un'intervista televisiva nel programma RAI del [[6 marzo]] [[2008]] [http://www.perunpugnodilibri.rai.it/category/0,1067207,1067023-1077480,00.html ''Per un pugno di libri''], dedicato al romanzo ''La concessione del telefono'', lo stesso Camilleri ha ironicamente dichiarato che questa nuova struttura del romanzo egli l'aveva adottata per fare del lettore l'autore del racconto stesso. Egli cioè non avrebbe fatto altro che fornire i documenti, le "cose scritte" e le "cose dette", su cui il lettore poteva con la sua fantasia ricostruire la storia.</ref> costituita da un insieme di documenti, lettere ufficiali, epistole confidenziali, giornali ecc. raffigurati tipograficamente nel libro nel loro aspetto reale.
 
Se i documenti sono frutto della fantasia di Camilleri non lo è invece la fonte della storia narrata che riguarda un personaggio reale: il principe Brhané Sillassié, nipote del [[Negus]] [[Hailé Selassié I]], che negli anni [[1929]]-[[1932]] frequentò la Regia Scuola Mineraria di [[Caltanissetta]] conseguendo il diploma di perito minerario.
 
Camilleri ci dice di aver trovato la storia di questo singolare personaggio, un affascinante giovane nero che parlava perfettamente l'italiano, nel libro ''I signori dello zolfo'' (Caltanissetta, 2001) di Michele Curcuruto.
 
Quando il principe tornò nella patria ormai occupata dagli italiani si trovò, per una serie di circostanze, in gravi difficoltà economiche causate dal suo carattere di giovane dissipatore di cui aveva dato già prova nel suo soggiorno italiano.
Brhané, coinvolto nell'attentato del [[19 febbraio]] [[1937]], a [[Rodolfo Graziani]], fu incarcerato. Giovanni Curcuruto, suo ex compagno di scuola, nonchè ispettore minerario ad [[Addis Abeba]], lo aiutò e cercò di fargli ottenere un lavoro sempre rifiutato con la motivazione che il giovane era un "negro". Quando gli inglesi riconquistarono [[Addis Abeba]] fu proprio Brhané che fece del tutto per evitare la carcerazione del suo amico Giovanni.
 
==Il romanzo==
Quando nell’agosto del [[1929]] il nipote del Negus AiléHailé Selassié, con il consenso e l'appoggio delle autorità fasciste, si iscrive alla Regia Scuola Mineraria di Vigàta, tutto l'apparato burocratico e di governo, fino al [[Duce]] compreso, si attiva freneticamente perché al principe venga riservato il miglior trattamento possibile al fine di dimostrare la generosità di stampo 'romano' del [[fascismo]].
 
Ministero degli Esteri, Prefetto, Questore di Montelusa, federale di Vigàta, e direttore della scuola di fronte ad ogni minimo inconveniente riguardante il giovane principe si danno da fare, intrecciando tra di loro una fitta corrispondenza, rimpallandosi eventuali responsabilità al fine di non perdere la poltrona, per rimediare alle marachelle e soddisfare i desideri del nobile nipote. Il diciannovenne principe conduce infatti un'allegra esistenza tra dissipazioni e amanti, senza badare a spese per le quali le sovvenzioni in denaro del governo [[Etiopia|etiopico]] e di quello italiano sono insufficienti, tanto più che il giovane non esita ad indebitarsi con tutti, persino con il [[bordello]] della città da lui assiduamente frequentato.
 
Il motivo della generosa accoglienza italiana al nobile nipote risiede nel fatto che in quel periodo il governo fascista ha iniziato un contenzioso con l'Etiopia su i confini con la [[Somalia]]. Potrebbe quindi essere utile l'appoggio del giovane presso il Negus: anzi Mussolini in persona ha avuto l'idea di farfargli scrivere una lettera allo zio imperatore unaper lettera esaltanteesaltare le virtù e le conquiste fasciste. Il giovane nipote però non sembra intenzionato a scriverla, provocando in questo modo un terremoto tra le alte sfere che vedono traballare le loro cariche.: Iniziainizia così la farsa della lettera del nipote del Negus.
 
==Note==