Tragedia greca: differenze tra le versioni

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Scrive nella ''Poetica'': "La tragedia è dunque imitazione di una azione nobile e compiuta [...] la quale per mezzo della [[pietà (sentimento)|pietà]] e della [[paura]] finisce con l'effettuare la purificazione di cosiffatte passioni"<ref> Aristotele, ''Poetica'', 49b, 6, 24-28.</ref>.
In parole povere, le azioni che la tragedia rappresenta non sono altro che le azioni più turpi che gli uomini possano compiere: la loro visione fa sì che lo spettatore si immedesimi negli impulsi che le generano, da una parte empatizzando con l'eroe tragico attraverso le sue emozioni (''[[pathos]]''), dall'altra condannandone la malvagità o il vizio attraverso la ''[[hýbris]]'' ({{Polytonic|ὕβρις}} - Lett. "superbia" o "prevaricazione", i.e. l'agire contro le leggi divine, che porta il personaggio a compiere il crimine). La ''[[Nemesi|nemesis]]'' finale rappresenta la "retribuzione" per i misfatti, punizione fa nascere nell'individuo proprio quei sentimenti di pietà e di terrore che permettono all'animo di purificarsi da tali passioni negative che ogni uomo possiede. La catarsi finale, per Aristotele rappresenta la presa di coscienza dello spettatore, che pur comprendendo i personaggi, raggiunge questa finale consapevolezza distaccandosi dalle loro passioni per raggiungere un livello superiore di saggezza. Il vizio o la debolezza del personaggio portano necessariamente alla sua caduta in quanto predestinata (il concatenamento delle azioni sembra in qualche modo essere favorito dagli déi, che non agiscono direttamente, ma come ''[[deus ex machina]]''). La caduta dell'eroe tragico è necessaria, perché da un lato possiamo ammirarne la grandezza (si tratta quasi sempre di persone illustri e potenti) e dall'altra possiamo noi stessi trarre profitto dalla storia. Per citare le parole di un grande grecista, la tragedia «è una simulazione», nel senso utilizzato in campo scientifico, quasi un esperimento da laboratorio:
 
{{quote|La tragedia monta un' esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, ed ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso.|[[Jean-Pierre Vernant]]}} Diversa fu però la posizione anticlassicista, frutto della polemica romantica contro la poetica aristotelica che dovettero trovare priva di sentimento e distante dai tempi moderni: succede allora che l'elemento di pathos sia esaltato talvolta eccessivamente e che il personaggio tragico appaia come vittima di una sorte ingiusta: l'elemento psicologico tende a giustificare il cattivo, malvagio perché solo e incompreso dalla società e ad esaltarne le qualità prometeiche ed eroiche. L'eroe tragico tende da questo punto ad avvicinarsi sempre di più alle classi sociali medio-basse e quindi ad assumere il tono della denuncia politica.
{{quote|La tragedia monta un' esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, ed ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso.|[[Jean-Pierre Vernant]]<ref>Jean-Pierre Vernant. ''Mito e tragedia nell'antica Grecia. La tragedia come fenomeno sociale, estetico e psicologico''. Einaudi, Torino 1976. Vedasi anche l'[http://www.emsf.rai.it/tv_tematica/trasmissioni.asp?d=376 enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche Rai].</ref>}}
 
{{quote|La tragedia monta un' esperienza umana a partire da personaggi noti, ma li installa e li fa sviluppare in modo tale che [...] la catastrofe che si produce, quella subita da un uomo non spregevole né cattivo, apparirà come del tutto probabile o necessaria. In altri termini, lo spettatore che vede tutto ciò prova pietà e terrore, ed ha la sensazione che quanto è accaduto a quell'individuo avrebbe potuto accadere a lui stesso.|[[Jean-Pierre Vernant]]}} Diversa fu però la posizione anticlassicista, frutto della polemica romantica contro la poetica aristotelica che dovettero trovare priva di sentimento e distante dai tempi moderni: succede allora che l'elemento di pathos sia esaltato talvolta eccessivamente e che il personaggio tragico appaia come vittima di una sorte ingiusta: l'elemento psicologico tende a giustificare il cattivo, malvagio perché solo e incompreso dalla società e ad esaltarne le qualità prometeiche ed eroiche. L'eroe tragico tende da questo punto ad avvicinarsi sempre di più alle classi sociali medio-basse e quindi ad assumere il tono della denuncia politica.
 
===Le tre unità===